In un contenzioso transnazionale i criteri di giurisdizione in tema di divorzio, mantenimento e obblighi alimentari sono disciplinati da fonti diverse

Il caso affrontato dalla sentenza n. 23100/2019 della Corte di Cassazione a Sezioni Unite concerne la giurisdizione in tema di divorzio tra due cittadini italiani residenti in Svizzera, l’affidamento e il mantenimento della loro figlia minore.
Il caso è interessante perché dimostra la complessità e frammentazione raggiunta dal diritto internazionale privato, le cui norme sono oggi articolate su un triplice livello di fonti: interno, convenzionale e unionale. Solo per stabilire la giurisdizione, vengono infatti in considerazione sia i regolamenti europei, anche se la Svizzera è uno stato extracomunitario, sia le convenzioni internazionali che vincolano l’Italia e la Svizzera.

Nella fattispecie, il marito e padre si era rivolto al Tribunale di Roma per chiedere il divorzio, l’affidamento congiunto della bambina e la sua collocazione presso di sé.
Anche se il punto non è stato oggetto di discussione, può essere utile chiarire che il Tribunale di Roma era certamente competente a pronunciare il divorzio ai sensi dell’art. 3.1, lett. b), Reg. 2201/2003 (Bruxelles II bis), in quanto giudice del luogo di comune cittadinanza delle parti. Si discuteva invece in merito alla sussistenza della giurisdizione in materia di affidamento e mantenimento della figlia.
Il Tribunale di Roma riteneva sussistente la giurisdizione del giudice italiano per tutte le domande, ma dichiarava la domanda di divorzio improcedibile perché non era ancora trascorso il periodo di due anni dall’inizio della separazione di fatto previsto dall’art. 114 del codice civile svizzero.
L’attore riteneva invece che dovesse trovare applicazione l’art. 292 c.p.c. svizzero, il quale ammette il divorzio quando il coniuge manifesti il suo consenso alla domanda, cosa che, a dire dell’attore, la moglie aveva fatto avviando nel frattempo una causa di divorzio in Svizzera. Il Tribunale però aveva ritenuto che tale disposizione non potesse trovare applicazione in quanto la riteneva una norma processuale; il processo, infatti, non può che essere retto dalla lex fori, essendo l’applicabilità del diritto straniero limitata alle norme sostanziali (art. 12 l. n. 218/1995).
La Corte d’Appello di Roma ha rigettato l’impugnazione dell’attore, confermando che la norma in parola non poteva trovare applicazione, in quanto regolatrice del processo, ed ha accolto invece l’appello incidentale proposto dall’appellata contro il capo della sentenza di primo grado che aveva affermato la giurisdizione in materia di affidamento e di  mantenimento della figlia.
Per giungere a questa conclusione, la Corte d’Appello di Roma ha applicato l’art. 8 del Reg. n. 2201/2003 (Bruxelles II bis) che, in materia di responsabilità genitoriale (in cui è compreso l’affidamento), radica la competenza del giudice dello Stato di residenza del minore, e l’art. 3 del Reg. 4/2009 che, in materia di obbligazioni alimentari, prevede la competenza del giudice del luogo di residenza abituale del convenuto. La Corte d’Appello non ha ritenuto di applicare la disposizione dell’art. 3, lett. c), del Reg. 4/2009 che, per l’ipotesi che la domanda di alimenti sia accessoria ad una domanda sullo status, stabilisce che la competenza per il divorzio attrae anche quella per le obbligazioni alimentari, in quanto, secondo la giurisprudenza, la domanda di mantenimento del minore può considerarsi accessoria solo rispetto alla domanda sulla responsabilità genitoriale, non a quella sul divorzio (a quella lo sarebbe la domanda per l’assegno di divorzio).

Avverso la sentenza d’appello l’originario attore ha interposto ricorso per cassazione, deducendo cinque motivi di impugnazione.

La Cassazione ha accolto i primi tre motivi, relativi alla violazione dell’art. 14 della l. n. 218/1995 sulla applicabilità del diritto straniero e alla conseguente applicabilità dell’art. 292 del c.p.c. svizzero.
Tale soluzione merita di essere condivisa.
L’art. 8, lett. a), del Reg. Roma III sulla legge applicabile al divorzio designa infatti la legge dello Stato di residenza abituale dei coniugi, e l’art. 292 del c.p.c. svizzero, indipendentemente dalla sua collocazione nel codice di procedura civile, deve ritenersi una norma sostanziale - e tale infatti è ritenuta dalla giurisprudenza tedesca e svizzera - in quanto consente di pronunciare il divorzio  anche se non è trascorso il termine biennale dalla separazione di fatto, quando vi è il consenso dell’altro coniuge.
Per verificare la sussistenza di tale requisito, bisogna poi considerare che l’art. 15 della l. n. 218/1995 prevede che il diritto straniero vada applicato tenuto conto delle soluzioni giurisprudenziali applicate nell’ordinamento designato, e la Cassazione ha accertato che la giurisprudenza svizzera ammette che il consenso al divorzio del coniuge convenuto possa essere manifestato anche proponendo una causa autonoma avente lo stesso oggetto, come aveva fatto la moglie in Svizzera.
Giustamente, pertanto, la Cassazione ha ritenuto che il giudice italiano fosse competente a pronunciare il divorzio.

