I criteri per la liquidazione del compenso al curatore speciale del minore

04 DICEMBRE 2023 | Persone e processo

di Avv. Massimo Osler

A seguito dell’entrata in vigore della Riforma Cartabia, che ha introdotto il nuovo rito unificato in materia di persone, minorenni e famiglie, sono aumentati i casi in cui il giudice ha l’obbligo o la possibilità di nominare d’ufficio un curatore speciale del minore (cfr. artt. 78, 473-bis.2, 473-bis.7 e 473-bis.8 cpc).

A ciò si deve aggiungere la precisazione che, all’introduzione di nuove ipotesi di nomina, si accompagna altresì una nuova configurazione dell’istituto del curatore, a cui sono stati attribuiti molteplici compiti specifici, oltre all’ascolto del minore, rendendo quindi particolarmente complessa e qualificata la sua funzione.

Se da un lato, quindi, la Riforma Cartabia ha ampliato le ipotesi di nomina del curatore e la possibilità di attribuirgli anche “specifici poteri di rappresentanza sostanziale” (cfr. art. 473-bis.8 cpc), dall’altro, non ha espressamente disciplinato né i criteri per la liquidazione del suo compenso né ha individuato i soggetti obbligati a corrisponderlo.

Sussiste quindi, allo stato, un vuoto legislativo, da colmare con lo strumento dell’interpretazione giurisprudenziale, fondata sull’applicazione dei principi generali dell’ordinamento.

Un’interessante ipotesi interpretativa è offerta dal Tribunale di Pisa, con decreto del 10.10.2023, il quale, nel provvedere in ordine alla liquidazione del compenso richiesto dal curatore speciale di un minore, affronta la questione dei criteri da utilizzare e dei soggetti obbligati al pagamento, definendolo un ausiliario del giudice e stabilendo poi che il compenso così liquidato debba essere posto a carico dei genitori del minore, seguendo la regola della soccombenza.

Secondo il Tribunale di Pisa, infatti, il curatore del minore non può essere inquadrato - come hanno fatto alcuni giudici – nella figura del mandatario, posto che l’incarico non viene attribuito al medesimo dall’interessato, bensì direttamente dal giudice. Inoltre, la curatela del minore nel processo di famiglia ha ad oggetto non solo atti giuridici, bensì “una variegata attività anche fattuale (come ad esempio i colloqui con i genitori, l’ascolto del minore…) non riconducibile quindi ad atti giuridici in senso tecnico”

Lo scopo della nuova normativa è stato, infatti, quello di ampliare la portata di tale istituto “che è destinato ad essere oggetto di sempre più frequenti applicazioni” e che viene svolto, nella gran maggioranza dei casi, da “avvocati specializzati nel diritto di famiglia, quindi professionisti che fanno applicazione anche e soprattutto del proprio bagaglio di conoscenze tecnico-professionali”, tanto che nelle prassi di molti uffici giudiziari costituisce titolo preferenziale per la nomina l’aver svolto specifici corsi di formazione e l’essere iscritti in appositi elenchi, tenuti dai rispettivi Consigli dell’Ordine.

A tacere della responsabilità e degli oneri gravanti sul curatore, in quanto si sta consolidando una prassi per cui quasi sempre gli viene richiesto non solo di ascoltare il minore, ma anche di accertarsi del suo stato psicofisico (anche richiedendo informazioni ai Servizi Sociali affidatari, alla scuola e ai medici di base), reperendo ogni altra utile informazione, compreso lo stato di eventuali procedimenti pendenti tra le parti avanti il Tribunale per i Minorenni ed eventuali provvedimenti decisori medio tempore intervenuti.

Posto, dunque, che l’incarico può essere svolto solo da soggetti qualificati e adeguatamente competenti e che la sua complessità richiede un’adeguata e continua formazione, è evidente che tale funzione non può avere carattere gratuito. Invero, il carattere gratuito e/o volontario dell’attività latu sensu professionale è regolato dal principio di eccezionalità e, pertanto, non trova applicazione se non nelle ipotesi tassativamente previste dalla legge, posto che “quando il legislatore ha voluto stabilire la gratuità di un incarico lo ha fatto espressamente” (ad esempio, nel caso del tutore dell’incapace o dell’amministratore di sostegno).

Nel caso di specie, quindi, in assenza di una norma che preveda la gratuità dell’ufficio del curatore, appare necessario riconoscerne la sua “essenziale onerosità” e procedere in via interpretativa per individuare i criteri da utilizzare per liquidare il compenso del curatore.

Seguendo tale via, il Tribunale di Pisa, nell’auspicare un opportuno intervento legislativo, ritiene “conforme ad una interpretazione costituzionalmente orientata” l’inquadramento della figura del curatore speciale del minore nell’alveo del più ampio istituto degli “altri ausiliari del giudice” ex art. 68 cpc.

