La riforma Cartabia e la violenza domestica e di genere nel processo penale.

di avv. Anna Silvia Zanini

La L. 27/09/2021 n. 134, che prende il nome dal Ministro della Giustizia che l’ha presentata e ne ha fortemente sostenuto l’approvazione, si inserisce e approfondisce il corpus normativo nazionale volto ad una sempre più efficace tutela delle vittime di violenza domestica e di genere iniziata con l’entrata in vigore del cd “Codice Rosso” (L. 69/2019).

Tale ultimo intervento normativo ha introdotto importanti modifiche al diritto sostanziale, processuale e ad altre disposizioni normative, intervenendo su un catalogo di reati in materia di violenza domestica e di genere, con il fine di garantire la tempestiva adozione di misure di protezione, l’incremento degli obblighi informativi e di comunicazione in favore delle vittime, l’introduzione di misure atte a contenere il pericolo di recidiva da parte dell’autore del fatto; inserendo altresì nuove figure di reato, nuove circostanze aggravanti e, in genere, inasprendo il trattamento sanzionatorio di reati già esistenti.

La riforma Cartabia si articola in due sensi: quello in divenire (art. 1), che prevede principi e criteri direttivi cui dovrà attenersi il Governo nell’approvazione di decreti legislativi in materia penale entro il prossimo 19/10/2022; quello di immediata attuazione (art. 2), entrato in vigore il 19/10/2021.

I primi commi dell’art. 2 (da 1 a 10) si occupano di istituti normativi che si applicano a tutte le fattispecie di reato, quindi hanno carattere ed efficacia di tipo generale. Vanno ricordati sicuramente il nuovo regime di prescrizione, che vede l’introduzione di una causa di improcedibilità per superamento del tempo massimo di impugnazione; e la nuova disciplina di identificazione degli indagati apolidi, ovvero cittadini di Stati non appartenenti all’Unione Europea o di quelli di uno Stato UE privi di codice fiscale, o che sono, o sono stati, titolari anche di cittadinanza di Stato non appartenente all’Unione Europea.

I commi da 11 a13 dell’art. 2, di immediata operatività, estendono la portata applicativa delle norme introdotte con la legge n. 69/2019 alle vittime di tentato omicidio e alle vittime di delitti, sempre in forma tentata, di violenza domestica e di genere già contemplati dal Codice Rosso, ovverosia reati previsti e puniti dagli articoli 575 (omicidio), 572 (maltrattamenti), 609 bis, 609 ter, 609 quater, 609 quinquies, 609 octies (violenza sessuale semplice, aggravata, di gruppo) e 612 bis (atti persecutori) del codice penale, ovvero dagli articoli 582 (lesioni) e 583 quinquies (deformazione dell’aspetto della persona con lesioni permanenti al viso) del codice penale nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma.

Più in dettaglio, il comma 11 dell’art. 2 della riforma prescrive l'applicazione alle suindicate fattispecie di reato (tentato omicidio e delitti già previsti dal Codice Rosso, ove realizzati in forma tentata) delle seguenti previsioni:

  • L’art. 90-ter, comma 1-bis c.p.p., che riguarda le comunicazioni relative ai provvedimenti di scarcerazione e di cessazione della misura di sicurezza detentiva, nonché dell'evasione dell'imputato effettuate alla persona offesa e al suo difensore, ove nominato (comma 11 lett. a); la comunicazione dell’evasione e della scarcerazione dell'imputato o del condannato deve effettuarsi sempre alla persona offesa, anche qualora non ne abbia fatto espressa richiesta, e al suo difensore, se nominato;
  • L’art. 659, comma 2-bis c.p.p. per cui, quando a seguito di un provvedimento del Giudice di Sorveglianza deve essere disposta la scarcerazione del condannato, il Pubblico Ministero che cura l'esecuzione ne dà immediata comunicazione, a mezzo della Polizia Giudiziaria, alla persona offesa e, ove nominato, al suo difensore (comma 11, lett. d);

Tali disposizioni impongono oneri informativi in relazione allo stato di libertà e quindi alla libertà di movimento del denunciato a tutela dell'incolumità fisica della vittima.

