La delega al Governo in materia di disabilità (l. n. 227/2021)

di avv. Barbara Carnio

Era atteso da tempo un intervento di ridefinizione complessiva e sistematica della normativa nazionale in materia di disabilità, sia per l’esigenza non ulteriormente rinviabile di adeguarne le disposizioni alle fonti sovranazionali, sia per il progressivo ampliarsi della quota di cittadini ormai interessata da una condizione di fragilità.

Secondo le rilevazioni Istat, nel 2019 in Italia erano presenti 3 milioni e 150 mila persone con disabilità (il 5,2% della popolazione). I più colpiti sono gli anziani: quasi un milione e mezzo di ultrasettantacinquenni (il 22% della popolazione), di cui 1 milione sono donne.

Quanto i giovani (dai 15 anni in su) il 2% ha gravi limitazioni alla vista, il 4,1% all’udito e il 7,2% nella deambulazione.

La maggiore difficoltà sociale denunciata è legata alle difficoltà di spostamento in autonomia: solo il 14,4% riesce ad utilizzare mezzi pubblici urbani (contro il 25,5% del resto della popolazione).

Per le donne (e il dato è drammatico) la condizione di disabilità aumenta anche il rischio di subire violenza fisica o sessuale: la percentuale di donne che nell’arco della vita subisce violenza è nel nostro Paese del 31,5%, ma questo dato sale al 36% tra chi dichiara di essere in minorate condizioni di salute ed al 36,6% tra chi presenta delle limitazioni gravi.

Le stime disponibili attestano che il benessere economico delle famiglie in cui sono presenti persone con disabilità è più basso rispetto alla media. E questo indica come il welfare ed i trasferimenti sociali finalizzati a compensare le minori capacità reddituali delle persone fragili, (pur rivestendo un’importanza fondamentale) non sono spesso sufficienti a garantire a condizioni di vita analoghe al resto della popolazione (principalmente per i costi aggiuntivi di natura medico-sanitaria indotti dalla condizione di fragilità).

Le barriere sociali si presentano precocemente nella vita dei fragili: se è stato favorita nel tempo la partecipazione scolastica anche mediante l’incremento degli insegnati di sostegno, spesso (nel  37% dei casi) si tratta di personale senza formazione specifica, necessaria per un’efficace presa in carico di alunni con disabilità.

Senza contare le barriere fisiche: solo una scuola su tre è accessibile (la barriera più diffusa è la mancanza di un ascensore adatto), e appena il 2% delle scuole dispone di ausili senso-percettivi che consentono agli studenti con disabilità sensoriali di orientarsi all’interno del plesso (e solo il 18% degli istituti scolastici dispone di almeno un ausilio). Carenti sono anche gli strumenti tecnologici, in particolare le impostazioni informatiche ed i relativi ausili, per facilitare l’interazione fra gli alunni fragili ed i compagni di classe.

Tra il 2020 e il 2021, nel periodo pandemico, la partecipazione scolastica degli alunni con disabilità ha subito una forte contrazione: oltre il 23% di loro (circa 70 mila studenti) non ha preso parte alle lezioni di didattica a distanza (contro l’8% del resto degli studenti).

In questo contesto e in attuazione di una delle riforme previste dalla Missione 5 “Inclusione e Coesione” Componente 2 “Infrastrutture sociali, famiglie, comunità e Terzo settore” del PNRR, è stata adottata la Legge n. 227 del 21 dicembre 2021 (pubblicata in Gazzetta Ufficiale il successivo 30 dicembre 2021) con cui il Governo è stato delegato ad adottare, entro venti mesi dalla data di entrata in vigore della legge delega, “uno o più decreti legislativi per il riordino delle disposizioni vigenti in materia di disabilità”. Entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore di tali decreti legislativi il Governo potrà adottarne altri con disposizioni integrative e correttive.

L’obiettivo principale della c.d. “Legge quadro sulla disabilità” è quello di promuovere la deistituzionalizzazione e l’autonomia delle persone con disabilità, realizzando per ognuno un progetto di vita personalizzato e partecipato che gli consenta di essere protagonista della propria vita e di realizzare una sua effettiva inclusione nella società.