Invero, ai sensi dell’art. 3, lett. n., Dpr 115/2002 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia), è ausiliario del giudice anche “qualunque altro soggetto (…) comunque idoneo al compimento di atti, che il magistrato o il funzionario addetto all’ufficio può nominare a norma di legge”

Da tale inquadramento, che identifica l’istituto del curatore speciale del minore come un ausiliario del giudice, il Tribunale di Pisa fa discendere i criteri di quantificazione e liquidazione del suo compenso, applicando gli artt. 52 e 53 delle disposizioni di attuazione del cpc e dagli artt. 49 e 51 del Dpr n. 115/2022 dettati, per l’appunto, per gli ausiliari del giudice.

Nello specifico, quindi, in applicazione dell’art. 52 delle disposizioni di attuazione del cpc, il compenso del curatore dovrà essere liquidato “tenuto conto dell'attività svolta”, in ragione dei criteri e dei parametri indicati agli artt. 49 e 51 del citato Dpr n. 115/2002, secondo cui, tra l’altro, il giudice deve considerare le difficoltà, la completezza e il pregio della prestazione fornita.

Quanto al soggetto tenuto al pagamento è stato ipotizzato che esso debba essere il minore stesso, il quale, ove sia privo di redditi, potrà beneficiare dell’ammissione al patrocinio a spese dello stato.

È noto però che per la determinazione dei limiti di reddito ai fini della concessione del beneficio si devono considerare non solo i redditi del richiedente, ma anche quelli degli altri membri del nucleo familiare convivente, ad eccezione del caso in cui gli interessi del richiedente (minore) siano in conflitto con quelli degli altri conviventi, nel qual caso occorre tener conto dei soli redditi del minore, in applicazione dell’art. 76, comma 4, del Dpr n. 115/2002.

Sulla base di tale precisazione, il Tribunale di Pisa, nel decreto in commento, osserva che il conflitto di interessi a cui fa riferimento il predetto art. 76, che consente al minore di accedere al beneficio del gratuito patrocinio senza considerare i redditi dei familiari conviventi, è solo quello in “senso tecnico”: ma i casi di conflitto che determinano la nomina di un curatore non si possono sempre considerare tali.

Invero, Il Tribunale di Pisa sottolinea che quando il curatore viene nominato dal tribunale ordinario nella maggioranza dei casi “i genitori si trovano ancora nella piena titolarità della responsabilità genitoriale e quindi, come tali, sono direttamente obbligati col proprio patrimonio a far fronte agli obblighi civili della prole minorenne”, a differenza di quanto può avvenire nei procedimenti avanti al tribunale per i minorenni.

Si tratta, dunque, di un conflitto di fatto che non si traduce in un conflitto di interesse in senso tecnico, in quanto “il genitore ha l’obbligo di perseguire l’interesse vero e ultimo del figlio minore (e quindi anche eventualmente ove diverso da quello che egli/ella ritenga tale) e, se per individuare quale sia tale vero interesse e per tutelarlo a pieno anche nei confronti del genitore, il tribunale ha nominato un curatore ed è necessario sostenerne le spese, il genitore ha l’obbligo di far fronte a tale spesa per la fondamentale ragione che si tratta comunque di spesa stabilita dal giudice e necessaria nel superiore interesse del figlio minore”.

Inoltre, la decisione di far gravare sull’Erario e, quindi, sulla collettività il compenso del curatore speciale del minore sarebbe, secondo il Giudice del Tribunale di Pisa, finanche “contrario a giustizia (e dunque probabilmente contrario alle norme costituzionali)”, soprattutto a fronte dell’ampia portata acquisita da tale istituto a seguito dell’entrata in vigore della Riforma Cartabia, posto che i cospicui oneri spesso derivanti da tale attività trovano la loro origine nelle violazioni da parte dei genitori o di uno di essi ai propri basilari doveri nei confronti dei propri figli minori.

Di conseguenza, ove trovasse applicazione anche in tali ipotesi l’istituto dell’ammissione al patrocinio a spese dello stato, si giungerebbe ad un esito iniquo, rappresentato dalla possibilità di sollevare ingiustificatamente i genitori, magari pur in presenza di una situazione finanziaria florida, dalle conseguenze patrimoniali delle proprie condotte illecite e inadempienti ai propri doveri genitoriali.

Per tali ragioni, nel decreto impugnato, è stata applicata la regola della soccombenza, mediante la quale è stato condannato a corrispondere il compenso per il curatore speciale il genitore che “con il proprio comportamento illecito (perché inadempiente ai doveri di genitore, come ad es. al dovere di garantire la bigenitorialità al proprio figlio), ha dato causa alla necessità della nomina”.

In applicazione della medesima regola, è chiaro altresì che le spese per il curatore speciale potranno essere poste anche “a carico di entrambe le parti in solido tra loro, per la quota di metà ciascuna in considerazione del principio di causalità (Sentenza della Cassazione n.9941/2022 e Cass 31889/2019)” (cfr. Decreto del Tribunale di Padova del 18.07.2023).

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