Le linee guida revisionate della “Association of Family and Conciliation Courts” per la coordinazione genitoriale

di avv. Gabriella Dal Molin

La figura del coordinatore genitoriale, mutuata dall’esperienza statunitense, è stata introdotta nel panorama giuridico italiano dalla giurisprudenza di merito degli ultimi sette anni (si veda in proposito l’ordinanza del Tribunale di Treviso in data 4 agosto 2017 annotata in questa Newsletter del luglio 2018).

In assenza di specifico supporto normativo, i Giudici, facendo uso del generico potere di adottare “…ogni altro provvedimento relativo alla prole…” di cui all’art. 337 ter c.c., comma 2, hanno sperimentato, con varie declinazioni, questo metodo alternativo per la risoluzione delle controversie, insorte all’interno della coppia con prole ad elevato livello di conflittualità, con l’obbiettivo di salvaguardare, nel “best interest of the child”, il principio della bigenitorialità.

La legge delega n. 206/2021, che ha riconosciuto ampio spazio operativo a tutte le ADR, ha introdotto, seppur senza spendere il nome della coordinazione genitoriale, una figura professionale che ne ricalca perfettamente le competenze: “prevedere la facoltà per il giudice … su richiesta concorde delle parti, di nominare un professionista … dotato di specifiche competenze in grado di coadiuvare il giudice per determinati interventi sul nucleo familiare, per superare conflitti tra le parti, per fornire ausilio per i minori e per la ripresa o il miglioramento delle relazioni tra genitori e figli…”  (comma 23, lettera ee).

Questa apertura legislativa, calata in un contesto socio-culturale caratterizzato da rapporti familiari sempre più “liquidi”, rende più che mai attuali le linee guida americane, le quali, se in passato sono state di ispirazione per i giudici del merito, in futuro lo potranno essere per il legislatore in attuazione della delega.

Le linee guida AFCC pubblicate nel 2019 sono il risultato della revisione della precedente versione del 2005, motivata dalla necessità di un aggiornamento per considerare la casistica conseguente alla loro vasta utilizzazione a livello internazionale, nonché il sempre maggiore impiego della tecnologia all’interno del procedimento.

Secondo quanto ha rilevato il “Gruppo Mediazione, Negoziazione, ADR” istituito dall’Osservatorio sulla Giustizia Civile di Milano, queste linee guida “sono le più utilizzate al mondo … e forniscono le direttrici per strutturare il processo di coordinazione genitoriale”.

Le linee guida non contengono pratiche obbligatorie ma “indicazioni su buone pratiche, titoli, formazione e obblighi etici del coordinatore genitoriale”; nel testo viene utilizzato il termine deve” per indicare “l’aderenza più vincolante alle linee guida”, che non permette al professionista di discostarsi da esse, il termine “dovrebbe” indica che la pratica è altamente auspicabile, mentre il termine “può “ indica l’aderenza meno vincolante, utilizzabile a discrezionalità del coordinaore genitoriale.

Il metodo proposto da AFCC viene generalmente indicato come “modello integrato”: l’attività del coordinatore genitoriale richiede un approccio multidisciplinare a cavallo tra la pratica giuridica e quella della salute mentale, ed è centrata, come abbiamo detto, sui bisogni dei figli.

La prima linea guida considera la formazione specifica richiesta al coordinatore genitoriale, evidenziando la necessità che egli provveda continuativamente “all’aggiornamento professionale dei suoi ruoli e delle sue funzioni”: deve, fra l’altro, “essere accreditato in materia di salute mentale o diritto di famiglia, oppure un mediatore familiare certificato, qualificato e accreditato secondo la normativa della propria giurisdizione …dovrebbe inoltre aver accumulato una solida esperienza pratica in casi di famiglie con dinamiche di alta conflittualità fra co-genitori … deve essere formato in materia di coordinazione genitoriale, di dinamiche familiari relative a separazione e divorzio, dinamiche legate a genitori che non sono sposati … violenza fra partner e maltrattamento di minori”.

Le linee guida sono corredate da un’appendice in cui vengono definiti, nel dettaglio, i programmi dei corsi di formazione per coloro che sono interessati a svolgere tale ruolo.

In caso di conflitto tra leggi e linee guida prevale il dato normativo della giurisdizione cui appartiene il professionista.

La seconda, la terza e la quarta linea guida stabiliscono, con forza, la posizione di terzerietà che il coordinatore genitoriale deve assumere nell’esercizio della sua attività, delimitando altresì i confini del suo operato.

Nell’esercizio della sua attività il coordinatore genitoriale deve essere imparziale: “l’imparzialità è qui definita come assenza di favoritismi o preferenze e preconcetti sia nelle parole che nei fatti … non deve permettere che i suoi valori personali e morali o le sue credenze compromettano il processo di coordinazione”; in ogni caso deve informare gli assistiti di ogni situazione che possa compromettere la sua imparzialità.

