Per la Cassazione l’affidamento del minore al Servizio Sociale disposto ai sensi dell'art. 337 ter c.c. può essere illimitato

IL CASO. Il Tribunale di Vicenza, con un decreto dell’ottobre 2016, aveva disposto, in via definitiva, l’affidamento del minore Tizietto ai Servizi Sociali ed il suo collocamento in una famiglia.
Tale decisione era stata parzialmente riformata dalla Corte d’appello di Venezia.
Quest’ultima, “considerati, all'esito di un periodo di verifica con collocamento semestrale del minore presso una struttura pubblica, sia la carenza di prova circa gli abusi sessuali compiuti dal padre ai danni del figlio, sia il profilo psicologico della madre, come emerso in una consulenza tecnica d'ufficio, sia gli esiti delle osservazioni del rapporto del minore con il padre”, aveva infatti “confermato l'affidamento del minore ai Servizi Sociali, ma con collocamento dello stesso presso l'abitazione della madre”, nonché “disposto un progressivo incremento del diritto di visita del padre, secondo un calendario da predisporsi dai Servizi Sociali, con pernottamento del minore presso il padre ed introduzione di periodi alternati tra i genitori di permanenza del minore in occasione delle festività”.
Avverso il succitato decreto la madre Tizia aveva proposto ricorso per cassazione, in base a tre motivi.
Coi primi due, la ricorrente lamentava “sia l'omesso esame ex art. 360 c.p.c., n. 5, di fatto decisivo per il giudizio sia la nullità della sentenza, ex art. 360 c.p.c., n. 4, per omessa motivazione, in violazione dell'art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all'attuale idoneità del padre ad accogliere il minore presso di sé per lunghi periodi, secondo la regola della libertà di visita del padre e della progressiva implementazione degli incontri tra padre e figlio”.
Ad avviso della ricorrente, infatti, la Corte d’appello “da un lato, non [aveva] correttamente esaminato il materiale istruttorio dal quale emergevano difficoltà emotive ed affettive del [Caio] e, dall'altro lato, [aveva] omesso di disciplinare nel dettaglio le visite del padre, rimettendo la predisposizione del relativo calendario ai Servizi Sociali”.
Con il terzo motivo Tizia aveva censurato “la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, della L. n. 184 del 1983, art. 4 commi 3 e 4, avendo la Corte confermato l'affidamento del minore ai Servizi Sociali senza determinare le modalità e la durata dell'incarico”.

LA DECISIONE. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 28998 /2018, ha ritenuto che il primo motivo fosse “inammissibile … alla luce della nuova formulazione dell'art. 360 c.p.c., n. 5, non vertendosi in ipotesi di omesso esame di un fatto storico oggetto di discussione tra le parti”, perché “la Corte d'appello risulta[va] avere esaminato la consulenza tecnica d'ufficio espletata in giudizio e la relazione semestrale dei Servizi Sociali, durante il periodo di collocamento del minore presso una struttura pubblica, a fini di osservazione e verifica”.
Pertanto, il Giudice di legittimità ha avallato “il provvedimento definitivo della Corte d'appello, di collocamento del minore presso la madre, fermo l'affidamento familiare ai Servizi Sociali”, stante la sua “evidente finalità di precostituire, se possibile, le condizioni per il ripristino di una condivisa bigenitorialità tutelando da subito nel modo più penetrante il minore”.
Ciò che giustificava, secondo la Cassazione, “le varie disposizioni intese nell'immediatezza ad attribuire ai Servizi sociali un ruolo di supplenza e di garanzia e intese a far iniziare ai genitori un percorso terapeutico finalizzato al superamento del conflitto e alla corretta instaurazione di una relazione basata sul rispetto reciproco nella relazione con il figlio".
Il Giudice di legittimità ha altresì ritenuto “infondati” gli ulteriori due motivi.
In particolare, si è soffermato sul terzo, cogliendo l’occasione per rilevare la differenza tra l’“affidamento familiare” previsto dall’art. 337 ter c.c.  e quello disciplinato dalla Legge n. 184/1983, art. 4, commi 3 e 4.
Quanto all’affidamento familiare ex art. 337 ter c.c., applicato dalla Corte d’appello di Venezia nel caso de quo, ha osservato che esso consiste nella “possibilità, nell'ambito dei provvedimenti che può adottare il Tribunale ordinario riguardanti i figli (nella specie, nati fuori del matrimonio), di un provvedimento di affidamento familiare, in caso di temporanea impossibilità di affidare il minore ad uno dei genitori; all'attuazione del provvedimento, anche d'ufficio, provvederà il giudice tutelare, cui copia del provvedimento sarà trasmessa a cura del pubblico ministero”.
Al contrario, l’affidamento familiare ex art. 4, commi 3 e 4 della Legge n. 184/1983, cui aveva fatto riferimento la madre Tizia, trova applicazione nel caso di “minore che sia temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo” e consiste in “una misura di assistenza alla famiglia che si trovi nella temporanea difficoltà di provvedere ai propri figli”.
La Cassazione ha, quindi, precisato come