Per realizzare questo obiettivo risulta indispensabile rafforzare l’offerta e semplificare l’accesso  ai servizi sociali e socio-sanitari, sburocratizzare le procedure, riformare le modalità di accertamento della condizione di disabilità, promuovere il lavoro di gruppi di esperti in grado di sostenere e accompagnare nel tempo le persone fragili soprattutto quando siano portatrici di esigenze multidimensionali.

La legge delega, all’art. 1, richiama anzitutto il Governo al rispetto degli articoli 2, 3, 31 e 38 della Costituzione, delle disposizioni della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità e del relativo Protocollo opzionale, della Strategia per i diritti delle persone con disabilità 2021-2030 di cui alla comunicazione della Commissione europea del 3 marzo 2021, e della risoluzione del Parlamento Europeo del 07 ottobre 2021 sulla protezione delle persone con disabilità.

Il diretto ed espresso riferimento alle fonti sovranazionali ed ai principi dalle stesse sanciti è di particolare rilevanza giuridica: la protezione dei fragili è un obiettivo essenziale ma non sufficiente. La nostra società deve includere. E inclusione è uguaglianza di possibilità ed opportunità in tutti gli aspetti della vita, in condizioni di parità con qualsiasi altro cittadino.

La Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (adottata, unitamente al Protocollo opzionale, il 13 dicembre 2016) è il primo strumento giuridicamente vincolante che segna una vera svolta nell’approccio verso le persone con disabilità, non più “oggetti” di cura e protezione sociale, ma “soggetti” attivi della società, capaci di rivendicare i propri diritti, di prendere decisioni per la propria vita basate sulla diretta partecipazione e sul loro libero consenso.

Per la Convenzione tutte le persone (quale che sia la loro disabilità) devono poter godere dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Per questo stabilisce con fermezza gli obblighi a carico delle Parti firmatarie per promuovere, tutelare ed assicurare i diritti delle persone fragili, vietando qualsiasi discriminazione ed enumerando le molte misure da adottare per creare un ambiente nel quale possano godere di effettiva uguaglianza sociale.

Il fine espressamente dichiarato dal comma 1 dell’art. 1 della legge delega, è quello di “garantire alla persona con disabilità di ottenere il riconoscimento della propria condizione, anche attraverso una valutazione della stessa congruente, trasparente ed agevole, che consenta il pieno esercizio dei suoi diritti civili e sociali, compresi il diritto alla vita indipendente e alla piena inclusione sociale e lavorativa, nonché l'effettivo e pieno accesso al sistema dei servizi, delle prestazioni, dei trasferimenti finanziari previsti e di ogni altra relativa agevolazione, e di  promuovere l'autonomia della persona con disabilità e il suo vivere su base di pari opportunità con gli altri, nel rispetto dei principi di autodeterminazione e di non discriminazione”.

Per perseguire questo fine il Governo dovrà provvedere al coordinamento (formale e sostanziale) delle disposizioni legislative vigenti (recependo e attuando la normativa europea ed internazionale), apportando le “opportune modifiche volte a garantire e migliorare la coerenza giuridica, logica e semantica della normativa di settore, ad adeguare, aggiornare e semplificare il linguaggio normativo e a individuare le disposizioni da abrogare”, sempre attenendosi ai principi ed ai criteri direttivi individuati dall’art. 2 della legge delega.

In particolare:

  • dovrà essere adottata una definizione di “disabilità coerente con l’art. 1, Convenzione ONU per il quale “per persone con disabilità si intendono coloro che presentano durature menomazioni fisiche, mentali, intellettive o sensoriali, (menomazioni) che, in interazione con barriere di diversa natura, possono ostacolare la loro piena ed effettiva partecipazione nella società sulla base di uguaglianza con gli altri”.
  • la descrizione della disabilità dovrà basarsi sulla “Classifica internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute” (approvata dall’O.M.S. il 22 maggio 2001) e sulla “Classificazione internazionale delle malattie, incidenti e cause di morte” (approvata dalla 43esima Assemblea mondiale della sanità nel maggio 1990 ed entrata in vigore negli Stati membri O.M.S. nel 1994).

