Art. 574 bis c.p.: Illegittimo l’automatismo sanzionatorio della sospensione dall’esercizio della responsabilità genitoriale

IL CASO. Il Tribunale di Grosseto condannava ad anni due e mesi uno di reclusione, oltre alla pena accessoria della sospensione dall’esercizio della responsabilità genitoriale, una cittadina austriaca che, in più occasioni, aveva sottratto i figli minori al padre, conducendoli all’estero (artt. 81, comma 2, e 574 bis c.p.) ed eludendo, altresì, il provvedimento di affidamento condiviso pronunciato dal Tribunale per i Minorenni di Firenze (artt. 81, comma 2, e 388, comma 2, c.p.). 

Confermata la sentenza di condanna ad opera della Corte d’appello di Firenze, la difesa dell’imputata proponeva ricorso per cassazione, eccependo, tra le varie censure, anche l’illegittimità costituzionale della previsione della pena accessoria suindicata quale conseguenza ineluttabile della condanna per il delitto di cui all’art. 574 bis c.p..

Ravvisata la non manifesta infondatezza della questione prospettata, la sesta sezione penale della Corte di Cassazione sollevava, con ordinanza, un incidente di costituzionalità avente ad oggetto la conformità degli artt. 34 e 574 bis c.p., rispetto agli artt. 2, 3, 27 terzo comma, 30 e 31 Cost., nonché con riferimento all’art. 10 della Carta, in relazione alla Convenzione sui diritti del fanciullo, firmata a New York il 20 novembre 1989.

Il Giudice a quo dubitava, infatti, della legittimità costituzionale delle suindicate norme codicistiche nella parte in cui queste impongono che alla condanna per la fattispecie di cui all’art. 574 bis c.p., commessa dal genitore in danno del figlio minore, consegua automaticamente (art. 574 bis, comma 3, c.p.) e per un periodo predeterminato dalla legge (art. 34, comma 2, c.p.), la sospensione dall’esercizio della responsabilità genitoriale.

Il suddetto automatismo applicativo, chiosava il giudice remittente, rischiava, infatti, di collidere con il principio di preminenza dell’interesse del minore. Tale interesse - ricavabile dal combinato disposto tra le suindicate disposizioni di rango costituzionale - deve, infatti, ispirare qualsivoglia decisione promanante da una pubblica autorità che abbia ad oggetto la posizione di un infradiciottenne.

La diretta consequenzialità tra la condanna per il delitto in oggetto e la sanzione interdittiva si sarebbe posta, altresì, in contrasto con il principio di proporzionalità della pena, di cui agli artt. 3 e 27, terzo comma Cost.; ad analoga conclusione si sarebbe dovuti, infine, pervenire con riferimento al quantum della pena accessoria comminata dal legislatore (pari, inderogabilmente, al doppio della pena detentiva irrogata dal giudice, ex art. 34, comma 2 c.p.), con conseguente vulnus ai canoni di proporzionalità ed individualizzazione della pena di cui agli artt. 3 e 27, terzo comma Cost.

LA DECISIONE. Con la sentenza n. 102/2020, il Giudice delle leggi traccia una ricostruzione sistematica di quella fitta trama di norme che concorrono a determinare il novero dei diritti e dei doveri riconducibili alla nozione di “responsabilità genitoriale”: questo concetto viene, infatti, considerato solo nominalmente dalla prima tra le norme censurate (l’art. 34 c.p.), la quale si limita a regolare l’an ed il quomodo della pena accessoria interdittiva (comminata per tutti i delitti commessi con abuso della responsabilità stessa).

Viene, a questo proposito, in considerazione la disciplina dettata dal codice civile (art. 316 c.c.) e dalle norme sovranazionali (reg. CE n. 2201/2003 – c.d. Bruxelles II bis); un ulteriore richiamo spetta, infine, agli artt. 330 e 333 c.c., cui l’art. 34, comma 5 c.p., fa implicito rimando nella parte in cui prescrive la trasmissione degli atti al Tribunale per i Minorenni, affinché vengano adottate le più opportune determinazioni nell’ipotesi in cui il giudice penale ritenga di applicare l’istituto della sospensione condizionale della pena (che, come noto, si estende anche alle sanzioni accessorie, ai sensi dell’art. 166 c.p.).

