Ai nonni non può essere negato l’affido della nipote in assenza di una c.t.u.

02 DICEMBRE 2022 | Diritti dei nonni

di avv. Valentina Alberioli

IL CASO. Il Tribunale per i minorenni di Milano, in accoglimento del ricorso proposto dal P.M., da un lato, confermava la limitazione della responsabilità genitoriale del padre della minore Caia, e, dall’altro, revocava il provvedimento di decadenza dalla responsabilità genitoriale della madre, ritenendo che la donna, “impiegata in un’impresa di pulizie part time e proficuamente inserita in un progetto di recupero gestito dal SERT”, fosse oramai “stabilmente incanalata in un percorso rivolto a riacquisire le redini della propria vita e recuperare il rapporto con la figlia, pur ritenendo necessarie le limitazioni relative alle questioni di maggiore interesse circa il collocamento della figlia, le scelte scolastiche, sanitarie ed educative”.

Il Tribunale disponeva, altresì, l’affidamento etero-familiare di Caia presso una famiglia per due anni (ferma la rivalutazione annuale), con regolamentazione degli incontri fra la minore e la madre e la previsione di un percorso di sostegno alla genitorialità in favore di quest’ultima, in collaborazione con i Servizi per le dipendenze.

Avverso tale provvedimento proponevano reclamo i nonni paterni di Caia, chiedendo che la nipote fosse, invece, collocata presso di loro.

La Corte d’Appello di Milano rigettava il reclamo, ritenendo che entrambi i ricorrenti, pur legati alla nipote da un autentico legame affettivo, avessero mantenuto un atteggiamento di chiusura nei confronti del figlio, colpevolizzandolo per le problematiche di tossicodipendenza al punto da negargli aiuto quando lo stesso si era trovato senza mezzi di sostentamento e costretto a vivere in auto, ed avessero, così, “dimostrato di non possedere le specifiche competenze di cui [Caia] necessita[va], anche in relazione all’età crescente, per potere adeguatamente decifrare e riparare le traumatiche esperienze della sua prima infanzia, caratterizzata da una precocissima istituzionalizzazione correlata alle pesanti ricadute di entrambi i genitori nella tossicodipendenza”.

I nonni proponevano, quindi, ricorso per cassazione, in base a due motivi.

Con il primo motivo deducevano la violazione e falsa applicazione della L. n. 183 del 1984, artt. 1, 2 e 4, lamentando come la Corte d’Appello, dovendo decidere sul diritto della minore ad una crescita equilibrata, avesse omesso di compiere una completa istruttoria in ordine alla ritenuta loro inidoneità a svolgere il ruolo di affidatari, tralasciando di valutare le risultanze della consulente di parte e negando una consulenza tecnica d’ufficio.

Con il secondo motivo i ricorrenti prospettavano, invece, l’omesso esame delle valutazioni del perito di parte in ordine alla loro idoneità a svolgere il ruolo di affidatari della nipote e alla maggiore opportunità di tale affido rispetto a quello etero-familiare.

LA DECISIONE. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 28372 del 2022, nell’esaminare congiuntamente i due motivi, li ha ritenuti entrambi fondati.

Il Giudice di legittimità ha, anzitutto, richiamato il proprio consolidato orientamento (cfr., ex plurimis, Cassazione n. 40494 del 2021; Cassazione n. 28257 del 2019) in base al quale l’affido temporaneo etero-familiare rappresenta un intervento “ponte”, volto a rimuovere situazioni di difficoltà e disagio familiare, che si pone in funzione “strumentale” rispetto “alla tutela riconosciuta, con carattere prioritario, dall’ordinamento al diritto del minore a crescere nella propria famiglia d’origine”.

Nell’individuare gli affidatari, il Giudice del merito deve, pertanto, valorizzare le “figure vicarianti inter-familiari” – quali i nonni – il cui contributo al mantenimento del rapporto con la famiglia di origine è criterio guida di ogni scelta in materia di affido, anche temporaneo, dei minori”, e ciò stante “l’esigenza imperativa di garantire al minore che vive una condizione familiare difficile - ma non irreversibile - un percorso che favorisca quanto più il rafforzamento del vincolo familiare, piuttosto che allentarlo con interventi esterni alla famiglia benché adeguatamente supportati, … marginalizzando, per l’effetto, scelte di collocamento esterno in apparenza soltanto dirette a proteggere il minore, ma a volte capaci di sradicarlo dal contesto familiare, che invece, deve essere sostenuto, protetto e aiutato attraverso interventi immediati, pronti ed efficaci”.

Tali principi trovano il proprio fondamento normativo nell’art. 1, comma 3, della Legge n. 184/1983, nonché nell’art. 8 della CEDU.

In particolare, sostiene la Corte, l’effettiva salvaguardia del diritto al rispetto della vita familiare del minore viene garantita solo facendo ricorso all’“ausilio di indagini psicologiche idonee in ambienti adeguatamente protetti, tanto per il minore che per i familiari, nel pieno contraddittorio delle parti e mediante figure ausiliarie esterne di piena fiducia del giudice minorile”.

Ne consegue che, nel caso in cui i genitori (o altre figure, quali i nonni) facciano richiesta di una consulenza tecnica relativa alla valutazione della loro personalità e capacità educativa nei confronti del minore, per contestare elementi, dati e valutazioni dei Servizi sociali, “il giudice che non intenda disporre tale consulenza deve fornire una specifica motivazione che dia conto delle ragioni che la facciano ritenere superflua, in considerazione dei diritti personalissimi coinvolti nei procedimenti in materia di filiazione e della rilevanza accordata in questi giudizi, anche dalla giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, alle risultanze di perizie e consulenze”.

Nel caso di specie, la Corte d’Appello ha ritenuto che i due nonni fossero inidonei a svolgere quella funzione “vicariante” rispetto alla nipotina basando la propria valutazione unicamente sulle relazioni dei Servizi sociali, i quali li avevano definiti “estremamente giudicanti e squalificanti nei confronti dei genitori di [Caia], tanto da rappresentare un ostacolo per la minore rispetto alla possibilità di un sereno mantenimento del legame della minore con i genitori”.

L’istruttoria era stata, pertanto, “significativamente carente”: nessuna c.t.u. era stata, infatti, disposta, né ne era stato in alcun modo motivato il diniego.

La Corte di Cassazione, in accoglimento del ricorso, ha, quindi, cassato la decisione impugnata, rinviando ad altra sezione della Corte d’Appello di Milano che, in diversa composizione, dovrà attenersi ai principi dianzi richiamati, svolgendo le indagini anche mediante c.t.u. atte a valutare in modo adeguato le risultanze della perizia di parte e l’interesse della minore Caia “a crescere ed a permanere nella famiglia di origine, anche allargata a figure vicarianti, anche per il tramite di misure di sostegno ai nonni paterni”.

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