La “Classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute” è uno strumento internazionale ed unitario di classificazione, che analizza e descrive la condizione di disabilità come esperienza umana che tutti possono sperimentare nel corso della vita, tenendo conto del rapporto tra salute e ambiti esistenziali (sociale, familiare, lavorativo) in cui la persona fragile vive, al fine di individuare le difficoltà causate dal contesto socio-culturale di riferimento. La valutazione e l’accertamento della disabilità devono porre al centro la persona, facendo una sintesi efficace e costruttiva delle informazioni raccolte dagli operatori dei diversi servizi, ma anche dall’interessato e dalla sua famiglia, nella prospettiva di costruire un progetto di vita davvero personale e “su misura”, completo e reale.

La “Classificazione internazionale delle malattie, incidenti e cause di morte” è, invece, uno standard internazionale di classificazione delle malattie e delle problematiche correlate, che viene aggiornato periodicamente.

L’importanza di questi documenti internazionali sta nell’aver individuato un linguaggio comune, da cui è derivata la possibilità di un confronto di situazioni ed esperienze, e quindi anche di condivisione di obiettivi e progetti.

Anche la definizione di “profilo di funzionamento” dovrà essere coerente con queste classificazioni e con la Convenzione ONU. Il “profilo di funzionamento” rileva in particolare per l’accertamento della condizione di disabilità di persone in età evolutiva.

È quindi un documento fondamentale anche per il sostegno e l’inclusione degli alunni fragili (viene redatto successivamente all’accertamento della condizione di disabilità secondo i criteri della “Classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute”) e dalla cui redazione dipende la predisposizione del Piano Educativo Personalizzato PEI). Alla redazione del “profilo di funzionamento” partecipano anche i genitori dell’alunno ed un rappresentante dell’amministrazione scolastica. È obbligatorio il suo aggiornamento al passaggio di ogni grado di istruzione (a partire dalla scuola dell’infanzia), ma può essere aggiornato in caso di modifica delle condizioni di funzionamento della persona disabile.

Nella L. n. 104/1992 (“legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”) dovrà introdursi una definizione di “accomodamento ragionevole” prevedendo adeguati strumenti di tutela e tendo conto che, per la Convenzione delle Nazioni Unite, con tale termine si intendono gli adattamenti necessari ed appropriati che non impongono un onere sproporzionato o eccessivo, e che vengono adottati, in casi particolari, per garantire alle persone con disabilità l’esercizio di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali su base di uguaglianza con il resto della popolazione.

 

  • Per quanto riguarda l’accertamento della disabilità dovrà essere previsto un processo valutativo complesso che distingua la “valutazione di base” dalla “valutazione multidimensionale”.

Già il D.P.R. 12 ottobre 2017 (“Adozione del secondo programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità”) aveva suggerito l’utilizzo di una prima valutazione c.d. “di base” per tutti i cittadini fragili (minorazioni civili, stato di disabilità, disabilità ai sensi della l. n. 68/1999), ed una seconda fase di c.d. “valutazione multidimensionale” utile a delineare e coordinare gli interventi necessari a favore della persona con disabilità all’interno di un specifico progetto personale di vita, elaborato anzitutto con la partecipazione dell’interessato (e di chi lo rappresenta).

Per la legge delega, la “valutazione di base” dovrà accertare la condizione di disabilità e le necessità di sostegno, di sostegno intensivo e/o di restrizione alla partecipazione della persona, razionalizzando ed unificando in un’unica procedura tutti i processi valutativi di base attualmente esistenti afferenti all’invalidità civile, alla cecità ed alla sordità civile, alla sordocecità; all’individuazione degli alunni con disabilità, all’accertamento della disabilità ai fini dell’inclusione lavorativa; alla concessione di assistenza protesica, sanitaria e riabilitativa; alle valutazioni utili alla definizione del concetto di non autosufficienza e a quelle relative al possesso dei requisiti necessari per l’accesso ad agevolazioni fiscali, tributarie e relative alla mobilità, nonché di ogni altro accertamento dell’invalidità previsto dalla normativa vigente confermando e garantendo, però, la specifica autonoma rilevanza di ciascuna forma di disabilità.

Ciò al fine di “semplificare gli aspetti procedurali ed organizzativi in modo da assicurare tempestività, efficienza, trasparenza e tutela della persona con disabilità”.