solo “in tale [ultima] ipotesi [e non già, quindi, nel caso di affidamento familiare ex art. 337 ter c.c.], nel provvedimento del tribunale per i minorenni, ove manchi il consenso dei genitori o del tutore, deve essere indicata la presumibile durata dell'affidamento, che tuttavia non può superare i 24 mesi e che è prorogabile solo se la sospensione può recare pregiudizio al minore, le modalità di esercizio dei poteri degli affidatari, i modi in cui i genitori e gli altri familiari possono mantenere i rapporti con i minori”.

Il Giudice di legittimità ha quindi concluso come il provvedimento della Corte d’appello fosse stato “sufficientemente dettagliato e corretto”.
Ciò perché “la Corte distrettuale [aveva] previsto che il Servizio Sociale competente (che già aveva seguito il minore) [dovesse] offrire un percorso di sostegno alla genitorialità alle parti ed una terapia psicologica individuale ai due genitori, fermi gli interventi già adottati a tutela del minore e la collocazione del minore presso la madre”.
Inoltre, “la frequentazione dei genitori (ed in particolare del padre) da parte del figlio [era] stata regolata, prevedendosi, secondo un calendario … predisposto dai Servizi Sociali, un graduale allargamento dei tempi di permanenza (anche di pernottamento) presso il padre, in considerazione dell'età e dei migliorati rapporti con il figlio, salva l'introduzione di periodi alternati tra i genitori di permanenza del minore con ciascuno di loro durante i periodi festivi”.
La Cassazione ha, quindi, concluso che “in tale tipo di provvedimento, deve ritenersi meramente conseguente l'obbligo per il servizio sociale di seguire costantemente l'andamento delle relazioni familiari, segnalando tempestivamente alla Procura della Repubblica ogni comportamento nocivo per i minori o, comunque, inadempiente rispetto alle prescrizioni del Tribunale, nonché la necessità di eventuali provvedimenti ulteriormente restrittivi della responsabilità genitoriale; il Servizio Sociale ha inoltre il dovere di segnalare alle parti la eventuale proficua conclusione degli interventi messi in campo e quindi la possibilità di ripristinare l'affidamento genitoriale, cosicché le stesse si facciano promotrici di un eventuale procedimento di modifica presso il Tribunale ordinario”.

Pertanto, per la Cassazione l’affidamento del minore al Servizio Sociale disposto ai sensi dell'art. 337 ter c.c. è legittimo anche se privo di un termine di durata (e/o di sue modalità d’esercizio), ben potendo (rectius: dovendo) lo stesso Servizio segnalare ogni circostanza idonea a determinarne la sua naturale cessazione o modificazione e, quindi, la sua delimitazione.

 

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