Il nesso di causalità tra la somministrazione vaccinale e la malattia deve valutarsi secondo un criterio di ragionevole probabilità scientifica

IL CASO. La Corte d’appello di Lecce, recependo le conclusioni del nominato c.t.u., confermava la sentenza con la quale il Tribunale di Brindisi aveva rigettato la domanda, proposta da due genitori in nome e per conto della figlia, diretta ad ottenere l’indennizzo e l’assegno una tantum previsti dalla legge n. 210/1992 a favore delle persone danneggiate da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie e trasfusioni. In base alla consulenza espletata, infatti, doveva ritenersi esclusa la sussistenza del nesso di causalità tra le vaccinazioni effettuate dalla minore e le patologie di cui la stessa era affetta (encefalopatia con ritardo neuro psicomotorio, epilessia, ipotonia, cecità). La correlazione eziologica tra la malattia e le vaccinazioni, infatti, si presentava solo come mera possibilità.
Avverso la decisione della Corte d’appello i genitori della minore avevano proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.
Col primo veniva denunciata la falsa applicazione della L. n. 210/1992 anche in relazione all’applicazione del criterio di accertamento del nesso causale.
Col secondo veniva denunciata l’omessa motivazione in relazione alla richiesta di rinnovazione della c.t.u..
LA DECISIONE. La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con ordinanza n. 2474/2020 dell’8 settembre 2020, ha rigettato il ricorso per infondatezza del primo motivo ed inammissibilità del secondo.
La Suprema Corte ha anzitutto ritenuto che la prima censura dei ricorrenti si risolvesse più che altro in una inammissibile rivalutazione dei dati di causa, in senso più conforme alle loro prospettazioni. 
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, infatti,

laddove la critica alla sentenza che abbia aderito alle conclusioni della consulenza espletata non riguardi la “palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica” o l’“omissione degli accertamenti strumentali” imprescindibili, essa si traduce in un mero dissenso diagnostico. 

La Corte territoriale, dunque, recependo le conclusioni della c.t.u. si era correttamente attenuta ai principi ampiamente riconosciuti dalla giurisprudenza nella materia di cui si discute, in base ai quali

la prova dell’interessato ha ad oggetto l’effettuazione della somministrazione vaccinale e il verificarsi dei danni alla salute e il nesso causale tra la prima e i secondi, da valutarsi secondo un criterio di ragionevole probabilità scientifica”.

Quanto alla censurata omessa motivazione sulla rinnovazione delle c.t.u., la Suprema Corte ha ribadito che può essere denunciato in Cassazione, oltre “all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante”,

solo il vizio dell’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti da testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo”. Tra i fatti storici non può essere ricompresa la richiesta di rinnovazione di un nuovo c.t.u., ed inoltre “il rinnovo dell’indagine tecnica rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito, sicché non è neppure necessaria una espressa pronunzia”.

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