Non vi è vera indipendenza economica del figlio maggiorenne se la sua condizione lavorativa non è stabile.

di Avv. Chiara Curculescu

IL CASO. Il Tribunale di Bologna, con decreto del 20.12.2016, recepiva le conclusioni congiunte di due genitori, non più conviventi, che avevano proposto ricorso per la regolamentazione dell’affidamento del figlio quattordicenne, della disciplina del diritto di visita e della misura e modalità del contributo al suo mantenimento. Con tale provvedimento era stato stabilito l’obbligo, a carico del padre, di contribuire al mantenimento del figlio con la corresponsione alla madre di € 450,00 mensili, oltre al 70% delle spese straordinarie, fino al raggiungimento dell’autosufficienza dello stesso.

Nel 2022, essendo intervenuti fatti nuovi e modificativi del preesistente assetto patrimoniale, il padre proponeva ricorso per la revisione delle disposizioni concernenti l’affidamento del figlio ai sensi dell’art. 337 quinquies c.c.. Secondo la prospettazione del ricorrente, due i fatti sopravvenuti: il figlio, oramai diciannovenne, aveva deciso di non proseguire nel suo percorso di studi ed aveva sottoscritto un contratto di lavoro a tempo determinato della iniziale durata di un mese; inoltre, madre e figlio, cambiando abitazione (per la quale egli si era impegnato a corrispondere la metà del canone di locazione), erano andati a vivere con il coniuge della signora. Il padre chiedeva, quindi, in via cautelare, l’immediata sospensione dell’obbligo di versamento del contributo al mantenimento del figlio e della compartecipazione al pagamento del canone di locazione, ed in via principale la revoca di tali obblighi posti a suo carico. In via subordinata chiedeva la riduzione degli importi versati per il canone di locazione.

LA DECISIONE. Il Tribunale di Bologna, con decreto del 7.6.2022, accoglieva solo parzialmente il ricorso ex art. 337 quinquies c.c., riducendo ad € 150,00 mensili l’assegno di mantenimento per il figlio posto a carico del padre e rigettando le altre domande di modifica.

Nel corso del giudizio, nel quale la madre non si era costituita, era emerso che, effettivamente, il figlio da qualche mese aveva iniziato a lavorare con contratto a tempo determinato e con uno stipendio adeguato a consentirgli un certo grado di autonomia.

E pur tuttavia, come rilevato dal Tribunale, tale situazione non poteva dirsi configurare propriamente una raggiunta indipendenza economica in quanto, “affinché possa parlarsi del raggiungimento di una vera indipendenza economica, occorre una condizione di stabilità”, che non poteva ancora ritenersi pienamente raggiunta visto l'inizio dell'attività lavorativa e la giovane età. Per tale motivo l’assegno non poteva eliminarsi del tutto, ma solo ridursi.

In merito alla richiesta di revoca dell’obbligo di versare la metà del canone di locazione, il giudice rilevava che il padre se ne era assunto l’impegno sino alla fine della convivenza del figlio con la madre e, non essendosi ancora verificata tale condizione, non poteva essere disposta la cessazione dell’obbligo di pagamento. Neppure la circostanza che assieme al figlio e alla madre convivesse il marito di quest’ultima poteva rappresentare una condizione legittimante la cessazione dell’obbligo contributivo.

Infine, quanto alla chiesta riduzione del contributo al pagamento del canone di locazione, nonostante la convivenza con il marito potesse far ritenere esistente un concorso economico di questi nel pagamento del canone di locazione dell'immobile adibito ad abitazione comune, la mancanza di qualsiasi dato relativo ai redditi dello stesso ha portato ad escludere il venir meno dell'obbligo del ricorrente.

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