Assegno divorzile: l’ex moglie ha diritto all’assegno anche se viene licenziata per comportamenti illeciti in danno al datore di lavoro.

27 GENNAIO 2023 | Mantenimento del coniuge

di Avv. Luana Momesso

IL CASO: La Corte d'Appello di Firenze, rigettava il reclamo presentato dall’ex marito, divorziato, avverso il decreto con cui il Tribunale di Firenze, in sede di modifica delle condizioni di divorzio, aveva posto a suo carico un assegno divorzile di € 300,00 a favore dell’ex moglie (non previsto nella sentenza di divorzio) e, in accoglimento del reclamo incidentale della stessa, aumentato nell’importo di € 450,00.

La Corte d’Appello, condividendo quanto stabilito dal Tribunale, riteneva verificata la condizione prevista dalla legge all’art. 9 della L. n. 898/70, in quanto la situazione di fatto della signora era cambiata in seguito al suo licenziamento in tronco per aver tenuto comportamenti illeciti integranti gli estremi di reato.

Il marito proponeva, quindi, ricorso per Cassazione affidandolo a due motivi connessi: deduceva in primo luogo che la condotta delittuosa volontaria dell’ex moglie, causa del suo licenziamento disciplinare, doveva ritenersi come ipotesi ostativa all’insorgenza del diritto a ricevere l’assegno divorzile, ritenendo tale situazione equiparabile all’abbandono volontario dal lavoro. In secondo luogo, il ricorrente assumeva che la nuova situazione economica della moglie, dipendendo da una sua condotta non solo colposa, ma addirittura dolosa, era giusto motivo per la perdita della solidarietà dell’ex coniuge.

LA DECISIONE: La Corte di Cassazione, ha ritenuto entrambi i motivi infondati, ribadendo che l’assegno divorzile, oltre ad avere funzione perequativa e compensativa, svolge anche una funzione assistenziale, in tutte le ipotesi in cui uno dei due ex coniugi dimostri di non avere mezzi adeguati di sopravvivenza e di non poterseli oggettivamente procurare.

Nel caso in esame la Corte territoriale, in sede di reclamo, aveva accertato che, rispetto alla situazione esistente al momento della pronuncia della sentenza di divorzio, era intervenuta una modifica della situazione di fatto riferibile alla ex moglie che giustificava la concessione dell’assegno divorzile da parte dell’ex marito il quale, peraltro, mai aveva contestato la nuova situazione di fatto della resistente.

L’ex moglie, infatti, a seguito del licenziamento per motivi disciplinari e della condanna penale, era rimasta senza lavoro, con una inabilità e un decadimento psicologico che le aveva ridotto le capacità lavorative (invalidità al 60%) e all’età di 57 anni, età in cui difficilmente avrebbe trovato un nuovo impiego.

In merito alla deduzione attorea che, trattandosi di condotta volontaria, non vi fossero comunque i presupposti per l’erogazione dell’assegno divorzile, gli Ermellini hanno ritenuto che la situazione della signora – ed il licenziamento per giusta causa – non potesse essere equiparata alla condizione di chi, per “libera scelta” si pone volontariamente in stato di disoccupazione mediante dimissioni volontarie, pur mantenendo la propria capacità lavorativa e la possibilità di procurarsi un’occupazione.

In particolare, con riferimento ad una precedente pronuncia (Cass.n.26594/2019) richiamata dal ricorrente, il giudice di legittimità ha chiarito che: “Il mancato riconoscimento del diritto all’assegno non è stato considerato come sorta di “sanzione” per il coniuge debole che si è posto volontariamente in una situazione di difficoltà economica ma è sempre legata all’insussistenza dell’oggettiva impossibilità di procurarsi i mezzi adeguati (che, dunque, non è configurabile per il coniuge che ha piena capacità lavorativa)”.

La sentenza considera, quindi, la domanda del marito come richiesta di una sorta “sanzione” da comminare all’ex moglie, pur non contestando lo stesso la sua impossibilità di procurarsi mezzi adeguati per ragioni oggettive.

Secondo l’orientamento della Corte la “volontarietà” della sopravvenuta situazione di difficoltà economica non è, quindi, ragione sufficiente per escludere il riconoscimento di un assegno divorzile.

Il ricorso è stato pertanto rigettato con condanna alle spese processuali.

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