Il coordinatore genitoriale non può accettare un incarico che lo ponga in conflitto d’interesse con i co-genitori, i figli e gli altri membri della famiglia, se ciò accade può inviare il caso ad altri professionisti. Egli non deve accettare un caso se, precedentemente, ha “già prestato servizi professionali alle stesse parti”, inotre non deve fornire alla stessa famiglia servizi diversi rispetto a quelli attinenti allo svolgimento della pratica di coordinazione genitoriale.

Secondo la quinta linea guida, il professionista deve informare le parti circa i limiti alla riservatezza che connotano questo ruolo: “le informazioni condivise non sono confidenziali” e possono, quindi, essere condivise con gli altri soggetti coinvolti, quali, ad esempio i membri delle famiglie estese. Se viene coinvolto un minore, il coordinatore dovrebbe fornire le informazioni sulle limitazioni alla riservatezza in un linguaggio a lui adeguato e comprensibile.

Il coordinatore genitoriale deve garantire la riservatezza dei dati raccolti nel corso della pratica “conformemente a quanto stabilito dalla sua certficazione, dalla legge o dal provvedimento del tribunale”.

La sesta linea guida individua la sfera di competenza del coordinatore: dovrebbe intraprendere il servizio dopo avere ricevuto “l’incarico dal tribunale”, ovvero, nelle giurisdizioni in cui ciò non è possibile, sulla base di un contratto tra le parti. Il provvedimento o il contratto dovrebbero definire gli aspetti fondamentali della pratica, fra cui : “durata del servizio, definizione e scopo del ruolo di coordinazione genitoriale, sfera di competenza … procedure della coordinazione genitoriale … procedure per presentare reclamo e procedure per la cessazione del servizio”.

La settima linea guida individua, puntualmente, le funzioni mediante le quali il coordinatore deve aiutare le parti a ridurre il conflitto perseguendo il miglior interesse per i figli.

In sintesi, il ruolo del coordinatore genitoriale implica l’esercizio delle seguenti funzioni:

A) funzione di valutazione: prima di iniziare il percorso deve raccogliere ed esaminare tutta la documentazione e le informazioni inerenti la situazione familiare da trattare per valutare se i co-genitori sono adeguati a tale pratica,

B) funzione di monitoraggio e analisi: il professionista deve valutare l’adeguatezza dei co-genitori a proseguire il processo, nonché l’efficacia “delle tecniche e degli interventi attuati”;

C) funzione di educazione: il coordinatore genitoriale dovrebbe istruire i co-genitori sullo sviluppo dei figli e sull’impatto che il loro conflitto ha sulla prole; “può fungere da modello o insegnare competenze e fornire indicazioni/correzioni”; dovrebbe altresì facilitare la comunicazione tra co-genitori eventualmente stabilendo dei protocolli improntati al rispetto reciproco ed orientati verso i figli;

D) funzione di gestione e coordinazione dei casi: il coordinatore dovrebbe interfacciarsi con i professionisti e le istituzioni coinvolti nel caso interagendo anche con la famiglia allargata;

E) funzione di gestione e contenimento del conflitto: nei casi di violenza il coordinatore genitoriale dovrebbe adattare le tecniche ai fini di prevenire possibili coercizioni;

G) funzione decisionale: se i genitori non sono in grado di decidere, il coordinatore genitoriale può essere autorizzato a prendere decisioni legalmente vincolanti, ovvero può aiutare i co-genitori ad elaborare o revisionare un piano genitoriale.

Quest’ultima funzione attribuita al coordinatore genitoriale, di estrema delicatezza, viene ulteriormente specificata nell’undicesima linea guida intitolata, appunto, al processo decisionale.

Il coordinatore genitoriale dovrebbe, anzitutto, cercare di “facilitare il raggiungimento di un accordo e di un contratto tra co-genitori … in ogni controversia che rientri nella sua sfera di competenza”. Tuttavia, il coordinatore può essere autorizzato a prendere decisioni a nome dei co-genitori quando questi non riescano a raggiungere un accordo, limitatamente “alle questioni riportate nel provvedimento del tribunale o nel contratto tra genitori”. In assenza potrà solo esprimere raccomandazioni ai co-genitori o al tribunale.

In ogni caso, il coordinatore genitoriale “non deve prendere decisioni che potrebbero cambiare l’affidamento o modificare sostanzialmente il piano genitoriale”.

Infine, il coordinatore genitoriale deve tutelare “la sicurezza di tutti i clienti per l’intera durata del processo di coordinazione”. In presenza di episodi di violenza tra partner, deve rifiutare il caso se non è in grado di gestire tale criticità (tredicesima linea guida).

Le residue linee guida considerano gli elementi accessori allo svolgimento della pratica di coordinazione genitoriale. Ovvero: indicazioni riguardo l’attività promozionale del coordinatore genitoriale (dodicesima linea guida), i costi della procedura (nona linea guida), le modalità di comunicazione e archiviazione dei dati (decima linea guida) e i rischi connessi al sempre maggior utilizzo della tecnologia (quattordicesima linea guida).

Nota di redazione: in allegato le linee guida nel testo originale in inglese ed una traduzione in lingua italiana “non ufficiale”.

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