I profili bioetici della comunicazione istituzionale durante la pandemia

di avv. Cristina Arata

Lo scorso 17 marzo, il Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB) ha pubblicato un parere sulla comunicazione in tempo di pandemia soffermandosi, in particolare, sulla comunicazione istituzionale e sul suo interfacciarsi con quella scientifica degli esperti e con quella veicolata attraverso i media, il tutto in un contesto di emergenza, con livelli di intensità molto diversi nel corso del tempo.

Sul piano bioetico, in epoca pandemica, l’obiettivo della comunicazione deve essere anzitutto quello di contribuire alla gestione ottimale del rischio da parte dei destinatari: i messaggi devono, quindi, essere modulati per adeguare il rischio percepito a quello effettivo, con ciò riducendo sia allarmismi che sottovalutazioni.

L’informazione riveste, quindi, un ruolo fondamentale: consente di “sapere” quel che accade, e come si potrebbe e/o dovrebbe agire per gestire una situazione percepita come fuori controllo. Essenziale, quindi, l’interazione tra chi informa e chi riceve l’informazione: ecco dunque il ruolo della comunicazione.

Il CNB ha evidenziato i fattori di complessità della comunicazione: l’incrociarsi e il sovrapporsi dei mezzi impiegati e l’intersecarsi di tre tipi di comunicazione, quella scientifica (ad opera egli esperti), quella istituzionale (riguardante le strategie delle istituzioni) e, infine, quella massmediale (che assume il ruolo di tramite tra la prima e la seconda per raggiungere i cittadini) che può semplificare o amplificare i messaggi.

Per il CNB, in contesti di emergenza sanitaria,

la tenuta etica della comunicazione si misura non solo sulla correttezza dell’informazione, sul suo attenersi ai principi di veridicità, responsabilità, trasparenza, giustizia e assenza di conflitto di interessi, ma anche sulla sua efficacia nel raggiungere i destinatari promuovendo scelte consapevoli.

La comunicazione sulla salute pubblica deve sempre avere la finalità di permettere ai cittadini l’acquisizione di una consapevolezza critica, tale da consentire l’assunzione della responsabilità individuale e sociale verso la salute (c.d. alfabetizzazione sanitaria o health literacy). A maggior ragione durante le pandemie.

Nella comunicazione d’emergenza, i cittadini devono essere informati sugli aspetti fondamentali della pandemia e sui risultati della ricerca, accrescendo progressivamente la loro consapevolezza sull’opportunità di seguire comportamenti cautelativi, di prevenzione e di tutela della salute individuale e collettiva.

Tuttavia, anche a causa dell’evolversi repentino della pandemia, è stato difficile pianificare campagne omogenee di informazione e si è assistito ad una moltiplicazione di voci e di forme comunicative. E questo ha indubbiamente influito negativamente sulla complessiva percezione dei cittadini.

Il CNB evidenzia la necessità che i messaggi siano non solo corretti a livello contenutistico, ma anche empatici, ovvero capaci di toccare l’emotività dei destinatari, contribuendo così a gestire in maniera adeguata proprio gli stati emotivi tipici delle situazioni d’emergenza: essenziale è cercare di costruire un clima generale di fiducia.

Altrettanto fondamentale il ruolo degli esperti: presentare lo stato delle conoscenze attraverso i media può favorire la continua messa in discussione dei risultati (sempre parziali) ottenuti, evidenziando al contempo il progredire della conoscenza e il consolidamento delle evidenze scientifiche per il moltiplicarsi degli studi.

Il compito è sicuramente arduo: una promessa mancata rischia di divenire un motivo di sfiducia e di discredito verso la scienza e i ricercatori.

Ma la comunicazione e la sua trasparenza è un valore etico in ogni caso imprescindibile ed ineludibile.

La prima fase della pandemia è stata particolarmente complessa: la comunità medico-scientifica si è dovuta confrontare con l’incessante richiesta di certezze da parte dei cittadini e con l’impossibilità di poterne dare. La partecipazione degli esperti in contesti mediatici non adeguati o suggestionati da spettacolarizzazione ha rischiato di compromettere la fiducia delle persone nei confronti della scienza, del suo metodo e delle sue istituzioni.

Una comunicazione scientifica ispirata alle buone pratiche richiede che gli esperti non solo si basino sulle evidenze scientifiche ed intervengano in modo tempestivo, ma che spieghino in modo semplice e comprensibile che le conoscenze sono intrinsecamente dinamiche e in costante evoluzione. Quando possibile devono, inoltre, essere disponibili ad anticipare e correggere la disinformazione.

Il CNB evidenzia che in questi anni è profondamente mutato il contesto della comunicazione massmediale, favorito dal processo di digitalizzazione, acceleratosi proprio in periodo pandemico, sia per la necessità di mantenere il c.d. distanziamento sociale, sia per l’incessante bisogno di ottenere informazioni sull’andamento dei contagi e sulle misure di contenimento.

La libertà di esprimere la propria opinione si è trasformata in libertà di informazione: l’informazione disancorata dalla responsabilità, da principi etici e da norne deontologiche (che guidano e garantiscono l’affidabilità del giornalista, vero professionista dell’informazione) non si è dimostrata né utile né efficace.

Di qui il fenomeno dell’infodemia: un caos informativo prodotto dal proliferare incontenibile e incontrollabile delle notizie più svariate. I rischi derivanti dall’infodemia, la deformazione delle fonti accreditate, l’elaborazione di teorie senza fondamenti scientifici o logici, la diffusione di fake news minano profondamente la possibilità tutela della salute.

La disinformazione diminuisce la fiducia che i cittadini ripongono nella scienza e nelle raccomandazioni delle istituzioni, amplifica le paure e favorisce comportamenti rischiosi e/o dannosi per la salute.