La Cassazione ha invece rigettato gli ultimi due motivi di impugnazione, confermando quindi il difetto di giurisdizione del giudice italiano in materia di affidamento e mantenimento della figlia minore, ma correggendo la motivazione della Corte di Appello che era pervenuta a questa conclusione sulla base dei regolamenti europei.

Con riguardo all’affidamento, la fonte che disciplina in prima battuta la giurisdizione è costituita dal Reg. Bruxelles II bis, lo stesso che viene in considerazione per il divorzio, e che disciplina anche la responsabilità genitoriale, nel cui ambito è compreso l’affidamento.
Il ricorrente aveva sostenuto che il Regolamento disciplinerebbe solo i conflitti di giurisdizione tra gli Stati membri dell’Unione, sicché la giurisdizione doveva essere accertata in base alla legge italiana di diritto internazionale privato e non esclusa in base al Regolamento, come aveva fatto la Corte d’Appello.
Prima di proseguire con il ragionamento, dobbiamo rilevare che nell’idea del ricorrente, che sembra essere stata condivisa anche dalla Cassazione, secondo cui il Regolamento Bruxelles II bis non si applicherebbe a monte quando, come nel caso di specie, una delle parti presenta collegamenti con uno Stato extracomunitario, non è corretta in linea di principio.
A differenza del Reg. Bruxelles I bis, che disciplina la giurisdizione in materia civile e commerciale, il Reg. Bruxelles II bis è formulato in maniera da prevedere la possibilità che il giudice di uno Stato membro si pronunci anche nei confronti di un cittadino extracomunitario non attualmente residente nell’Unione (il principio si ricavava già dalle norme e comunque è stato affermato dalla sent. CGCE 29-XI-2007, C-68/07, Sundelind Lopez).
Tuttavia, il Regolamento stabilisce solo - e non potrebbe fare altrimenti - quando è competente a pronunciarsi il giudice di uno degli Stati che hanno adottato il Regolamento (tutti tranne la Danimarca). A differenza di quanto ritenuto dalla Corte d’Appello, il Regolamento non può certo stabilire quando è competente il giudice di uno Stato terzo.
Nella fattispecie, l’art. 8 del Reg. Bruxelles II bis attribuisce competenza al giudice dello Stato di residenza abituale del minore, che era la Svizzera. Ciò non significa che sia effettivamente competente il giudice svizzero (tale affermazione andrà eventualmente verificata sulla base delle norme di giurisdizione vigenti in quel Paese), ma solo che, con riguardo all’affidamento, il Regolamento non individua la competenza di alcun giudice dell’UE.
Quindi la vera questione non è che il Reg. Bruxelles II bis non si applichi alla fattispecie italo-svizzera, ma che nessun giudice di uno Stato UE era competente in base ad esso.
Fatto sta che il ricorrente, ritenendo che il Regolamento non fosse applicabile, ha creduto invece di poter individuare la giurisdizione in base alla legge italiana, ma senza spiegarne le ragioni.
Più precisamente, ha ritenuto che in materia di responsabilità genitoriale la giurisdizione sussistesse in forza dell’art. 37 della l. n. 218/95, che attribuisce competenza al giudice italiano per il solo fatto che i genitori o il figlio siano cittadini italiani.
L’appellante non ha spiegato (o almeno dalla sentenza della Cassazione non risulta che avesse spiegato) per quale motivo, ritenuto inapplicabile il Regolamento avesse individuato la giurisdizione sulla base della legge italiana.
In realtà, una norma in questo senso esiste, solo che non opera quando il Regolamento Bruxelles II bis non è applicabile, perché in astratto lo è sempre, ma una volta verificato che nessun giudice di uno Stato UE è competente in base al Regolamento. Si tratta, precisamente, della norma sulla competenza residua dell’art. 14 del Reg. Bruxelles II bis secondo la quale, qualora nessun giudice di uno Stato membro sia competente in base al Regolamento, “la competenza, in ciascuno Stato membro, è disciplinata dalla legge di tale Stato”.
Se, dunque, è corretto individuare la giurisdizione in materia di affidamento in base alla legge italiana, bisogna tenere conto che l’art. 37 della l. n. 218/95 nel caso di specie non veniva in considerazione in quanto la giurisdizione in materia di responsabilità genitoriale sui minori (nel cui ambito è ricompreso l’affidamento), oltre che dal Regolamento Bruxelles II bis, è disciplinata dalla Convenzione dell’Aja del 19 ottobre 1996, resa esecutiva (tardivamente) in Italia con la legge 101/2015, di cui è parte anche la Svizzera, che, all’art. 5, sulla base dello stesso criterio utilizzato dal Regolamento europeo, individua la competenza del giudice dello Stato di residenza abituale del minore, quindi nel nostro caso la Svizzera.
Dato che la Convenzione vincola anche la Svizzera, in questo caso il giudice italiano è vincolato a ritenere competente il giudice svizzero.
Né era possibile applicare la regola dell’art. 10, che prevede l’attrazione della competenza in materia di divorzio perché questa presuppone l’accordo dei coniugi sulla competenza, che nella fattispecie non c’era visto che la moglie aveva eccepito il difetto di giurisdizione.
Giustamente, pertanto, la Cassazione ha stabilito che “la competenza giurisdizionale in ordine alla domanda di affidamento della piccola A.V. spetta al Giudice svizzero, quale autorità giurisdizionale del luogo in cui la minore risiede abitualmente. Tale conclusione appare d’altronde conforme al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità in tema di riparto della giurisdizione nelle controversie aventi ad oggetto la responsabilità genitoriale e, più in generale, i provvedimenti in materia di minori, secondo cui, in quanto ispirato all’interesse superiore del minore, e segnatamente al criterio di prossimità, che fa riferimento all’autorità dello Stato con cui il minore ha il più stretto collegamento, il principio secondo cui la giurisdizione spetta al giudice del luogo abituale di residenza del minore riveste una particolare pregnanza”.

