Ricorribilità ex art.111 Cost. dei provvedimenti camerali de potestate e diritti dei nonni “acquisiti”

IL CASO. Con ricorso Tizio e Caia chiedevano al Tribunale per i minorenni di Roma di riconoscere loro il diritto di mantenere rapporti significativi con le nipoti minorenni Sempronia e Mevia, ai sensi dell'art. 317 bis cod. civ.. Il Tribunale adito dichiarava il difetto di legittimazione di Caia, in quanto seconda moglie di Tizio e, quindi, non ascendente, a sua volta, delle minori, mentre accoglieva la domanda proposta da quest'ultimo.
La Corte d'appello di Roma rigettava il reclamo incidentale di Caia (e di Tizio), in punto legittimazione della prima al ricorso. La Corte - pur dando atto della abituale frequentazione anche della ricorrente da parte delle due bambine - reputava insuperabile la lettera dell'art. 317 bis cod. civ., che legittima all'azione solo gli «ascendenti», ossia le persone legate da parentela in linea retta con i minori.
Per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso sia Caia che Tizio.

LA DECISIONE. Con la sentenza n. 19780/2018, per un primo aspetto, la Corte prosegue nella revisione critica dell'impostazione tradizionale per la quale i provvedimenti modificativi, ablativi o restitutivi della potestà dei genitori, resi dal giudice minorile ai sensi degli artt. 330, 332, 333 e 336 cod. civ (oggi richiamato anche dall'art. 317 bis cod. civ.), configurano espressione di giurisdizione volontaria non contenziosa e sono altresì soggetti alle regole generali del rito camerale.
Detti provvedimenti pertanto, sebbene adottati dalla corte d'appello in esito a reclamo, non sarebbero idonei, secondo l'orientamento tradizionale, ad acquistare autorità di giudicato, nemmeno «rebus sic stantibus», in quanto modificabili e revocabili non solo «ex nunc», per nuovi elementi sopravvenuti, ma anche «ex tunc», per un riesame (di merito o di legittimità) delle originarie risultanze. Di talché – sempre secondo tale indirizzo - essi esulerebbero dalla previsione dell'art.111 Cost. e non sarebbero, pertanto, impugnabili neppure con ricorso straordinario per cassazione (cfr. ex plurimis; Cass., 17/06/2009, n. 14091; Cass., 14/05/2010, n. 11756; Cass., 31/05/2012, n. 8778; Cass., 13/09/2012, n. 15341; Cass., 22/09/2016, n. 18562).
Questo indirizzo è stato però contestato dalla dottrina prevalente, che più volte si è espressa in senso fortemente critico al riguardo, per diversi ordini di ragioni.
Anzitutto l'opzione interpretativa prescelta dalla giurisprudenza di legittimità dominante non terrebbe conto della tendenziale definitività, rebus sic stantibus, dei provvedimenti in parola, essendo tutt'altro che scontata la possibilità di modificarli o revocarli anche ex tunc, in forza della mera rivalutazione delle circostanze preesistenti alla pronuncia.                                    
Si è rilevato, poi, che il predetto orientamento sarebbe inspiegabilmente ed irragionevolmente distonico rispetto a quello adottato dalla stessa Corte in materia di affidamento dei minori, laddove la ricorribilità per cassazione dei provvedimenti emessi in sede di reclamo è pacifica, sebbene gli artt. 337 quinquies cod. civ. e 710 cod. proc. civ. lascino intravedere nel loro tenore letterale - ben più dei provvedimenti de potestate - una modificabilità e revocabilità «piene».
Nell'ottica del bilanciamento degli interessi in gioco, si è, da ultimo, osservato che l'incisione dei provvedimenti in parola su diritti, anche costituzionalmente garantiti (artt. 2 e 30 Cost), e su status, renderebbe senz'altro preferibile ed auspicabile una soluzione più garantistica, che riconosca la possibilità del ricorso per cassazione ex art. 111 Cost.
Con la sentenza n. 19780/2018 la Corte recepisce le anzidette sollecitazioni provenienti dalla dottrina affermando il seguente principio:
La rilevanza degli interessi in gioco non consente la riduzione del problema all'analisi del solo dato letterale, ossia della portata e del tenore testuale delle norme in comparazione. Il nodo più importante da sciogliere risiede, infatti, nel bilanciamento degli interessi in una materia nella quale - come rilevato dalle decisioni nn. 1743, 1746 e 23633/2016 di questa Corte - si riscontra una significativa incidenza su diritti di natura personalissima, di primario rango costituzionale.

