Il trasferimento del genitore collocatario: quale sorte per la bigenitorialità?

di avv. Rebecca Gelli

Con ordinanza del 14 febbraio 2022, la Cassazione ha respinto il ricorso contro la decisione della Corte d'Appello di Genova che, ribaltando le conclusioni cui era pervenuto il Tribunale, aveva autorizzato la madre a trasferirsi con il figlio dalla Liguria alle Marche, nel paese natale della donna, dove il minore aveva già vissuto nei primi tre anni di vita. 

Secondo il ricorrente, la Corte di merito aveva posto in secondo piano il diritto del minore a crescere, secondo una stabile consuetudine di vita e di salde relazioni affettive con entrambi i genitori, escludendo il padre dalla vita quotidiana del figlio e privilegiando la libertà della madre di tornare nella propria famiglia di origine.

In via preliminare, la Suprema Corte, dando conto di un contrasto in seno alla Prima Sezione, ha confermato l'ammissibilità dell’impugnazione, ritenendo di non aderire all’orientamento che propende per il carattere non definitivo e rebus sic stantibus dei provvedimenti sul regime di frequentazione tra figli e genitori (Cass., 19 gennaio 2022, n. 1568; Cass., 11 gennaio 2022, n. 614; Cass., 11 novembre 2021, n. 33612) e argomentando, per converso, l’opportunità di evitare un diniego di tutela giurisdizionale del diritto alla bigenitorialità, quale proiezione del diritto al rispetto della vita familiare, sancito dall'art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (Cass., 8 aprile 2019, n. 9764, anche in riferimento a Corte EDU 9 febbraio 2017, Solarino c. Italia).

Nel merito, la Suprema Corte ha, tuttavia, rigettato il ricorso, perché infondato, escludendo che, nell'accogliere il reclamo, la Corte di merito avesse violato l’interesse preminente del figlio. 

Da una parte, infatti, il provvedimento impugnato aveva escluso il pericolo di sradicamento del minore dal luogo di residenza, valorizzando sia la tenera età del bambino, nel rilievo che a cinque-sei anni avesse certa capacità di adattamento a nuove situazioni, sia la sua pregressa esperienza, presso l'abitazione dei nonni materni, a cui faceva ritorno.

Dall’altra, la Corte d’Appello aveva rimodulato il calendario, le modalità di visita e i tempi di permanenza del minore presso il genitore non collocatario, ampliando il regime di visita del padre, stabilendo due videochiamate al giorno e riconoscendo una maggiore consistenza al periodo estivo di frequentazione, così mitigando le conseguenze derivanti dal trasferimento.

In ogni caso, individuando il punto di equilibrio tra le posizioni dei soggetti in lite e statuendo sul conflitto, il Giudice a quo aveva preso in considerazione tutti i fatti storici rappresentati dal ricorrente (trauma all'equilibrio psicofisico del minore per l’impossibilità di mantenere una continuativa frequentazione con il padre, in ragione della rilevanza chilometrica tra le città; precarietà dell'occasione lavorativa offerta alla madre presso la nuova residenza, per un periodo di soli tre mesi; ingenti spese di viaggio che il genitore non collocatario avrebbe dovuto affrontare per spostarsi).

All’esito di tale valutazione, la Suprema Corte ha, dunque, affermato il principio secondo il quale, là dove si verifichi la crisi della coppia, il giudice del merito, chiamato a autorizzare il trasferimento di residenza, deve contemperare il diritto del minore al mantenimento di rapporti equilibrati e continuativi con entrambi i genitori con gli interessi del genitore collocatario e dell’altro genitore, rispetto alla cui composizione l'interesse primario del figlio deve porsi quale punto di “tenuta” o “caduta” della mediazione.

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