Le Sezioni Unite si esprimono sulla divisione della casa familiare in comproprietà tra i coniugi e sul valore del conguaglio in caso di attribuzione della proprietà dell’immobile al coniuge affidatario della prole.

di avv. Marta Gonizzi Barsanti

La Corte di Cassazione, Sezioni Unite, con la sentenza n. 18641/2022, emessa in data 12 aprile 2022 e depositata in data 09 giugno 2022, si è pronunciata sulla questione “se – in sede di divisione di un immobile in comproprietà di due coniugi legalmente separati già destinato a residenza familiare e, per tale ragione, assegnato, in sede di separazione, al coniuge affidatario della prole – occorra tenere conto della diminuzione del valore commerciale del cespite conseguente alla presenza sul medesimo del diritto di godimento del coniuge a cui è stata affidata la prole, pure nel caso in cui la divisione si realizzi mediante l’attribuzione a quest’ultimo della proprietà dell’intero immobile con conguaglio in favore del comproprietario e, quindi, determinandolo non in rapporto al valore dello stesso immobile, bensì in misura ridotta che tenga conto della permanenza di tale vincolo, opponibile anche ai terzi”.

Sulla tale questione, infatti, si sono affermati, due orientamenti contrastanti.

Secondo un primo orientamento, il provvedimento di assegnazione della casa familiare non andrebbe ad incidere sul valore di mercato del cespite quando l’immobile, in sede si divisione, venga attribuito in proprietà al coniuge affidatario della prole, atteso che la finalità del diritto di godimento della casa familiare è esclusivamente la tutela dei figli minori, o comunque non autosufficienti, rispetto alla conservazione del loro habitat familiare.

Tale orientamento è stato sostenuto da Cass. Sez. II, n. 27128 del 2014, da Cass. Sez. II n. 17843 del 2016 e da ultimo da Cass. Sez. II n. 33069 del 2018 secondo la quale “nello stimare i beni per la formazione delle quote ai fini della divisione, non può non considerarsi, invero, che, in ipotesi di assegnazione in proprietà esclusiva della casa familiare, di cui i coniugi erano comproprietari, al coniuge affidatario dei figli, si riunisce nella stessa persona il diritto di abitare nella casa familiare – che perciò si estingue automaticamente – e il diritto dominicale sull’intero immobile, che rimane privo di vincoli, con la conseguenza che, in sede di valutazione economica del bene “casa familiare” nel giudizio di scioglimento della comunione, il diritto di abitazione conseguente al provvedimento di assegnazione non deve, pertanto, influire in alcun modo sulla determinazione del conguaglio dovuto all’altro coniuge”.

Secondo l’opposto orientamento, invece, l’assegnazione della casa coniugale ad uno dei coniugi, cui l’immobile non appartenga in via esclusiva, instaura un vincolo oggettivo determinante una decurtazione del valore della proprietà, sia totalitaria che parziaria, di cui è titolare l’altro coniuge, il quale da quel vincolo rimane condizionato così come i suoi aventi causa. Pertanto, nel giudizio di divisione occorrerebbe tener conto dell’incidenza dell’assegnazione della casa familiare ad uno dei coniugi indipendentemente dal fatto che il bene venga attribuito in proprietà all’uno o all’altro, o venduto a terzi, considerato che anche l’assegnatario subisce la diminuzione patrimoniale del cespite.

In tal senso si è espressa la Cassazione, Sezione II, n. 8202 del 2016, la Cassazione, Sezione II, n. 20319 del 2004 e la Cassazione, Sezione II, n. 9310 del 2009, secondo cui, in particolare, “l’assegnazione della casa familiare ad uno dei coniugi in sede di separazione o divorzio è atto che, quando sia opponibile a terzi, incide sul valore di mercato dell’immobile, con la conseguenza che, ove si proceda alla divisione giudiziale del medesimo, di proprietà di entrambi i coniugi, si dovrà tener conto, ai fini della determinazione del prezzo di vendita dell’esistenza di tale provvedimento di assegnazione, che pregiudica il godimento e l’utilità economica del bene rispetto al terzo acquirente”.

