Assegno di mantenimento del coniuge: quando deve essere restituito?

02 MARZO 2023 | Mantenimento del coniuge

di avv. Anna Sartor

L’ordinanza n. 477/2023 della Cassazione Civile, riportandosi al principio espresso nella recente sentenza della Cassazione Sezioni Unite dell’8 novembre 2022 n.32914, precisa i presupposti e le deroghe alla ripetibilità delle somme versate come assegno di mantenimento al coniuge nella separazione e nel divorzio.

Il Tribunale di Bari nel decidere la separazione dei coniugi, disponeva l’affidamento esclusivo alla madre del figlio minore fissando le condizioni delle visite del padre, revocava l’assegno mensile di mantenimento di euro 250,00 a favore della moglie separata, aumentava ad euro 450,00 mensile l’assegno a titolo di contributo al mantenimento del minore oltre al rimborso del 50% delle spese straordinarie.

La Corte d’appello di Bari accoglieva parzialmente il ricorso proposto dal marito, modificando le condizioni di visita con il minore e rigettando la domanda di restituzione delle somme versate per il mantenimento della moglie stabilite nel provvedimento presidenziale, ritenendo carenti i presupposti della revoca retroattiva dell’obbligo di mantenimento della moglie.

Il carattere essenzialmente alimentare dell’assegno comportava, infatti, che l’ordinaria retroattività della pronuncia giudiziale era da contemperare con i principi di irripetibilità, impignorabilità e non compensabilità di detta prestazione, con la conseguenza che le somme versate non erano restituibili.

Il marito proponeva ricorso per la cassazione della sentenza con due motivi, esponendo che la Corte territoriale aveva errato nel determinare le condizioni di visita con il figlio disattendendo le previsioni della c.t.u., ed altresì errato nell’escludere la ripetibilità delle somme versate alla moglie a seguito alla revoca dell’obbligo di corrispondere l’assegno di mantenimento, ponendosi in contrasto con la recente giurisprudenza di legittimità.

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il primo motivo ed invece ritenuto fondato il secondo motivo sulla domanda di restituzione delle somme versate alla moglie.

In particolare, accogliendo il ricorso, la Suprema Corte ha richiamato il principio di diritto delle Sezioni Unite in base al quale : “in tema di assegno di mantenimento separativo e divorzile, qualora si accerti nel corso del giudizio, nella sentenza di primo o secondo grado, la mancanza ab origine, in capo all’avente diritto, dei presupposti per il versamento del contributo, ancorché riconosciuto in sede presidenziale o da giudice istruttore in sede di conferma o modifica, opera la regola generale della condictio indebiti, che può essere derogata, con conseguente applicazione del principio di irripetibilità, esclusivamente nelle seguenti due ipotesi: ove si escluda la debenza del contributo in virtù di una diversa valutazione con effetto ex tunc delle sole condizioni economiche dell’obbligato già esistenti al tempo della pronuncia, ed ove si proceda soltanto ad una rimodulazione al ribasso, di una misura originaria idonea a soddisfare esclusivamente i bisogni essenziali del richiedente, sempre che la modifica avvenga nell’ambito di somme modeste , che si presume siano destinate ragionevolmente al consumo da un coniuge, od ex coniuge, in condizioni di debolezza economica”.

Riferito al caso in esame e, quindi, con riguardo agli elementi di fatto, era emerso nel corso del procedimento che la moglie, avvocato, che percepiva l’assegno provvisorio disponeva di “una stabile capacità lavorativa e di un patrimonio familiare di notevole entità, tale da consentirle una vita agiata”, elementi che portavano a ritenere certa l’originaria insussistenza dei presupposti per il riconoscimento dell’assegno di mantenimento.

La Suprema Corte chiarisce che la decisione della Corte territoriale, di non retroattività della revoca dell’assegno, poggiava sull’orientamento giurisprudenziale precedente alla sentenza delle Sezioni Unite, che escludeva in ogni caso la retroattività della revoca, dando rilievo prevalente alla valenza alimentare dell’assegno.

In conclusione, mancando ab origine la condizione per riconoscere l’assegno di mantenimento e non rientrando la fattispecie in esame in alcuna delle due ipotesi di deroga enunciate dalle Sezioni Unite, la Corte ha disposto la retroattività della revoca dell’assegno di mantenimento con conseguente obbligo di restituzione delle somme incassate dal coniuge ai sensi dell’art.2033 c.c., a decorrere dalla data di domanda di ripetizione dell’indebito.

 

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