Di fronte a misure come la decadenza dalla responsabilità genitoriale o la compressione del cd. diritto di visita dei nonni, la revocabilità e modificabilità «a tutto campo», che garantisca massima flessibilità ai provvedimenti, rischia di tradursi - per vero - in una continua ed altalenante revisione dei provvedimenti stessi ad opera dello stesso giudice, in una materia nella quale l'esigenza di certezza e stabilità delle decisioni si pone, invece, in modo particolarmente intenso, nell'interesse prioritario dei minori.

Mentre un regime di revocabilità limitata - cui faccia seguito la possibilità di ottenere una pronuncia risolutiva della Coste Suprema, ai sensi dell'art. 111 Cost. - è decisamente più rispondente all'esigenza di certezza nei rapporti familiari.”  
Quanto al merito del ricorso, invece, i ricorrenti si dolevano del fatto che la Corte d'appello avesse ritenuto non legittimata la seconda moglie del nonno paterno a richiedere la tutela del suo preteso diritto a mantenere un rapporto significativo con le nipoti.
Gli instanti lamentano che la corte territoriale non avesse tenuto conto della centralità dell'interesse dei minori che avrebbe comportato l'esigenza di valorizzare e proteggere il nucleo familiare, anche di fatto, sul quale i medesimi hanno fondato le loro relazioni affettive, nella specie costituito non solo dal nonno ma anche dalla sua seconda moglie, come del resto evidenziato dalla stessa Corte d'appello. Il giudice di seconde cure avrebbe omesso di considerare la rilevanza del rapporto affettivo e di frequentazione esistente tra Caia e le minori, in forza del quale costei si è trovata a svolgere «un ruolo del tutto sovrapponibile a quello di una premurosa nonna biologica e come tale è stata ed è percepita dalle bambine».
La Cassazione ha ritenuto le censure fondate.
Per la Corte, la norma dell'art. 317 bis cod. civ., che recita: «Gli ascendenti hanno diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni» deve essere interpretata sistematicamente, alla luce delle disposizioni costituzionali (artt. 2 e 30 Cost.), Europee (art. 24 della Carta di Nizza) ed internazionali (art. 8 della CEDU), che formano il nuovo quadro normativo di riferimento multilivello (art. 117 Cost.), dal quale non si può prescindere nell'interpretazione della legge ordinaria nazionale.
L'accoglimento del ricorso ha comportato la cassazione della sentenza impugnata con rinvio per un nuovo esame della controversia, sulla base dei seguenti due principi di diritto:
«I provvedimenti che incidono sul diritto degli ascendenti ad instaurare ed a mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni, ai sensi dell'art. 317 bis cod. civ., nel testo novellato dall'art. 42 del D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, al pari di quelli ablativi della responsabilità genitoriale emessi dal giudice minorile ai sensi degli artt. 330 e 336 cod. civ., hanno attitudine al giudicato «rebus sic stantibus», in quanto non revocabili o modificabili salva la sopravvenienza di fatti nuovi, sicché il decreto della corte di appello che, in sede di reclamo, conferma, revoca o modifica i predetti provvedimenti, è impugnabile con ricorso per cassazione ex art. 111, settimo comma, Cost.»;              

«Alla luce dei principi desumibili dall'art 8 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo, dall'art. 24, comma 2, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea e dagli artt. 2 e 30 Cost., il diritto degli ascendenti, azionabile anche in giudizio, di instaurare e mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni, previsto dall'art. 317 bis cod. civ., cui corrisponde lo speculare diritto del minore di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti, ai sensi dell'art. 315 bis cod. civ., non va riconosciuto ai soli soggetti legati al minore da un rapporto di parentela in linea retta ascendente, ma anche ad ogni altra persona che affianchi il nonno biologico del minore, sia esso il coniuge o il convivente di fatto, e che si sia dimostrato idoneo ad instaurare con il minore medesimo una relazione affettiva stabile, dalla quale quest'ultimo possa trarre un beneficio sul piano della sua formazione e del suo equilibrio psico-fisico».

 

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