Il beneficiario di ADS è titolare del diritto personalissimo di autodeterminarsi con riguardo al proprio matrimonio

di Avv. Chiara Curculescu

IL CASO. L’amministratore di sostegno di un signore impossibilitato a curare autonomamente i propri interessi si opponeva alla celebrazione del matrimonio a seguito delle pubblicazioni richieste ed ottenute dalla compagna del beneficiario, anche con procura rilasciatale da quest’ultimo. Nel procedimento di opposizione al matrimonio instaurato avanti al Tribunale di Roma intervenivano i figli del beneficiario e si costituiva la fidanzata dello stesso.

Nel frattempo, nel procedimento di amministrazione di sostegno il Giudice Tutelare il 19.9.2021 emetteva un decreto immediatamente efficace con il quale disponeva, ad integrazione del provvedimento di apertura dell’amministrazione di sostegno, il divieto per il beneficiario di contrarre matrimonio in quanto “il beneficiario non era in grado di determinarsi liberamente, né di comprendere gli effetti giuridici ed economici derivanti dalla sottoscrizione di un vincolo matrimoniale”.

La Corte d’Appello di Roma pronunciava in seguito l’inammissibilità del reclamo promosso dalla fidanzata del beneficiario, in quanto non legittimata ad impugnare in appello i provvedimenti adottati nel corso della procedura di amministrazione di sostegno nella quale la stessa non era parte. Infatti, il Giudice Tutelare, con provvedimento non impugnato, aveva dichiarato il non luogo a provvedere sull’istanza di autorizzazione ad intervenire nel procedimento di ADS, poiché la signora non era riconducibile ad alcuno dei soggetti elencati dal c.d. degli articoli 406 e 417 c.c., né alla “persona stabilmente convivente”, perché la stessa non aveva mai dichiarato di convivere con il beneficiario e non aveva nemmeno contestato quanto affermato dalle altre parti circa il mancato possesso delle chiavi dell’abitazione del beneficiario.

Avverso la pronuncia di appello la fidanzata proponeva ricorso per Cassazione sulla base di quattro motivi, tre dei quali tra loro connessi ed esaminati congiuntamente, mentre il quarto afferente all’asserito sproporzionato aggravio di spese derivante dalla condanna inflitta alla reclamante.

LA DECISIONE. Con sentenza n 27691 del 2.10.2023 la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso proposto dalla fidanzata del beneficiario, pur essendo nel frattempo intervenuta la morte di quest’ultimo.

La Suprema Corte ha rilevato anzitutto che

il beneficiario dell’amministrazione di sostegno non acquista lo status di incapace e, dunque, non possono essergli applicate tout court le norme limitative previste per l’interdetto (si pensi, specificamente, al divieto di contrarre matrimonio sancito dall’art. 85 c.c., comma 1) o l’inabilitato” e conseguentemente “tutto ciò che il giudice tutelare, nell’atto di nomina o in successivo provvedimento, non affida all’amministratore di sostegno, in vista della cura complessiva della persona del beneficiario, resta nella completa disponibilità di quest’ultimo”.

Ciò che emerge, infatti, è che la molteplicità di situazioni che possono condurre all’apertura di un’amministrazione di sostegno non può più essere ricondotta all’interno della mera dicotomia capacità-incapacità di agire.

Come già affermato dalla Corte di Cassazione in altre pronunce, pertanto, “il divieto di contrarre matrimonio, previsto dall’art. 85 c.c., per l’interdetto, non trova generale applicazione nei confronti del beneficiario dell’amministrazione di sostegno ma può essere disposto dal giudice tutelare solo in circostanze di eccezionale gravità, quando sia conforme all’interesse dell’amministrato”. Ciò perché ciascun soggetto, compreso il beneficiario di ADS, è titolare del diritto personalissimo di autodeterminarsi circa il proprio matrimonio e come tale è anche l’unico soggetto che può essere leso dai provvedimenti giurisdizionali che vadano ad incidere su tale diritto personalissimo.

Perciò la ricorrente non poteva dirsi soggetto leso dal provvedimento del Giudice Tutelare e nemmeno soggetto legittimato ad intervenire nel procedimento di amministrazione di sostegno, in quanto non ricompreso tra le persone di cui agli artt. 416 e 406 c.c..  

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