  • L'art. 362 c. 1-ter c.p.p., che onera il Pubblico Ministero ad attivarsi entro tre giorni dall'iscrizione della notizia di reato nel registro di cui all'art. 335 c.p.p., al fine di assumere informazioni dalla persona offesa e da chi abbia presentato denuncia, querela o istanza salvo che sussistano imprescindibili esigenze di tutela di minori di anni diciotto o della riservatezza delle indagini, anche nell'interesse della persona offesa (comma 11, lett. b).
  • l'art. 370 c. 2-bis c.p.p., che onera la Polizia Giudiziaria a procedere senza ritardo nel compimento di atti di indagine delegati dal Pubblico Ministero e a trasmettere, sempre senza ritardo, allo stesso la documentazione dell'attività espletata (comma 11, lett. c);

Con le predette disposizioni il legislatore mira a garantire una celere progressione del procedimento penale attraverso un'accelerazione delle attività di indagine e, di conseguenza, ove necessario, l’assunzione da parte del Pubblico Ministero, delle determinazioni a protezione delle vittime.

Il comma 12 dell’art. 2 estende, altresì, alle fattispecie di tentato omicidio e ai delitti di violenza domestica e di genere in forma tentata la disposizione di cui all’art. art. 64-bis disp. att. c.p.p., il quale prevede che determinati provvedimenti penali siano trasmessi, senza ritardo, in copia, al Giudice Civile ai fini della decisione dei procedimenti di separazione personale dei coniugi o delle cause relative ai figli minori di età o all'esercizio della potestà genitoriale. I provvedimenti penali che devono essere tempestivamente trasmessi in copia al Giudice Civile sono le ordinanze che applicano misure cautelari personali o ne dispongono la sostituzione o la revoca, l'avviso di conclusione delle indagini preliminari, il provvedimento con il quale è disposta l'archiviazione e la sentenza emessa nei confronti di una delle parti.

Il comma 13 dell’art. 2 estende anche alle fattispecie di tentato omicidio e ai delitti di violenza domestica e di genere in forma tentata la disposizione di cui all'art. 165, quinto comma, c.p., che subordina la sospensione condizionale della pena alla partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati. Il Giudice stabilisce in sentenza il termine entro il quale gli obblighi devono essere adempiuti.

La Riforma Cartabia ha altresì introdotto, al comma 15, la previsione dell’arresto obbligatorio per il reato di violazione dei provvedimenti di allontanamento della casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa previsto e punito dall’art. 387-bis c.p.

Si deve sottolineare, sotto tale ultimo aspetto, un difetto di coordinamento con la disciplina prevista per le misure cautelari personali.

Il fatto che l’art. 387 bis c.p. (fattispecie di nuovo conio da parte del legislatore del Codice Rosso) sia punito con pena non superiore ai 3 anni di reclusione impedisce, al Giudice della convalida dell’arresto, di poter applicare una misura coercitiva, custodiale o meno (l’art. 280 c.p.p. consente l’applicazione di misure coercitive solo per i reati con pena superiore nel massimo a 3 anni), costringendolo a rimettere in libertà l’arrestato.

Sarebbe stato più opportuno o innalzare il limite edittale massimo del delitto de quo, ovvero inserire nell’art. 280 c.p.p. una deroga espressa, al pari di quella già contemplata dalla norma per i reati ad arresto facoltativo in flagranza.

In attesa di un intervento correttivo va peraltro segnalato che l’art. 387 bis c.p. si consuma con l’inosservanza delle prescrizioni di una misura cautelare che consente in ogni caso – ad un Giudice diverso da quello della convalida dell’arresto – un aggravio della misura stessa anche nel senso dell’applicazione della custodia cautelare in carcere, a prescindere dai limiti di pena dell’art. 280 c.p.p. (il comma 3 dell’art. 280 c.p.p., infatti, dispone che in caso di trasgressione alle prescrizioni inerenti una misura cautelare non si osservano i precedenti limiti di pena).

A parte tale criticità, ed in attesa di conoscere come principi e criteri dell’art. 1 della Riforma trovino attuazione nei provvedimenti delegati al Governo, è di sicura pregnanza l’attenzione che il legislatore italiano continua a mostrare al fenomeno della violenza di genere, in questo caso attraverso una riforma che completa il quadro normativo introdotto con la L. 69/2019.

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