La rilevanza dello iato temporale tra condotte maltrattanti

di Avv. Anna Silvia Zanini

Con la sentenza n. 11290 del 03 febbraio 2023, la Suprema Corte ha esaminato quale rilevanza abbia il lasso di tempo intercorso tra più serie di condotte di maltrattamenti.

Nel caso in esame la Cassazione veniva interpellata dal ricorrente che, pur ritenuto colpevole di due distinti episodi di maltrattamenti in famiglia, commessi entrambi in danno delle medesime persone offese ma a distanza di tempo tra loro, aveva riportato due distinte condanne in luogo di una, attraverso il riconoscimento di una unica e prolungata condotta o, quantomeno, della sussistenza della medesimezza del disegno criminoso

La censura verteva sulla erronea valutazione effettuata dalla Corte territoriale circa l’esclusione della unicità strutturale dei due reati, oggetto, l’uno, di definizione attraverso il rito ordinario e l’altro di una precedente applicazione concordata della pena; in ogni caso la Corte d’Appello aveva negato anche il riconoscimento della disciplina di cui all’art. 81 cpv c.p.

La Suprema Corte, nell’analizzare il reato previsto e punito dall’art. 572 c.p., ha ribadito la natura abituale della fattispecie, caratterizzata dalla presenza di una unitaria condotta idonea ad imporre alla vittima un regime di vita vessatorio, mortificante e insostenibile attraverso un sistematico, cosciente e volontario compimento di atti di violenza fisica e morale.

Ha, altresì, evidenziato come il dolo del delitto di maltrattamenti in famiglia non richiede la sussistenza di uno specifico programma criminoso verso il quale sia finalizzata, fin dalla rappresentazione iniziale, la serie di condotte tale da cagionare le abituali sofferenze fisiche o morali al soggetto passivo, essendo invece sufficiente la sola consapevolezza dell'autore del reato di persistere in un'attività vessatoria, già avvenuta in precedenza, idonea a ledere la personalità della vittima.

Da ultimo, ha ribadito come, per la configurazione della fattispecie in esame, non sia necessario che gli atti vessatori vengano posti in essere per un tempo prolungato, essendo sufficiente la loro ripetizione anche in un limitato contesto temporale, non rilevando che durante lo stesso siano riscontrabili nella condotta dell'agente periodi di normalità e di accordo con la persona offesa.

La Corte di Cassazione ha, quindi, confermato il principio di diritto che laddove la pluralità dei fatti, idonea ad integrare la struttura del reato di maltrattamenti, si esaurisca per poi manifestarsi nuovamente “la consistenza dello iato temporale intercorrente tra le due serie di condotte non ha rilievo al fine di escludere, di ciascuna, la prescritta abitualità. L'interruzione può valere, al più, infatti, ove risulti notevolmente dilatata nel tempo, a far ritenere, delle distinte serie, la natura di due autonomi reati di maltrattamenti in famiglia, eventualmente uniti dal vincolo della continuazione nella sussistenza del medesimo disegno criminoso".

Alla luce dei principi di cui sopra la Suprema Corte ha ritenuto, nel caso in esame, che la motivazione della sentenza impugnata fosse contraddistinta da illogicità, incoerenza ed incompletezza: la Corte d’Appello non aveva compiutamente espresso le ragioni per le quali non era stata ravvisata, nelle condotte contestate nei due processi a carico del medesimo imputato, un unico reato di maltrattamenti ovvero un reato continuato, in presenza di un medesimo disegno criminoso, posto che le condotte contestate nel loro insieme riguardavano fatti commessi nell'arco di quasi sei anni, fatta eccezione per brevi intervalli di tempo.

A supporto della propria decisione gli Ermellini hanno valorizzato la situazione di fatto esaminata dai giudici di merito, considerando in particolare che tutti gli episodi criminosi erano stati commessi in danno delle medesime persone offese, madre e sorella, con modalità analoghe e in larga parte sovrapponibili, con il medesimo scopo di ottenere la consegna di denaro per l'acquisto di sostanze stupefacenti, nonché la circostanza emersa dalla perizia disposta in grado di appello evidenziante come l’imputato avesse un disturbo da uso di cocaina e cannabis, da porsi in nesso eziologico con le condotte contestate, tale da escludere una discontinuità, dal punto di vista comportamentale, fra i fatti precedenti e quelli  successivi.

A seguito dell’annullamento della sentenza sarà compito del Giudice di rinvio valutare e motivare nuovamente in ordine al punto in questione, rideterminando la pena in ordine al reato di maltrattamenti in famiglia.

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