La donazione indiretta può nascere anche dalla rinuncia all’azione di riduzione

04 DICEMBRE 2023 | Donazioni indirette

di Avv. Fulvia Cattarinussi

La Corte di Cassazione, sez. II civile, con ordinanza n. 23036 del 28 luglio 2023, ha stabilito che la rinuncia del legittimario pretermesso all’azione di riduzione delle disposizioni testamentarie lesive della propria quota di legittima può comportare un arricchimento nel patrimonio dell’erede universale, tale da integrare gli estremi di una donazione indiretta, se ricorra un nesso di causalità diretta tra donazione e arricchimento.

IL CASO. Caio, figlio di Tizio, conveniva avanti il Tribunale di Modica la sorella consanguinea Sempronia, proponendo azione di riduzione dell’atto di donazione del 20 aprile 1963 stipulato da Tizio in favore della figlia Sempronia, ai fini della reintegrazione della propria quota di legittima.

Il Tribunale di Modica, con sentenza non definitiva n. 222/07, dichiarava aperta la successione di Tizio alla data del 3 luglio 2001 e dichiarava che andavano imputati alla massa ereditaria i beni oggetto dell’atto di donazione del 20 aprile 1963.

Con sentenza n. 97/11, il medesimo Tribunale dichiarava lesa la quota di riserva del legittimario Caio per effetto della donazione sopraindicata, che riduceva per integrare la quota di riserva lesa.

Avverso tale sentenza Caio proponeva appello, chiedendo che venissero ricompresi nell’asse ereditario del defunto padre Tizio beni ulteriori rispetto a quelli già considerati dal giudice di primo grado, e chiedendo inoltre l’assegnazione di una quota pari alla metà dell’asse ereditario anziché quella di un terzo riconosciuta in sentenza. Si costituiva in giudizio l’appellata Sempronia, proponendo appello incidentale.

Con sentenza n. 1088/2017, la Corte d’appello di Catania dichiarava infondato tale motivo, per difetto della prova del depauperamento in capo all’asserito donante. Tuttavia (i) accoglieva parzialmente l’appello principale e quello incidentale, dichiarando lesa la quota di riserva del legittimario Caio; (ii) stabiliva il valore della massa ereditaria e il valore della quota spettante al medesimo ed (iii) attribuiva a Caio la proprietà di un appartamento, stabilendo i conguagli.

Avverso tale decisione Tizio proponeva ricorso per Cassazione sulla base di un unico motivo.

Il ricorrente denunziava, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la falsa applicazione degli artt. 769 e 809 c.c., che aveva indotto la Corte distrettuale a non riconoscere una donazione indiretta (soggetta, quindi, a riduzione per integrare la quota del legittimario) nell’espressa rinuncia del de cuius Tizio, legittimario pretermesso, alla richiesta di riduzione della disposizione testamentarie della propria moglie, in favore della figlia nominata erede universale dalla madre.

Secondo il ricorrente, l’errore della Corte d’appello sarebbe stato quello di aver escluso la sussistenza della causa donandi nella rinuncia in questione.

LA SENTENZA. La Corte di Cassazione accoglie il ricorso ritenendo fondato il motivo.

La Corte, anzitutto, ricorda che

- le donazioni indirette (o liberalità atipiche o non donative, secondo altra nomenclatura) sono contemplate dall’art. 809 c.c. come liberalità risultanti da atti diversi dalla donazione e sono menzionate dall’art. 737 c.c., che impone ai soggetti tenuti alla collazione di conferire ai coeredi tutto ciò che hanno ricevuto dal de cuius per donazione direttamente o indirettamente (…),

- sono sottoposte alle norme di carattere sostanziale delle donazioni dirette, come recita l’art. 809 c.c.,

- si sottraggono al rigido formalismo del tipico atto di liberalità, essendo sufficiente, per la loro validità, l’osservanza delle forme prescritte per il negozio tipico utilizzato per realizzare lo scopo di liberalità. Ciò perché l’art. 809 c.c., nello stabilire le disposizioni sulle donazioni applicabili agli altri atti di liberalità realizzati con negozi diversi da quelli previsti dall’art. 769 c.c., non richiama l’art. 782 c.c., che prescrive l’atto pubblico per la validità.

Le Sezioni Unite n. 18725/2017, peraltro, si erano già pronunciate favorevolmente nel riconoscere una donazione indiretta anche nell’ipotesi della rinuncia ad un diritto.

In più occasioni, questa Corte ha già avuto modo di precisare che la rinuncia ad un diritto, se fatta al fine di avvantaggiare un terzo, può comportare donazione indiretta (Cass. n. 9872/2000; n. 507/1967), purchè sussista fra donazione e arricchimento un nesso di causalità diretta (Cass. n. 15666/2019; n. 1545/1974), ossia l’arricchimento rientri nella normale sequenza causale originata dalla rinuncia”.

Secondo la Corte di Cassazione, la Corte distrettuale avrebbe errato nell’aver usato come modello, per il caso de quo, quello della donazione “diretta” e i suoi elementi costitutivi, obliterando la circostanza, evidenziata anche dalle Sezioni Unite con la citata sentenza, che le liberalità non donativa hanno in comune con l’archetipo l’arricchimento senza corrispettivo, voluto per spirito liberale da un soggetto a favore dell’altro, ma se ne distinguono perché l’arricchimento del beneficiario non si realizza con l’attribuzione di un diritto o con l’assunzione di un obbligo da parte del disponente, ma in modo diverso”.

Nel caso di specie, la Corte d’appello aveva respinto l’appello sul punto, ritenendo che l’effetto diretto della rinuncia all’azione di riduzione di Tizio era stato esclusivamente quello di precludersi la possibilità di impugnare il testamento del proprio coniuge, non anche quello di incidere sulla propria consistenza patrimoniale. La decisione impugnata, su tale presupposto, rispetto ai requisiti propri della donazione (ossia l’animus donandi, l’arricchimento del donatario e il contestuale impoverimento del donante), aveva considerato insussistente l’impoverimento del donante, dovendo escludere che Tizio avesse potuto donare alla figlia Sempronia beni dei quali non era mai stato proprietario.

E proprio nell’elemento dell’impoverimento si ripercuote anche la diversità tra donazione diretta e donazione indiretta. Per la configurazione della donazione indiretta, l’impoverimento non può essere inteso esclusivamente nel trasferimento di un bene già facente parte del patrimonio del donante.

Nel caso in questione, l’impoverimento doveva rinvenirsi nel consapevole mancato esercizio, sorretto da un intento liberale, della possibilità di arricchire il proprio patrimonio, in favore della figlia che da tale azione ne sarebbe risultata impoverita.

In conclusione, la Corte di cassazione ha accolto il ricorso e cassato la sentenza impugnata.

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