La Corte di Cassazione specifica i limiti di applicabilità dell’istituto del fondo patrimoniale

12 DICEMBRE 2024 | Fondo patrimoniale

di Avv. Monica Mocellin

Con sentenza n. 27792 del 28 ottobre 2024 la Suprema Corte affronta il tema della validità di un fondo patrimoniale costituito sulla quota di un bene in comproprietà di una coppia insieme ai genitori di uno dei due.

La Corte ribadisce che il fondo deve essere destinato esclusivamente a soddisfare i bisogni della sola “famiglia nucleare” - costituita dai coniugi e dai loro figli - e non della “famiglia parentale” come già statuito in precedenza dalla Corte a Sezioni Unite con sentenza n. 21658/2009.

La vicenda trae origine da un contenzioso legato alla costituzione di un fondo patrimoniale su un immobile, conferito da Tizia, comproprietaria al 50% con Mevio, suo ex convivente.

Il fondo era stato costituito nel 2013 da Tizia e dai suoi genitori, includendo beni di proprietà di questi ultimi, senza alcun coinvolgimento o accettazione da parte di Mevio, comproprietario dell'immobile, e senza menzionare i bisogni della figlia minore della coppia.

L’uomo ricorreva al Tribunale di Vicenza chiedendo venisse dichiarata la nullità dell’atto costitutivo del fondo patrimoniale, sostenendo che l’atto era privo di causa, poiché il fondo non era destinato a soddisfare i bisogni della famiglia nucleare ma era stato creato nell’interesse dei genitori di Tizia.

Lamentava, inoltre, che la costituzione del fondo patrimoniale aveva violato le norme di legge anche per l’assenza di accettazione da parte della coppia.

Il Tribunale di primo grado rigettava la domanda di Mevio per mancanza di interesse ad agire, ritenendo che questi potesse tutelare i propri diritti proponendo un'azione di scioglimento della comunione ordinaria sull'immobile e perché, con l’assegnazione della casa alla signora in sede di regolamentazione dell’affido della figlia minore, il ricorrente aveva comunque perduto il godimento del bene.

Mevio impugnava la sentenza e la Corte d’Appello di Venezia, contrariamente al giudice a quo, riteneva sussistente l’interesse ad agire, da un lato perché il bene non risultava divisibile in natura ed il vincolo di segregazione l’avrebbe reso invendibile, dall’altro in quanto il bene, proprio a causa del fondo patrimoniale, non avrebbe potuto essere offerto da Mevio a garanzia per l’accesso ad un eventuale credito bancario.

Inoltre, l’assegnazione della casa familiare non costituisce un diritto reale ed è a termine.

La Corte d’Appello di Venezia, riformando quindi la sentenza di primo grado, dichiarava nullo l’intero atto per mancanza di causa.

Proponeva ricorso in Cassazione Tizia con i genitori, contestando la nullità dell’intero atto e sostenendo che la Corte d’Appello avesse travalicato i limiti della domanda originaria.

Con la sentenza in esame, la Suprema Corte ribadisce che il fondo patrimoniale, ai sensi dell'art. 167 c.c., deve essere destinato esclusivamente a soddisfare i bisogni della famiglia nucleare, composta dai coniugi e dai loro figli, sia minorenni sia maggiorenni non autonomi economicamente. Il fondo patrimoniale, infatti, rientrando tra le convenzioni matrimoniali presuppone un nucleo familiare fondato sul matrimonio o sull’unione civile (così anche Cass. Sez. U. 21658/2009, Cass. 22069/2019, Cass. 17811/2014).

Che questa fosse l’intenzione del legislatore si evince anche dall’art. 171 c.c., in base al quale si verifica lo scioglimento integrale del fondo qualora venga meno il vincolo matrimoniale.

Su tali premesse la Corte ha rilevato che il fondo patrimoniale in oggetto era stato costituito da Tizia, e dai suoi genitori, senza alcuna menzione o beneficio diretto per la figlia minore per cui l'atto è nullo per mancanza di causa, in quanto non conforme alla funzione del fondo patrimoniale, che è quella di far fronte ai bisogni della famiglia nucleare.

La Corte ha poi precisato che non è consentito costituire un fondo patrimoniale che coinvolga soggetti esterni al nucleo familiare, come i genitori dei coniugi, poiché ciò determina la mancanza di causa del negozio giuridico mentre la costituzione del fondo da parte di terzi richiede l'accettazione espressa da entrambi i coniugi, pena la nullità dell'atto.

Qui la Corte d’Appello, secondo gli Ermellini, aveva motivato ad abundatiam in quanto non si tratta nemmeno di coppia di coniugi poiché Tizia e Mevio erano stati solo conviventi.

La Corte, comunque, evidenzia che la mancanza di accettazione da parte di entrambi i coniugi, come disposto dall’art. 167 co II c.c., nel caso in cui il fondo sia costituito da terzi, rappresenta un vizio formale che si aggiunge all'assenza di causa. Questo vincolo è essenziale per garantire la tutela della famiglia nucleare, e impedire l'uso strumentale del fondo patrimoniale per scopi diversi.

La Corte ha, invece, accolto la doglianza di Tizia circa la violazione del principio della domanda da parte della Corte d’Appello in quanto Mevio non aveva chiesto, né provato, la nullità dell’intero contratto, cosa che il giudice non può rilevare d’ufficio.

Gli Ermellini hanno sottolineato che la nullità parziale di un contratto, per il principio di conservazione degli atti, non ne comporta automaticamente la nullità integrale, salvo che le parti dimostrino che le clausole invalide siano essenziali e inscindibili rispetto al resto dell'accordo.

La Corte di Cassazione ha, pertanto, accolto solo parzialmente il ricorso, stabilendo che la nullità dell'atto costitutivo del fondo patrimoniale non si estende automaticamente a tutte le clausole o conferimenti, a meno che non sia dimostrata l'inscindibilità degli stessi, disponendo quindi il rinvio alla Corte lagunare, in diversa composizione, per un nuovo esame sulla nullità del fondo patrimoniale limitatamente alle clausole interessate, in conformità con il principio di conservazione degli atti giuridici.

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