Configurabilità del reato di sottrazione di incapace a carico del genitore che si allontana con il figlio

di Avv. Anna Silvia Zanini

La Suprema Corte, con sentenza n. 26185 del 28 maggio 2024, nel pronunciarsi sulla responsabilità del genitore che, contro la volontà dell'altro, sottrae la figlia per un periodo di tempo significativo, allontanandola dall'ambiente d'abituale dimora e impedendo l'altrui esercizio della responsabilità genitoriale, si sofferma sull'interpretazione e l’applicazione del reato di sottrazione di persona incapace di cui all’art. 574 c.p.

Il reato in esame, per quanto rileva, punisce chi, volontariamente, allontani un minore di quattordici anni da chi esercita la responsabilità genitoriale ovvero trattenga il minore contro la volontà del predetto esercente. Si tratta di un reato permanente, caratterizzato da un’azione iniziale di sottrazione del minore e dal successivo protrarsi della situazione antigiuridica.

Si precisa che è irrilevante il consenso del minore sottratto, trattandosi di soggetto di età inferiore ai quattordici anni e, pertanto, ritenuto presuntivamente dalla legge non in grado di prestare adeguatamente il proprio assenso ad un allontanamento.

L’elemento soggettivo del reato è integrato dal dolo generico, ovvero dalla volontà di sottrarre o trattenere un minore, con la consapevolezza di agire senza il consenso o contro la volontà del genitore esercente la responsabilità genitoriale.

Nel caso in esame, l’imputato, nei cui confronti era stata affermata la responsabilità per il reato di cui all'art. 574 cod. pen., essendosi il predetto allontanato con la figlia minore senza l’autorizzazione della madre, ricorreva avanti alla Suprema Corte lamentando l'erronea applicazione della legge e plurimi vizi di motivazione, chiedendo la riforma della sentenza di condanna; evidenziava di essere stato assolto per un episodio analogo, connotato dal breve periodo di lontananza della minore dalla madre e dalla possibilità di questa di contattare la minore telefonicamente. Lamentava, inoltre, l’insussistenza dell'elemento soggettivo del reato, poiché la condotta non era ispirata dalla volontà di sottrarre la figlia all’altro genitore, ma dal desiderio di esercitare la funzione genitoriale, impedita dalla moglie per motivi economici.

La Suprema Corte non ha ritenuto accoglibili i rilievi del ricorrente evidenziando come non sussista alcuna contraddizione tra l'assoluzione per la vicenda pregressa e l'affermazione di responsabilità per l'episodio in esame, trattandosi di condotte che meritano una differente valutazione.

Nel primo caso, il padre aveva tenuto con sé la minore per un breve lasso di tempo. In particolare, la figlia era stata prelevata al mattino dall'asilo, dopo averne richiesto la consegna alle maestre, che, avvisata la madre e nonostante il suo dissenso, gliela avevano consegnata in assenza di provvedimenti dell'autorità giudiziaria che regolassero le visite. La minore era poi stata riconsegnata la sera dello stesso giorno, sicché il trattenimento della minore contro la volontà della madre era durato solo poche ore.

Nel secondo caso, la Corte d’Appello ha evidenziato che sussisteva la consapevolezza del ricorrente di non poter arbitrariamente, e senza avvisare preventivamente l’altro genitore, prelevare nuovamente la bambina dall'asilo e decidere di portarla con sé in un luogo lontano, senza comunicarlo immediatamente alla madre della minore, interrompendo i contatti telefonici, ripristinati solo una volta giunto a destinazione, e trattenendo la bambina per svariati giorni in un ambiente diverso sino all'intervento dell'autorità giudiziaria, sollecitato dalla madre della minore, allarmata dalla reiterazione della condotta e preoccupata per l'assenza di informazioni sulla destinazione della figlia, temendo persino che il padre l'avesse portata all'estero.

La Suprema Corte evidenzia che, in assenza di regolamentazione dei rapporti e di provvedimenti giudiziali di affidamento, l'esercizio del diritto non può risolversi nel contrastare in modo duraturo l'uguale diritto dell'altro genitore e nell'accordare prevalenza all'uno piuttosto che all'altro.

Gli Ermellini pongono, altresì, attenzione sul fatto che l'art. 574 cod. pen. non è diretto a tutelare esclusivamente l'interesse del titolare del diritto, ma anche e, soprattutto, l'interesse del minore.

Ne deriva che, in presenza di situazioni conflittuali, come quella in esame, il reato non ha natura istantanea, ma permanente ed è configurabile ogni qualvolta l'impedimento all'esercizio dell'altrui responsabilità genitoriale si protragga per un periodo di tempo rilevante, in quanto la sottrazione o il trattenimento del minore, pur non potendo ritenersi immediatamente lesivi dell'interesse di questi costituendo esercizio delle prerogative genitoriali, assumono una connotazione penalmente rilevante quando si traducono non solo in un impedimento durevole per l'esercizio del diritto dell'altro genitore, ma anche per il minore, cui viene impedito di mantenere con lo stesso consuetudini e comunanza di vita.

Nel caso in esame, la Suprema Corte ha, dunque, ritenuto configurato il reato di sottrazione di persona incapace, tenuto conto della condotta dell’imputato, che aveva prelevato la minore dall'asilo senza avvertire la madre e interrotto i contatti nell'immediatezza, così da lasciarla nell'angoscia e nel timore che potesse portare la bambina all'estero, pregiudicando il rapporto di cura, vigilanza e assistenza della madre e, al contempo, il rapporto di consuetudine affettiva della madre e della minore.

La Corte di Cassazione ha concluso ritenendo che, nel caso in esame, siano stati correttamente applicati i consolidati principi elaborati dalla giurisprudenza in tema di sottrazione di minori confermando la sentenza di condanna emessa dalla Corte di Appello, evidenziando come “la decisione unilaterale del ricorrente di trattenere con sé la bambina per un periodo di tempo non limitato, sradicandola dall'ambiente in cui viveva per trasferirla in un luogo a lei sconosciuto, si è consapevolmente risolta nel disconoscimento del diritto della madre, senza alcuna considerazione per la serenità e la stabilità emotiva della minore con la quale non aveva rapporti frequenti né consuetudine di vita, e, soprattutto, trascurando che lo stesso obiettivo poteva essere legittimamente raggiunto rivolgendosi all'autorità giudiziaria”.

Allegati

Ok
Questo website usa solamente cookies tecnici per il suo funzionamento. Maggiori dettagli