Il legame di parentela nell’adozione in casi particolari

di avv. Rebecca Gelli

Con decreto del 20 gennaio 2022, il Tribunale per i Minorenni di Sassari, visto l’art. 44, comma 2, lettera d, della legge 4 maggio 1983, n. 184, ha dichiarato di far luogo all’adozione di una minore, nata all’estero, all’esito di un procedimento di gestazione per conto di terzi, da parte del compagno di vita del padre, con estensione dei legami di parentela dell’adottante in capo all’adottata. La domanda di adozione in casi particolari è stata accolta, in funzione del riscontro dell’esistenza di un profondo legame, in tutto assimilabile a quello che si instaura tra genitore e figlio, tra l’adottanda e il ricorrente: il quale, sin dalla nascita, aveva sempre convissuto con la bambina, contribuendo al suo sostentamento quotidiano, quale figura paritetica rispetto al padre.

Il vero profilo di novità del provvedimento risiede, tuttavia, nelle conseguenze che il Collegio fa discendere da tale pronuncia di adozione.

Nel caso di specie, infatti, la sentenza, ravvisati i presupposti per l’adozione, ha accertato e, conseguentemente, dichiarato il legame familiare tra adottanda e famiglia dell’adottante.

Nel merito, dunque, il Tribunale ha ritenuto che l’adozione in casi particolari, nella fattispecie di cui all’art. 44, comma 2, lettera d, della legge 4 maggio 1983, n. 184, comportasse come “effetto naturale” l’estensione dei legami familiari dell’adottante al soggetto adottato.

Com’è noto, l’art. 1 della legge 10 dicembre 2012, n. 219 ha, infatti, modificato l’art. 74 c.c., il quale oggi non solo prevede che: “La parentela è il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite”, ma precisa che tale legame sorge: “sia nel caso in cui la filiazione è avvenuta all’interno del matrimonio, sia nel caso in cui è avvenuta al di fuori di esso, sia nel caso in cui il figlio è adottivo”, specificando, a sua volta, che: “Il vincolo di parentela non sorge nei casi di adozione di persone maggiori di età, di cui agli articoli 291 e seguenti”.

A giudizio del Tribunale, tale novella legislativa avrebbe determinato l’implicita abrogazione dell’art. 55 della legge 4 maggio 1983, n. 184, nella parte in cui dispone che, all’adozione in casi particolari, si applichi l’art. 300 c.c., a mente del quale: “L’adozione non induce alcun rapporto civile tra l’adottante e la famiglia dell’adottato, né tra l’adottato e i parenti dell’adottante, salve le eccezioni stabilite dalla legge”.

L’interpretatio abrogans di tale norma non solo sarebbe conforme al tenore letterale della legge, che esclude dall’orizzonte di tutela del legame parentale solo l’adozione di maggiorenni, ma risulterebbe fedele anche a più profonde considerazioni di ordine teleologico e storico-sistematico dell’ordinamento.

Da una parte, infatti, la nuova formulazione dell’art. 74 c.c. è ispirata all’esigenza di unificare lo status di figlio, eliminando differenze di tutela che, a parità di intensità sentimentale, assistenziale e valoriale del rapporto, sarebbero foriere di una diseguaglianza censurabile, ai sensi dell’art. 3 Cost.

Dall’altra, la disposizione di cui all’art. 44, comma 2, lettera d, della legge 4 maggio 1983, n. 184, nel prendere in considerazione i casi di constatata impossibilità di affidamento preadottivo, avrebbe, nel tempo, “mutato la propria strumentalità giuridica.

Mentre, infatti, inizialmente, la norma rispondeva all’esigenza di conferire dignità giuridica a peculiari situazioni di fatto che davano luogo a relazioni esterne, rispetto al contesto della famiglia di origine del minore, oggi, la disposizione serve a “salvaguardare senza differenze il nucleo familiare di riferimento del minore”, tutelando rapporti che, pur non trovando la loro genesi nella procreazione o nell’adozione in senso stretto, sono in tutto assimilabili ad un vero e proprio legame parentale, altrimenti non riconosciuto dall’ordinamento (come l’adozione da parte di single o, come in specie, di una coppia omoaffettiva).

In altre parole, l’evoluzione della sensibilità sociale rispetto a situazioni di fatto che, un tempo, non erano considerate meritevoli di tutela giuridica, avrebbe determinato una progressiva attrazione della disciplina di cui all’art. 44, comma 2, lettera d, della legge 4 maggio 1983, n. 184, all’orbita dell’adozione minorile, e il conseguente venir meno dei precedenti punti di analogia tra l’istituto e l’adozione di maggiorenne.

In tal senso, l’equiparazione tra adozione in casi particolari e filiazione tout court rappresenta un’importante affermazione di principio, non scevra di effetti pratici, in quanto l’estensione del nucleo familiare ai parenti dell’adottante postula importanti conseguenze nei confronti del minore adottato, non solo sotto il profilo strettamente giusfamiliare, ma anche ai fini successori.

La soluzione proposta dal Tribunale in commento ha, peraltro, trovato il suo avallo anche da parte della Corte Costituzionale che, recentemente, si è riunita in camera di consiglio per esaminare la questione oggetto del procedimento e, in attesa del deposito della sentenza, con il comunicato del 24 febbraio 2022, ha fatto sapere che le disposizioni censurate sono state dichiarate incostituzionali, nella parte in cui prevedono che l’adozione non induce alcun rapporto civile tra l’adottato e i parenti dell’adottante.

La Consulta ha, dunque, confermato che: “Il mancato riconoscimento dei rapporti civili con i parenti dell’adottante discrimina, in violazione dell’articolo 3 della Costituzione, il bambino adottato in casi particolari rispetto agli altri figli e lo priva di relazioni giuridiche che contribuiscono a formare la sua identità e a consolidare la sua dimensione personale e patrimoniale, in contrasto con gli articoli 31, secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione in relazione all’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo”.

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