In sostanza, come si deduce dalla lettura dalle linee di azione del PNRR, la semplificazione procedurale dovrà portare alla creazione di “Punti Unici di Accesso”, che da un lato dovrebbero appunto semplificare al cittadino l’accesso agli strumenti di cura, presa in carico ed assistenza socio sanitaria, e dall’altro dovrebbero consentire - mediante un approccio unitario sia metodologico che strutturale - una valutazione multidimensionale unitaria e una progettazione integrata degli interventi su tutti gli aspetti di vita.

L’unitarietà è perseguita dalla legge delega anche mediante la previsione dell’attribuzione della competenza esclusiva medico-legale sulle procedure valutative ad un unico soggetto pubblico: l’obiettivo è una valutazione omogenea su tutto il territorio nazionale e la realizzazione di una semplificazione e razionalizzazione degli aspetti procedurali ed organizzativi del processo valutativo di base, anche a fini deflattivi del contezioso giudiziario.

Dovrà poi essere previsto un efficace sistema di controlli sull’effettiva sussistenza e permanenza dello stato invalidante, e un monitoraggio dell’adeguatezza delle prestazioni rese.

 

  • Con riguardo alla “valutazione multidimensionale” della condizione di disabilità ed alla realizzazione del “progetto di vita individuale, personalizzato e partecipato” dovranno, anzitutto, essere previste modalità di coordinamento tra le amministrazioni competenti già nella fase di programmazione: questo coordinamento programmatico in ambito sociale e sanitario dovrà avvenire a livello nazionale e regionale.

Dovrà essere istituita una unica “Unità di valutazione multidimensionale”, la cui composizione deve assicurare l’integrazione degli interventi di presa in carico, di valutazione e di progettazione da parti delle varie amministrazioni competenti in ambito sociosanitario e socio-assistenziale.

La valutazione multidisciplinare dovrà tener conto delle indicazioni della “Classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute” e della “Classificazione internazionale delle malattie, incidenti e cause di morte” e definire il profilo di funzionamento della persona (necessario alla predisposizione del suo progetto di vita) ed il monitoraggio dei suoi effetti e della sua adeguatezza nel tempo.

Già la l. n. 328/2000 (“legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”) all’art. 14 aveva precisato che il progetto individuale comprende “oltre alla valutazione diagnostico-funzionale, le prestazioni di cura e di riabilitazione a carico del Servizio sanitario nazionale, i servizi alla persona a cui provvede il comune in forma diretta o accreditata, con particolare riferimento al recupero e all’integrazione sociale, nonché le misure economiche necessarie per il superamento di condizioni di povertà, emarginazione ed esclusione sociale” con l’aggiunta che “nel progetto individuale sono definiti le potenzialità e gli eventuali sostegni per il nucleo familiare”.

All’elaborazione del progetto di vita personalizzato deve partecipare la persona con disabilità (e/o chi la rappresenta): il progetto deve garantire l’effettivo godimento dei diritti e delle libertà fondamentali, tra cui la possibilità di scegliere - senza discriminazioni - “il proprio luogo di residenza ed un’adeguata soluzione abitativa, anche promuovendo il diritto alla domiciliarità delle cure e dei sostegni socio-assistenziali”.

Nell’ambito del progetto di vita dovranno essere individuati i “sostegni e servizi per l’abitare e modelli di assistenza personale autogestita che supportino l’autonomia e la vita indipendente delle persone con disabilità in età adulta”.

Il progetto di vita dovrà tendere alla realizzazione degli obiettivi della persona secondo i suoi desideri, le sue aspettative e le sue scelte, migliorando le sue condizioni personali e di salute e la qualità della vita nei vari ambiti.

Dovranno, pertanto, essere indicati gli strumenti, le risorse, i servizi, gli accomodamenti ragionevoli necessari a compensare le limitazioni alle attività e a favorire la partecipazione della persona disabile nei diversi ambiti della vita, compresi i contesti lavorativi e scolastici.

La l. n. 328/2000 prevede a tal fine la possibilità di accedere al c.d. “budget di progetto”, ossia all’insieme delle risorse umane, professionali, tecnologiche, strumentali ed economiche necessarie per dare attuazione al progetto di vita, adeguatamente monitorato da figure professionali specializzate (reperite anche grazie a forme di finanziamento aggiuntivo), che si confronteranno con la persona con disabilità e con i suoi referenti familiari. L’attuazione del progetto di vita deve, peraltro, essere garantita anche al variare del contesto territoriale e di vita dell’interessato.

