Un vestito su misura per il beneficiario: per la Cassazione la misura dell’amministrazione di sostegno deve avere un taglio sartoriale

di Avv. Barbara Bottecchia

IL CASO. Il Giudice tutelare di Alessandria, su richiesta dei Servizi sociali, aveva aperto nel giugno del 2023 un’amministrazione di sostegno in favore di una signora con qualche problema di disabilità psichica e fisica, ma in grado di esprimere la propria volontà.

La beneficiaria reclamava tale decreto tutelare opponendosi fermamente alla misura e alle limitazioni conseguenti, sostenendo di essere in grado di provvedere a se stessa e contestando di poter essere raggirata dal nuovo compagno.

Il Tribunale di Alessandria, pur confermando il decreto lo modificava con riferimento al consenso ai trattamenti sanitari per i quali richiedeva la mera assistenza dell ‘Ads e non la sostituzione della volontà della beneficiaria.

Per il resto, invece, il Tribunale riteneva necessaria la misura di protezione, sia con riferimento alle poche disponibilità finanziarie e quindi alla necessità di una particolare attenzione alle spese, sia con riferimento ad una tensione della beneficiaria verso il credito e il gioco.

La beneficiaria ricorreva in Cassazione con un unico motivo con il quale lamentava, ai sensi dell’art.360  c.1 n.3 cpc l’erronea e falsa applicazione dell’art.404 c.c. e dell’art. 8 della Convenzione dei Diritti dell’Uomo,  per violazione del principio dell’autodeterminazione dell’individuo per aver il Tribunale confermato l’ads nonostante la sua ferma opposizione e con una limitazione eccessiva della propria capacita, non giustificata dalle sue condizioni.

LA DECISIONE. La Corte di Cassazione, con sentenza n. 24251/2024, ha ritenuto fondato il motivo per i seguenti motivi.

Anzitutto Il Supremo collegio, richiamando i propri precedenti, ribadisce, con estrema chiarezza, i presupposti per l’apertura della misura dell’amministrazione di sostegno e i confini della stessa precisando, ancora una volta, come il Giudice, nel provvedimento che dispone la misura nell’interesse del beneficiario, debba tenere presente, in linea con l’art. 12 della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle persone con disabilità:

  • la volontà del beneficiario, nei limiti della lucidità, anche quando si oppone alla stessa cercando in concreto di garantire protezione quando possibile con un sistema di deleghe o di un’adeguata rete familiare;
  • impedire che la misura di protezione diventi sempre e comunque sostitutiva e quindi umiliante per la persona che la subisce come una totale affermazione della sua incapacità, e predisporre, pertanto, non un provvedimento prestampato ma un provvedimento ad hoc che mantenga nei limiti del possibile, per quella persona, alcune possibilità di autodeterminarsi, cercando quindi non di dividere gli atti in quelli che può fare e quelli che non può fare ma garantire che il beneficiario venga sempre informato sugli atti da compiere e che possa esprimere sempre la propria opinione e che quindi possa partecipare, proporzionalmente alla sua condizione, alla formazione delle decisioni che lo riguardano.
  • la misura dell’amministrazione di sostegno, laddove limita la capacità e la libertà, può essere compatibile con il quadro costituzionale solo se motivata e calata con appropriate garanzie nel caso concreto, una volta valutate reti familiari ,risorse della persona interessata  e le sue aspirazioni, senza automatismi né adottando provvedimenti stereotipati.

In conclusione la misura dell’amministrazione di sostegno deve essere modellata dal GT bilanciando il diritto della persona di autodeterminarsi, avendo come focus il concreto e massimo sviluppo delle sue concrete abilità e il pregiudizio possibile che possa derivare da queste scelte garantendo quindi nello stesso tempo libertà e protezione: un difficile equilibrio che richiede tempo ed empatia.

In accoglimento del ricorso quindi il Supremo collegio ha cassato l’ordinanza e rinviato al Tribunale di Alessandria in diversa composizione.

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