Successivamente, il Giudice delle leggi analizza la seconda disposizione oggetto di scrutinio di costituzionalità: l’art. 574 bis c.p. 

Detta norma tratteggia due distinte ipotesi criminose: la prima (punita con la reclusione da uno a quattro anni) si configura nel caso in cui la sottrazione del minore all’esercente la responsabilità genitoriale - mediante il trasferimento o il trattenimento del fanciullo all’estero - impedisca in tutto o in parte l’esercizio del predetto munus; la seconda (punita con la reclusione da sei mesi a tre anni) <<è caratterizzata dalla sottrazione o trattenimento di minore ultraquattordicenne con il suo consenso […] Il terzo comma dell’art. 574-bis prevede, come conseguenza automatica della condanna, la pena accessoria della sospensione dall’esercizio della responsabilità genitoriale a carico del genitore che abbia commesso il fatto “in danno del figlio minore”>>. La durata della pena accessoria, alla luce dell’art. 34, comma 2, c.p., dovrà essere pari al doppio della pena principale in concreto inflitta.

La Corte ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 34 c.p.: tale disposizione tratteggia, infatti, una norma di carattere generale rispetto all’art. 574 bis c.p., la quale, a sua volta, commina la sanzione interdittiva in commento quale specifica conseguenza del reato di sottrazione e trattenimento di minore all’estero.

Lo stesso dicasi con riferimento alla censura avente ad oggetto l’art. 10 Cost., in relazione alla Convenzione sui diritti del fanciullo: la disposizione costituzionale concerne, infatti, il cosiddetto diritto internazionale generale (le c.d. norme consuetudinarie); la Convenzione riguarda, invece, il diritto internazionale pattizio, il quale vincola <<il potere legislativo statale e regionale ai sensi e nei limiti di cui all’art. 117, primo comma, Cost., secondo le note scansioni enucleate dalle sentenze n. 348 e n. 349 del 2007 (nel senso, per l’appunto, del rilievo ex art. 117, primo comma, Cost. della Convenzione sui diritti del fanciullo, sentenza n. 7 del 2013)>>.

È stata, invece, ritenuta fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 574 bis, terzo comma, c.p., con riferimento agli artt. 2, 3, 30 e 31 Cost. 

Chiosa, invero, la Corte: <<Richiamando tali parametri costituzionali, il giudice a quo in buona sostanza dubita della legittimità della disciplina censurata sotto un triplice concorrente profilo, in quanto: a) imporrebbe al giudice penale di irrogare la sanzione accessoria della sospensione dall’esercizio dalla responsabilità genitoriale anche allorché ciò sia contrario all’interesse preminente del minore, b) violerebbe il diritto del minore di mantenere relazioni con entrambi i genitori, e c) introdurrebbe un automatismo incompatibile con la necessità di una valutazione caso per caso dell’adozione di un provvedimento che riguarda direttamente il minore>>.

Sotto il primo profilo, il Giudice delle leggi ritiene vengano in rilievo i parametri di cui agli artt. 30 e 31 Cost.

Richiamate le fonti sovranazionali, pattizie e giurisprudenziali, sulla cui scorta è stato enucleato il principio del c.d. best interest of the child, la Corte costituzionale si sofferma sul diritto del minore a mantenere un rapporto con entrambi i genitori. Detta prerogativa (promanante tanto dagli artt. 315 bis, primo e secondo comma e 337 ter, primo comma c.c., quanto da una pluralità di fonti sovranazionali ed internazionali) trova un addentellato in seno all’art. 30 Cost., <<il cui primo comma, sancendo il dovere dei genitori di “educare” i figli, non può che presupporre il correlativo diritto del minore a essere educato da entrambi i genitori; ciò che necessariamente implica il suo diritto a vivere con loro una relazione diretta e personale, salvo che essa risulti in concreto pregiudizievole per i suoi interessi>>.

