La nomina dell’amministratore di sostegno: il rigido accertamento dei presupposti e il rispetto della volontà del beneficiario

di Avv. Valentina Alberioli

IL CASO. Tizio e Caio chiedevano al Tribunale di Termini Imerese di nominare un amministratore di sostegno (di seguito, “ads”) in favore di Mevia, rilevando che la medesima era affetta da un grave stato di alterazione psicofisica, evidenziato da osmofobia, deliri persecutori e prodigalità, situazione che ne riduceva notevolmente la capacità di gestire autonomamente il patrimonio.

Mevia resisteva in giudizio, eccependo, tra l’altro, come i ricorrenti, di lei parenti, fossero mossi da interessi personali.

Il Giudice Tutelare accoglieva il ricorso, osservando che dalla relazione dei Servizi Sociali si evinceva che la reclamante: viveva sola in immobile locato, nonostante fosse proprietaria di diversi immobili; era andata in pensione a causa di difficoltà psichiche; per un certo tempo, sarebbe stata in cura presso un centro di salute mentale; aveva tenuto comportamenti rischiosi anche per la sua salute, come trascorrere la notte in strada, dormendo su una panchina; non aveva dimostrato di saper gestire le sue risorse economiche e diffidenza sia nei confronti degli assistenti sociali, che del c.t.u. nominato, rifiutando di farsi visitare.

Mevia proponeva reclamo avverso il decreto, chiedendone la revoca; il Procuratore Generale chiedeva il rigetto del reclamo.

La Corte d’Appello rigettava il reclamo, per le seguenti ragioni:

la giustificazione di Mevia in ordine al rifiuto di farsi visitare dal c.t.u. era inattendibile, e tale condotta omissiva costituiva argomento di prova, sintomo dell’incapacità di percepire l’importanza degli atti istruttori ai quali la stessa era stata chiamata a collaborare nel suo esclusivo interesse; l’istruttoria espletata in sede di reclamo aveva confermato le informazioni acquisite in primo grado dai Servizi Sociali, in quanto il centro di salute mentale aveva riferito che Mevia aveva dichiarato di essere in trattamento presso privati sin dall’età di 20 anni, presentando un quadro clinico di disturbo istrionico di personalità, omettendo però di seguire la terapia prescrittale; le certificazioni mediche prodotte da Mevia non dimostravano, comunque, condizioni di buona salute, emergendo anzi dalle stesse varie patologie (gastropatia cronica; poliartrosi ad incidenza funzionale) tra cui una condizione di iperosmia la cui origine si supponeva fosse psicologica; tutti gli elementi di giudizio acquisiti inducevano a ritenere che ella fosse affetta da patologie psichiatriche influenti sulla capacità decisionale, con la conseguente necessità di nominare, quale amministratore di sostegno, un terzo estraneo alla famiglia, alla luce delle evidenti tensioni che la stessa aveva esplicitato e dei dubbi sollevati circa la possibile esistenza di un conflitto d’interessi con i propri congiunti; in mancanza di specifiche informazioni sugli esatti limiti della capacità residua della reclamante, era da respingere anche l’istanza subordinata di modifica del perimetro dei poteri dell'amministratore di sostegno in ordine alla libera disponibilità della pensione.

Mevia proponeva, pertanto, ricorso per cassazione, in base a quattro motivi.

Con il primo motivo denunciava la violazione degli artt. 404 c.c. e 8 Cedu, per non aver la Corte d’Appello accertato la sussistenza di una patologia psichiatrica legittimante la misura applicata, che era stata dunque disposta in forma sanzionatoria, per i di lei rifiuti a partecipare alle operazioni del c.t.u. e a farsi esaminare da quest’ultimo. La ricorrente lamentava, quindi, che il decreto impugnato fosse fondato “su dichiarazioni verbali (riferite dai Servizi sociali e dalla polizia locale), in realtà propalate dai parenti malevoli, su erronee valutazioni dei certificati medici prodotti e del memorandum redatto dalla stessa [Mevia], in ordine a supposte patologie che avrebbero inciso negativamente sulle sue capacità decisionali”.

Con il secondo motivo Mevia denunciava, poi, la violazione degli artt. 404 c.c., 115 e 116 c.p.c., per aver la Corte territoriale travisato le prove in ordine alla valutazione di una patologia rilevante che avrebbe compromesso la capacità della ricorrente di provvedere ai suoi interessi, omettendo l’esame di altri certificati medici prodotti.

Ancora, con il terzo motivo la ricorrente denunciava violazione degli artt. 404 c.c., 132 e 156 c.p.c., 111 Cost., per carenza di motivazione del decreto di nomina dell’ads sui presupposti della di lei incapacità a provvedere ai propri interessi.

Infine, con il quarto motivo Mevia denunciava violazione dell’art. 404 c.c., per aver la Corte d’Appello rigettato anche l’istanza di riduzione dell’ambito dei poteri dell’amministratore di sostegno, in violazione del principio di proporzionalità della misura disposta, nella parte in cui non le era stato consentito di fruire della propria pensione.

LA DECISIONE. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 14689/2024, nell’esaminare congiuntamente i quattro motivi, li ha ritenuti tutti fondati.

