La Carta dei diritti del bambino inguaribile

La recente legge n. 219/2017, entrata in vigore all’inizio di quest’anno, ha recepito gli approdi di un lungo dibattito etico socio sanitario sui fondamenti e le caratteristiche, i diritti e i doveri inerenti il rapporto di cura.
Ma l’esperienza degli ultimi decenni ha portato ad approfondire anche la peculiarità e complessità della presa in carico del bambino malato, della sua ospedalizzazione, delle specificità legate alle situazioni di patologia cronica e inguaribile.
L’intimo legame che unisce il minore alla famiglia e l’interrelazione reciproca sul piano emozionale e di accudimento richiedono l’inclusione dei familiari nell’alleanza terapeutica, nonché un’attenzione dinamica rivolta a tutti i soggetti che sono in una relazione forte e strutturata con il bambino.
E richiedono la consapevolezza del necessario coinvolgimento diretto del piccolo malato, soggetto giuridico autonomo, indispensabile protagonista della sua esperienza di malattia e di cura, che non solo deve essere informato della sua patologia e della sua evoluzione, in base alla sua capacità di comprensione, ma deve partecipare alle scelte che riguardano la sua vita, la sua cura, la sua morte.
Di qui l’indispensabile attenzione all’implementazione delle sue risorse di resilienza, di crescita, di apprendimento (patient – empowerment); anche attraverso la narrazione delle storie, che accolgano e accompagnino le domande del bambino, strutturino il vissuto della malattia, dando un senso alla sofferenza, speranza e fiducia nella possibilità di una soluzione.
Questa centralità dei diritti del bambino trova una prima ratifica nella Convenzione internazionale dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza del 1989: il bambino diviene soggetto di diritti, non solo oggetto di tutela e di protezione; è persona sullo stesso piano degli altri soggetti giuridici. Impostazione ripresa anche dalla Carta europea dei diritti del fanciullo.
Tuttavia solo con la CARTA di EACH del 1992 sono stati consacrati i diritti dei bambini ospedalizzati, tra cui il “[...] diritto del ricovero del bambino malato solo se l'assistenza non può essere fornita a casa o in day Hospital, ad avere accanto sempre i genitori senza costi aggiuntivi, ad essere informato in modo adeguato, a partecipare al consenso, ad essere assistito assieme a bambini con simili esigenze psicofisiche, evitando reparti per adulti; al gioco ricreazione e studio, il diritto all'assistenza da parte di personale adeguato alle sue necessità psico fisiche ed emotive, ad essere trattato con tatto e  comprensione e a vedere rispettata l'intimità; ad essere protetto da indagini e terapie mediche non necessarie [...]”.
Nell’ordinamento interno, attraverso il lavoro instancabile di numerose associazioni presso gli ospedali pediatrici, si è pervenuti alla elaborazione della Carta dei diritti del bambino in ospedale (sottoscritta dagli ospedali Burlo Garofalo, Bambin Gesù, Gaslini e Meyer – AOPI Omnlus 2003), che fissa principi oggi ritenuti imprescindibili nella presa in carico del minore:
La malattia può costituire per il minore un momento critico di dipendenza sia fisica che psicologica dagli adulti se non un ostacolo al suo percorso di crescita [...]”; “egli ha diritto ad essere coinvolto nel processo di espressione dell'assenso/dissenso alle pratiche sanitarie che lo riguardano [...] ; ha il diritto di manifestare il proprio disagio e la propria sofferenza. Ha diritto ad essere sottoposto agli interventi meno invasivi e dolorosi [...]”; “ha diritto di usufruire di un rapporto riservato medico – paziente ha altresì diritto di chiedere e ricevere informazioni che lo aiutino a comprendere la propria sessualità. Nonché ricevere informazioni sui farmaci ...[...]” .
Del medesimo tenore la Carta di Trieste del 2012 (Carta dei diritti del bambino morente) che, strutturandosi in dieci punti, riconosce fra l’altro il dovere dell'ascolto del bambino morente, e come il bambino debba essere considerato “persona” fino alla morte.


La Carta dei diritti del bambino inguaribile dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, riprende ed integra le precedenti Carte internazionali e nazionali dopo l’entrata in vigore della legge 219/2017, e sancisce e declina il rispetto della dignità dei bambini affetti da patologie croniche senza possibilità di guarigione, ma con possibilità di cura.


Il bambino malato e ospedalizzato è portatore di diritti specifici - puntualmente esplicati nella carta - e deve essere il centro del processo di cura, nel rispetto della sua età, delle sue esigenze, dei suoi bisogni e desideri.
Primo fra tutti il diritto al massimo livello di cura e di assistenza.
Non solo il bambino non deve essere discriminato nella cura, ma i medici responsabili del processo assistenziale devono informare il paziente e i famigliari del diritto di chiedere una “second opinion”,  con possibilità di godere della mobilità frontaliera per usufruire delle strutture migliori e più adatte.
Non solo.
Il bambino e la sua famiglia hanno diritto a essere indirizzati e di consultare le strutture che abbiano maggiore esperienza e qualificazione, anche in ambito extranazionale. Deve essere garantito il diritto ad eseguire gli approfondimenti necessari o utili alla definizione diagnostica, anche attraverso indagini genetiche, a fini predittivi e preventivi, in accordo con l’équipe curante e compatibilmente con le risorse disponibili” (art. 4 commi secondo e terzo).
In continuità con la Carta di Trieste viene riconosciuto al bambino il diritto di potersi avvalere di adeguate cure palliative, ad essere sempre alleviato nel dolore.
Il bambino ha diritto a ricevere un adeguato trattamento del dolore fisico e psichico. Sintomi e sofferenze devono essere possibilmente prevenuti e sempre alleviati. È necessario integrare precocemente, nella pianificazione del trattamento, le cure palliative come complemento delle misure curative e riabilitative” (art. 7 comma terzo).
L’approccio alla cura del bambino malato è quindi complesso e richiede la sinergia di molteplici professionalità che integrino gli aspetti di cura con la presa in carico socio psicologica e pedagogica. Di qui la particolare importanza della narrazione, come strumento privilegiato per spiegare al bambino malato la sua esperienza, per consentirgli - in un momento in cui tutto nella sua quotidianità si modifica - di trovare la fiducia nella possibilità di una soluzione, di vivere il coraggio degli eroi delle fiabe.

 

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