Su richiesta di quest’ultimo (e/o di chi la rappresenta) dovrà essere assicurato il coinvolgimento nell’elaborazione del progetto di vita anche degli enti del Terzo settore, attraverso forme di co-programmazione per l’individuazione dei bisogni da soddisfare, degli interventi necessari, delle modalità di realizzazione e delle risorse disponibili, (dando, così, la possibilità al Terzo settore di partecipare a pieno titolo alla formazione delle politiche pubbliche portando la propria capacità di lettura), e di co-progettazione, finalizzata alla definizione/ realizzazione di specifici progetti di servizio o di intervento finalizzati a soddisfare i bisogni definiti sulla base degli strumenti di co-programmazione.

 

  • Con riferimento all’informatizzazione dei processi valutativi dovranno essere istituite delle piattaforme interoperabili che, nel rispetto del principio di riservatezza dei dati personali, supportino i processi valutativi e l’elaborazione di progetti personalizzati; consentano la consultabilità e condivisione delle certificazioni e delle informazioni riguardanti i benefici economici, previdenziali e assistenziali e gli interventi di assistenza socio-sanitaria che spettano alla persona con disabilità; garantiscano, in ogni caso, la semplificazione delle condizioni di esercizio dei diritti delle persone con disabilità, e la possibilità di effettuare controlli; e contengano anche le informazioni relative ai benefici eventualmente spettanti ai familiari o alle persone che hanno cura della persona con disabilità.

 

  • Con riguardo alla riqualificazione dei servizi pubblici in materia di inclusione e accessibilità dovrà essere prevista l’individuazione, presso ciascuna Amministrazione, di una figura dirigenziale preposta alla programmazione strategica:

-  per l’accessibilità alle funzioni amministrative da parte delle persone fragili;

- per la partecipazione dei rappresentanti delle associazioni maggiormente rappresentative delle persone con disabilità alla formazione del piano relativo a tale programmazione strategica

- per l’introduzione tra gli obiettivi di produttività delle Amministrazioni di quelli specificamente volti a rendere effettiva l’inclusione sociale e l’accessibilità delle persone con disabilità.

Viene previsto e disciplinato, altresì, il diritto di partecipazione dei rappresentanti delle associazioni delle persone con disabilità, che potranno presentare osservazioni (per quanto attiene l’accessibilità e l’inclusione sociale delle persone fragili) al “Piano della performance” (documento programmatico triennale che individua gli indirizzi e gli obiettivi strategici ed operativi) ed alla “Relazione annuale sulla performance” (che evidenzia, a consuntivo, con riferimento all’anno precedente, i risultati organizzativi e individuali raggiunti rispetto ai singoli obiettivi programmati ed alle risorse, con rilevazione degli eventuali scostamenti, e il bilancio di genere realizzato).

Dovrà essere prevista da parte dei datori di lavoro pubblici la nomina di un responsabile del processo di inserimento nell’ambiente di lavoro delle persone con disabilità.

Anche i concessionari dei pubblici servizi dovranno indicare nella “carta dei servizi” (documento con il quale l’Ente erogatore assume una serie di impegni nei confronti della propria utenza riguardo ai servizi offerti, le modalità di erogazione degli stessi, gli standard, le qualità ed informa l’utente sulle modalità di tutela previste) gli standard di qualità del servizio che assicurino l’effettiva accessibilità alle prestazioni da parte delle persone con disabilità.

Tra le motivazioni del “ricorso per l’efficienza delle Amministrazioni” sarà quindi inclusa la mancata attuazione o violazione degli standard di qualità dei servizi essenziali all’inclusione sociale e all’accessibilità delle persone con disabilità: in tal modo si avrà un controllo esterno sulla qualità, tempestività ed economicità dei servizi resi, al fine di garantire un’elevata performance delle pubbliche amministrazioni.

Una riforma ambiziosa, quasi una rivoluzione copernicana dell’attuale sistema di organizzazione degli interventi socio sanitari: l’aspettativa è che la regolamentazione puntuale resti fedele ai principi.

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