Trattasi di posizioni giuridiche soggettive che, peraltro, rientrano tutte nel novero della previsione di cui all’art. 2 Cost., che sancisce il riconoscimento dei diritti c.d. inviolabili dell’uomo.

L’imposizione legislativa di un automatico sacrificio del diritto del minore a mantenere una relazione con entrambi i genitori, con la conseguente impossibilità per il giudice <<di ricercare la soluzione ottimale per il minore nella situazione concreta […], appare riconducibile, altresì, all’ambito applicativo dell’art. 3 Cost., che vieta irragionevoli equiparazioni di trattamento di situazioni differenziate>>.

Tracciate, dunque, le coordinate costituzionali di riferimento, entro le quali si articola la prospettata censura, il Giudice delle leggi sviluppa gli argomenti sulla cui scorta perviene alla

declaratoria d’illegittimità costituzionale dell’art. 574-bis, terzo comma, c.p., nella parte in cui prevede che la condanna pronunciata contro il genitore per il delitto di sottrazione e mantenimento di minore all’estero - posto in essere ai danni del figlio minore - comporti la sospensione dall’esercizio della responsabilità genitoriale, anziché la possibilità per il giudice di disporre o meno la sospensione predetta all’esito del vaglio della fattispecie concreta.

Le ragioni dell’accoglimento della predetta questione risiedono, essenzialmente, nella circostanza che la sanzione accessoria in esame involge necessariamente la sfera del minore (figlio del genitore condannato) rescindendo il rapporto tra i due soggetti (o rendendone comunque più difficoltoso il mantenimento), col conseguente – e paradossale – rischio di danneggiare ulteriormente la giovane vittima: un esito siffatto collide, peraltro, con <<lo stesso principio di personalità della responsabilità penale di cui all’art. 27, primo comma, Cost., il cui contenuto minimale è pur sempre il divieto di prevedere a applicare pene a danno di una persona per un fatto altrui (sentenza n. 364 del 1988)>>.

Il punctum pruriens della disciplina in oggetto è, infatti, costituito dall’impossibilità, per il giudice penale, di valutare, caso per caso, se la sospensione dall’esercizio della responsabilità genitoriale costituisca o meno <<la soluzione ottimale per il minore>>: una conclusione siffatta – espressa dal legislatore in termini unidirezionali – deve necessariamente esprimere l’esito del prudente apprezzamento di tutte le circostanze che caratterizzano la fattispecie concreta; apprezzamento che, è appena il caso di sottolineare, dev’essere condotto avendo riguardo al precipuo interesse del soggetto debole:

<<Se, infatti, una misura che frappone significativi ostacoli alla relazione tra il figlio e il genitore in tanto può legittimarsi in quanto tale relazione risulti in concreto pregiudizievole per il figlio (artt. 8, comma 1, e 9, comma 1, della Convenzione sui diritti del fanciullo; art. 24, comma 3, CDFUE), in base al principio generale secondo cui ogni decisione che riguarda il minore deve essere guidata dal criterio della ricerca della soluzione ottimale per il suo interesse, la stessa applicazione della pena accessoria ora all’esame potrà giustificarsi solo ove risponda in concreto agli interessi del minore, da apprezzare secondo le circostanze di fatto esistenti al momento della sua applicazione: le quali, naturalmente, comprendono anche tutto ciò che è accaduto dopo il fatto da cui è scaturita la responsabilità penale del genitore. Tali circostanze ben potrebbero, infatti, aver evidenziato come il mantenimento del rapporto con il genitore autore della sottrazione o trattenimento all’estero non risulti pregiudizievole per il minore, e anzi corrisponda a un suo preciso interesse, che lo Stato avrebbe allora il dovere di salvaguardare, in via preminente rispetto alle stesse esigenze punitive nei confronti di chi abbia violato la legge penale>>.

   

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