Il Giudice di legittimità ha, anzitutto, ricordato i principi generali in tema di:

  • presupposti per la nomina dell’ads: “La procedura di nomina dell’amministratore di sostegno presuppone una condizione attuale, se non d'incapacità, quantomeno di seria difficoltà in cui versi la persona, il che esclude la legittimazione a richiedere l'amministrazione di sostegno per quella che si trovi nella piena capacità psicofisica o tenga condotte di vita solo apparentemente anomale, poiché non occorre che la stessa versi in uno stato d'incapacità d’intendere o di volere, essendo sufficiente che sia priva, in tutto o in parte, di autonomia per una qualsiasi ‘infermità’ o ‘menomazione fisica’, anche parziale o temporanea e non necessariamente mentale, che la ponga nell'impossibilità di provvedere ai propri interessi o nella condizione di gravemente lederli; in tale ipotesi, il giudice è tenuto, in ogni caso, a nominare un amministratore di sostegno, poiché la discrezionalità attribuitagli dall'art. 404 c.c. ha ad oggetto solo la scelta della misura più idonea e non anche la possibilità di non adottare alcuna misura, che comporterebbe la privazione, per il soggetto incapace, di ogni forma di protezione dei suoi interessi, ivi compresa quella meno invasiva (Cass., n. 12998/19)”;
  • accertamento di tali presupposti: “In tema di amministrazione di sostegno, l’accertamento della ricorrenza dei presupposti di legge, in linea con le indicazioni contenute nell’art.12 della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle persone con disabilità, deve essere compiuto in maniera specifica e circostanziata sia rispetto alle condizioni di menomazione del beneficiario la cui volontà contraria, ove provenga da persona lucida, non può non essere tenuta in considerazione dal giudice - sia rispetto all’incidenza della stesse sulla sua capacità di provvedere ai propri interessi personali e patrimoniali, verificando la possibilità, in concreto, che tali esigenze possano essere attuate anche con strumenti diversi come, ad esempio, avvalendosi, in tutto o in parte, di un sistema di deleghe o di un’adeguata rete familiare (Cass., n. 21877/22)”, “perimetrando [cioè] i poteri gestori dell’amministratore in termini direttamente proporzionati ad entrambi i menzionati elementi, di guisa che la misura risulti specifica e funzionale agli obiettivi individuali di tutela, altrimenti implicando un’ingiustificata limitazione della capacità di agire della persona. In tale quadro, le dichiarazioni del beneficiario e la sua eventuale opposizione, soprattutto laddove la disabilità si palesi solo di tipo fisico, devono essere opportunamente considerate, così come il ricorso a possibili strumenti alternativi dallo stesso proposti, ove prospettati con sufficiente specificità e concretezza (Cass., n. 10483/22)”.

La Corte di Cassazione ha ritenuto che, nel caso di specie, la Corte d’Appello non abbia fatto corretta applicazione di tali principi.

E ciò anzitutto perché ha confermato la nomina di un ads in assenza di “chiari ed univoci accertamenti clinici e diagnostici”. Anzi, ai fini della decisione, ha valorizzato alcune forme di disagio di Mevia che non integravano i presupposti per la nomina di un ads: la Corte d’Appello si è, infatti, limitata a fare riferimento a patologie di origine psichica, a un non chiaro trattamento (somministrato da privati sin dall’età di 20 anni) e relativo a un quadro clinico di disturbo istrionico di personalità, senza in nessun modo chiarire se dette patologie avessero determinato una menomazione, fisica o psichica, che la ponesse nella impossibilità di provvedere ai propri interessi e tale, quindi, da rendere necessaria - in contrasto con la volontà della persona - la misura in questione e da giustificare l’ampiezza dei poteri conferiti all’amministratore, comprensivi della possibilità di riscuoterne la pensione.

Inoltre, ad avviso del Giudice di legittimità, la Corte d’Appello ha errato nel giustificare la nomina di un ads con la condotta non collaborativa di Mevia, in quanto questa non escludeva che la ricorrente fosse in realtà una “persona lucida, per quanto conducente una forma di vita apparentemente inconsueta, non potendosi escludere che tali anomalie siano da considerare la manifestazione di asprezze o forme caratteriali, seppure esacerbate dall’età”.

La Corte di Cassazione ha, poi, censurato il decreto altresì laddove ha sottratto a Mevia la possibilità di riscuotere la pensione, in quanto gli ampi poteri conferiti all’ads non risultavano proporzionati alle effettive condizioni di salute della ricorrente, né funzionali agli obiettivi specifici di tutela di quest’ultima, emergendo piuttosto una ingiustificata limitazione della di lei capacità di agire.

Il Giudice di legittimità ha, quindi, enunciato il seguente principio di diritto:

"Ai fini della nomina dell’amministratore di sostegno, la condotta non collaborativa del soggetto beneficiario della misura non può, di per sé, costituire un indizio significativo della menomazione della salute, fisica o psichica, in mancanza di accertamenti clinici certi ed univoci. L’ambito dei poteri da conferire all’amministratore di sostegno deve rispondere alle specifiche finalità di tutela del soggetto amministrato e non può prescindere da risultanze espressive di un chiaro e significativo stato di menomazione o difficoltà della persona che s’ipotizza bisognevole di tutela.

Allegati

Ok
Questo website usa solamente cookies tecnici per il suo funzionamento. Maggiori dettagli