In questo scenario un ruolo fondamentale assume la comunicazione istituzionale, che in ragione della sua provenienza deve essere volta a favorire la corretta informazione della cittadinanza sui comportamenti da tenere o comunque consigliati nell’interesse di tutta la comunità, e sulle regole da osservare per contenere i contagi; deve aiutare a chiarire le caratteristiche del virus e della malattia che ne deriva, ad illustrare la ratio delle misure prese per fronteggiare il contagio e le conseguenze prodotte dalla pandemia a livello globale, sul piano sociale, economico e culturale.

La comunicazione istituzionale è la comunicazione propria delle istituzioni: dà conto delle attività, delle funzioni e del punto di vista delle istituzioni stesse, con il compito di garantire il diritto all’informazione, la trasparenza, la correttezza e la completezza delle informazioni, ma anche di favorire il dialogo e il confronto con i cittadini.

La comunicazione istituzionale è prodotta non solo dal governo nazionale, ma anche da quelli locali e dalle istituzioni collegate, quali l’Istituto Superiore della Sanità, l’AGENAS, l’AIFA e le altre agenzie socio sanitarie.

Viene diffusa tramite i differenti canali di cui dispongono le istituzioni pubbliche, compresi i siti dedicati e gli account istituzionali nei social media.

Il suo scopo deve essere esclusivamente la tutela e la promozione degli interessi dell’intera società, secondo un approccio che non deve essere parziale, in una prospettiva di valorizzazione del bene comune e della fiducia tra cittadini ed istituzioni.

Durante la pandemia si è generato il problema della diversità delle voci che a vari livelli hanno portato avanti la comunicazione istituzionale: per il CNB le istituzioni avrebbero dovuto coordinare molto meglio la propria comunicazione, motivando l’eventuale necessità di applicare misure differenti secondo i vari contesti locali, evitando così quell’eccesso di discordanza che ha prodotto sicuramente confusione e disorientamento.

Allo stesso modo, il CNB riconosce il notevole sforzo progressivamente compiuto dalle istituzioni per informare in tempo reale la cittadinanza rispetto alle modalità di contagio del virus e alle regole per prevenirlo, nonostante le criticità dovute alla difficoltà di armonizzare i diversi livelli di governo del fenomeno pandemico, nazionale, regionale e comunale, cercando di favorire così un senso di appartenenza alla comunità.

Nei momenti di crisi la fiducia, risorsa indispensabile nel rapporto tra cittadini e istituzioni, si alimenta e cresce solo se è biunivoca. Nella relazione tra istituzioni e cittadini, essa si nutre soprattutto della fiducia accordata ai cittadini dalle istituzioni. La comunicazione istituzionale dovrebbe quindi essere il più trasparente possibile.

La complessità della situazione pandemica riguarda non solo il virus e le varianti, ma i comportamenti dei cittadini e le ricadute sul complessivo sistema economico e sociale:

la comunicazione istituzionale, per essere trasparente, non deve semplificare ma illustrare la complessità in quanto tale, e tener conto dell’incertezza relativa ai dati scientifici e allo loro interpretazione.

Anche la ratio dei provvedimenti deve essere illustrata e spiegata chiaramente: deve essere semplice per la cittadinanza comprenderli e rispettarli.

Una comunicazione istituzionale di questo tipo non può essere improvvisata, così come non può essere improvvisata la comunicazione scientifica della pandemia o la comunicazione dei massmedia, che fa da tramite tra l’una e l’altra.

Per contrastare la crisi di fiducia serve ricostruire il percorso di mediazione tra chi informa e chi è informato, chiarendo le competenze di chi dà le informazioni, le responsabilità, i principi etici e le norme deontologiche cui deve attenersi.

Il CNB conclude rimarcando l’importanza di valorizzare per tempo e nel tempo una “cultura della comunicazione”, ispirata all’etica della comunicazione stessa, e di investire sulle rispettive competenze, promuovendo la formazione scientifica e la professionalizzazione di tutti gli attori operanti nell’ambito della comunicazione; questi ultimi dovrebbero poter fare riferimento a codici di autoregolamentazione etico-deontologica ed ogni sforzo dovrebbe essere volto a valorizzare il ruolo della comunicazione istituzionale.

La platea degli esperti andrebbe poi ampliata, visto che la pandemia non rappresenta solo un’emergenza sanitaria ma coinvolge anche la nostra vita sociale.

È anche importante promuovere una migliore alfabetizzazione sanitaria attraverso campagne istituzionali di informazione, incentivare i programmi di educazione alla salute e implementare l’educazione alla scienza, alla comprensione del suo metodo e significato all’interno della società. Si tratta di uno sforzo di crescita collettiva culturale che deve essere organizzato e svolto in modo organico e continuativo.

È fondamentale sviluppare nei cittadini di ogni età la capacità di discernere tra informazioni di qualità e fake news, anche favorendo l’accreditamento istituzionale dei siti dedicati alla pandemia. E promuovere studi e ricerche su come si è sviluppata la comunicazione a livello locale e globale per comprenderne i punti di forza e di debolezza, e costruire modelli efficaci per possibili eventi futuri.

Solo in questo modo si può riuscire a garantire una comunicazione eticamente inclusiva ed in grado di adeguarsi ai bisogni delle persone, in particolare dei più vulnerabili.

I momenti di crisi devono trovare istituzioni e cittadini preparati, con risorse di resilienza adeguate a livello culturale, di relazione ed interrelazione, partendo appunto dalla comunicazione reciproca e da una comune fiducia sul valore dell’appartenenza alla comunità, quella locale e quella nazionale.

 

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