Le Sezioni Unite, con la sentenza in esame, hanno accolto e condiviso il primo dei due orientamenti, secondo il quale, “nel caso in cui lo scioglimento della comunione immobiliare si attui mediante attribuzione dell’intero al coniuge affidatario della prole, il valore dell’immobile oggetto di divisione non può risentire del diritto di godimento già assegnato allo stesso a titolo di casa coniugale, poiché esso viene ad essere assorbito o a confondersi con la proprietà attribuitagli per intero, con la conseguenza che, ai fini della determinazione del conguaglio in favore dell’altro coniuge, bisognerà porre riferimento, in proporzione alla quota di cui era comproprietario, al valore venale dell’immobile attribuito in proprietà esclusiva all’altro coniuge, risultando, a tal fine, irrilevante la circostanza che nell’immobile stesso continuino a vivere i figli minori o non ancora autosufficienti rimasti affidati allo stesso coniuge divenutone proprietario esclusivo, in quanto il relativo aspetto continua a rientrare nell’ambito dei complessivi e reciproci obblighi di mantenimento della prole da regolamentare nella sede propria, con la eventuale modificazione in proposito dell’assegno di mantenimento”.

Le Sezioni Unite chiariscono che è incontestabile l’autonomia tra l’istituto dell’assegnazione della casa coniugale e quello di divisione dell’immobile adibito a tale destinazione a seguito di scioglimento della comunione, così come è pacifico che si possa procedere alla divisione che abbia oggetto anche la casa coniugale gravata da un provvedimento di assegnazione.

Chiariscono, altresì, che qualora tale bene immobile “venga attribuito in proprietà esclusiva del coniuge che già ne godeva come casa coniugale, verrà a prodursi l’effetto della concentrazione in capo allo stesso coniuge di tale diritto di godimento e del diritto dominicale sull’intero immobile, che permane privo di vincoli, con la conseguenza che il primo, già derivante dal provvedimento di assegnazione giudiziale, risulterà assorbito dall’acquisito diritto in proprietà esclusiva dell’immobile stesso, il quale, perciò, ne determinerà l’estinzione”. Pertanto, in sede di valutazione economica della casa familiare ai fini della divisione, il diritto di godimento non potrà incidere sulla determinazione del conguaglio dovuto all’altro coniuge non assegnatario, in quanto lo stesso “si atteggia come un atipico diritto personale di godimento (e non un diritto reale) che viene a caducarsi con l’assegnazione della casa familiare in proprietà esclusiva al coniuge affidatario dei figli”.

A quanto sopra esposto si aggiunga che, ove si operasse una decurtazione del valore in considerazione del diritto di godimento della “casa familiare”, il coniuge non assegnatario sarebbe ingiustificatamente penalizzato con la corresponsione di una somma che non sarebbe corrispondente alla metà del valore venale del bene, mentre l’assegnatario della proprietà esclusiva, qualora intendesse trasferirsi altrove con i figli e rivendere l’immobile a terzi, potrebbe ricavare l’intero prezzo dell’immobile. Eventualmente, il coniuge affidatario della prole, divenuto titolare della proprietà esclusiva sull’intero bene immobile “casa familiare”, potrà chiedere l’adeguamento del contributo al mantenimento dei figli all’altro coniuge-genitore, “in quanto nella determinazione del relativo assegno, pur venendo meno la componente inerente l’assegnazione della casa familiare, il genitore non residente con i figli o non affidatario, rimane obbligato a soddisfare pro quota il diritto dei figli (minori o ancora non autosufficienti)  a poter usufruire di un’adeguata abitazione”.

Le Sezioni Unite concludono, quindi, affermando che “riconoscere al coniuge attributario dell’immobile per intero una decurtazione al conguaglio dovuto all’altro coniuge già comproprietario, in virtù del diritto di godimento già riconosciutogli con l’assegnazione, costituirebbe un ingiustificato arricchimento”, proprio in quanto egli si troverebbe “ad essere titolare di un bene non gravato da alcun diritto altrui, in virtù della produzione del suddetto effetto estintivo”.

Di contro, “nell’ipotesi in cui la comunione legale venga sciolta a seguito della divisione giudiziale con l’attribuzione dell’immobile in proprietà esclusiva a favore del coniuge non assegnatario dello stesso quale casa coniugale (e non affidatario della prole), quest’ultimo si troverà in una situazione comparabile a quella del terzo acquirente dell’intero”, cioè “diventerà titolare di un diritto di proprietà il cui valore dovrà essere decurtato dalla limitazione delle facoltà di godimento da correlare all’assegnazione dell’immobile al coniuge affidatario della prole, permanendo il relativo vincolo sullo stesso con i relativi effetti pregiudizievoli derivanti anche dalla sua trascrizione ed opponibilità a terzi ai sensi dell’art. 2643 c.c.”.

Allegati

Ok
Questo website usa solamente cookies tecnici per il suo funzionamento. Maggiori dettagli