Con riferimento, infine, alla terza questione, quella del mantenimento, l’appellante ha sostenuto, e la Cassazione ha confermato, che il Reg. n. 4/2009 non trovasse applicazione in quanto disciplinerebbe unicamente i conflitti di giurisdizione tra Stati membri.
Tale conclusione non è corretta per le stesse ragioni analizzate trattando del Reg. Bruxelles II bis in materia di responsabilità genitoriale. In astratto, il Regolamento è applicabile anche se la vicenda riguarda persone collegate con uno Stato extracomunitario.
Partendo dal suo presupposto che il Regolamento non sarebbe applicabile, il ricorrente ha ritenuto di individuare la giurisdizione per il mantenimento della figlia minore in forza di criteri tratti dagli articoli 3 e 37 della l. n. 218/1995, sui quali non vale la pena soffermarsi, dato che le obbligazioni alimentari sono in realtà disciplinate da una norma diversa, e precisamente dall’art. 45 della l. n. 218/95, che rinvia esclusivamente al Regolamento 4/2009.
E, sebbene, in astratto il Regolamento n. 4/2009 sia applicabile anche ad un contenzioso che coinvolge parti collegate ad uno Stato extracomunitario, nella fattispecie non lo era perché, in base all’art.  69, I comma, “il Regolamento non pregiudica l’applicazione delle convenzioni e degli accordi bilaterali o multilaterali di cui uno o più Stati membri sono parte al momento dell’adozione del presente regolamento e che riguardano materie disciplinate dal presente Regolamento”, e la giurisdizione in materia di obbligazioni alimentari è regolata dalla Convenzione di Lugano II del 30-X-2007.
Orbene, la Convenzione di Lugano II, all’art. 5.2, lett. c), prevede l’attrazione della competenza del giudice competente in materia di responsabilità genitoriale quando la domanda di alimenti è accessoria all’azione relativa alla responsabilità genitoriale e la competenza in ordine a questa azione non è fondata unicamente sulla cittadinanza delle parti.
La Corte d’Appello aveva quindi ragione a ritenere il difetto di giurisdizione del giudice italiano, ma ha errato non solo quando ha ritenuto che il Reg. 4/2009 possa individuare la competenza di uno Stato terzo, nella fattispecie la Svizzera, ma anche per avere ritenuto applicabile detto strumento, che invece in questo caso era, per così, dire, disattivato, dalla Convenzione dell’Aja.
Giustamente, pertanto, nonostante l’errore di principio che si coglie nella motivazione, la Cassazione ha concluso che “alla competenza dell’Autorità giurisdizionale svizzera a pronunciarsi in ordine alle domande di affidamento di A.V. e di disciplina del diritto di visita spettante al padre in conseguenza dello scioglimento del matrimonio tra i genitori si ricollega anche quella a decidere sul contributo dovuto dal L. per il mantenimento della figlia: peraltro, diversamente da quanto ritenuto nella sentenza impugnata, il fondamento di tale competenza non è ravvisabile nell’art. 3, lett. d) Regolamento CE n. 4/2009, non applicabile nei rapporti con la Svizzera in quanto estranea all’Unione Europea, ma nell’analoga disposizione dettata dall’art. 5, par. 2, lett. c), della Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, fatta a Lugano il 30 ottobre 2007 ed entrata in vigore il 1 ottobre 2010 (c.d. Lugano II), che in materia di obbligazioni alimentari consente di convenire la persona domiciliata nel territorio di uno Stato vincolato dalla Convenzione in un altro Stato, qualora si tratti di una domanda accessoria ad un’azione relativa alla responsabilità genitoriale, davanti al giudice competente a conoscere quest’ultima secondo la legge nazionale”.

 

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