La maternità surrogata nel nostro ordinamento e l’ordinanza interlocutoria della Corte di Cassazione n. 1842 del 21 gennaio 2022

di avv. Stefano Armellini

Con l'ordinanza n. 1842 del 21 gennaio 2022 la 1a sezione della Corte di Cassazione ha rimesso al Primo Presidente - per l’eventuale trasmissione alle Sezioni Unite - un complesso quesito mirante a fornire risposta, in base al diritto vivente (ed in attesa dell’intervento del legislatore), alle esigenze di riconoscimento del legame di filiazione tra il minore nato in seguito al ricorso alla maternità surrogata di una coppia omoaffettiva con il genitore intenzionale che non ha fornito il materiale biologico.

L'ordinanza si inserisce nel contesto di una complessa vicenda che trae origine dalla richiesta di riconoscimento di una sentenza canadese che aveva accertato la sussistenza di un rapporto di filiazione anche con il genitore intenzionale, marito del padre biologico, di un minore nato da maternità surrogata.

L'ufficiale di stato civile di Verona si era rifiutato di procedere alla trascrizione nei registri dello stato civile italiano della sentenza canadese per mancanza di dati normativi o precedenti giurisprudenziali che lo consentissero.

Gli interessati hanno allora proposto domanda di riconoscimento giudiziale della sentenza alla corte d'Appello di Venezia, che ha deciso in senso favorevole alla trascrizione con una sentenza contro la quale l'Avvocatura dello Stato ha proposto ricorso per cassazione.

Il caso trattato dall'ordinanza in commento si inserisce nel dibattitto relativo alla legittimità, nel nostro ordinamento, della pratica della maternità surrogata, che è opportuno ripercorrere a grandi linee in modo da illuminare lo scenario in cui la vicenda in oggetto si proietta, proseguendo nella riflessione iniziata nel n. 71 di APF.

 

(1) La maternità surrogata

La maternità surrogata consiste in un accordo in forza del quale una donna acconsente a condurre la gravidanza per conto di una coppia con problemi di infertilità alla quale si impegna a consegnare il bambino alla nascita. La maternità surrogata viene attuata mediante le tecniche della fecondazione artificiale (o procreazione medicalmente assistita: PMA), cioè mediante inseminazione artificiale o altri sistemi come la fecondazione in vitro. Secondo che venga eseguita con gameti appartenenti o estranei alla coppia, la fecondazione artificiale si distingue in omologa ed eterologa. La maternità surrogata è quasi sempre eterologa, essendo utilizzata da persone che non possono avere figli (rari sono i casi di donne che, per motivi di immagine, pur non avendo controindicazioni, preferiscono evitare la gravidanza).

La maternità surrogata viene utilizzata sia dalle coppie eterosessuali, sterili o infertili, sia, come nel caso di cui si è occupata l'ordinanza in commento, da coppie omoaffettive.

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(ii) La disciplina della l. n. 40/2004

In Italia la l.n. 40/2004 consente la procreazione assistita da parte delle coppie sterili o infertili (art. 4, comma l), ma vieta con sanzioni penali la commercializzazione di gameti e/o embrioni e la surrogazione di maternità (art. 1 2, comma 6).

La sentenza della Corte costituzionale 5 giugno 2015, n. 96, ha esteso l'accesso alla procreazione assistita anche alle coppie fertili portatrici di malattie genetiche trasmissibili.

La l. n. 40/2004 vietava anche la fecondazione eterologa, divieto ora caduto. La Corte costituzionale, con sentenza del 9 aprile 2014, n. 162, ha infatti dichiarato l'illegittimità costituzionale degli artt. 4, comma 3, 9, commi l e 3, e 12, comma l, della legge 19 febbraio 2004, n. 40, relativi al divieto di fecondazione eterologa medicalmente assistita qualora sia stata diagnosticata una patologia che sia causa di sterilità o infertilità assolute ed irreversibili.

Anche dopo l'apertura della Corte costituzionale alla fecondazione eterologa, la disciplina della legge italiana è rimasta restrittiva, dato che ammette la fecondazione artificiale solo per risolvere problemi di sterilità o infertilità (art. 4, comma l , l. n 40/2004) o nel caso di malattie genetiche trasmissibili, e comunque è rimasto fermo il divieto di accordi di maternità surrogata (art. 12, comma 6, l. n. 40/2004).

La citata sentenza della Consulta ha, infatti, precisato che la tecnica di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo va "tenuta distinta da ulteriori e diverse metodiche, quali la cosiddetta maternità surrogata, espressamente vietata dall'art. 12, comma 6, l. n. 40/2004, con prescrizione non censurata e che in nessun modo ed in nessun punto è incisa dalla presente pronuncia, conservando quindi perdurante validità ed efficacia".

Il divieto della maternità surrogata nel nostro Paese induce molte coppie a cercare di realizzarla all'estero, in uno Stato dove essa è consentita (la legislazione in materia varia da Paese a Paese).

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 (iii) La questione della trascrizione in italia dell'atto di nascita del bambino nato all'estero a seguito di un accordo di maternità surrogata e la posizione della giurisprudenza italiana di merito

Il ricorso alla maternità surrogata solleva questioni di diritto internazionale privato (d.i.p.) relativamente al riconoscimento in Italia del rapporto di filiazione derivante dall'accordo di maternità surrogata stipulato all'estero da una coppia generalmente italiana (ma che può essere anche mista).

La questione, di solito, sorge già al momento della domanda di trascrizione in Italia dell'atto di nascita del bambino nato all'estero ai sensi dell'art. 28, comma 2, lett. b), del d.P.R. n. 396/2000.

Il problema giuridico sottostante la trascrizione dell'atto di nascita straniero è quello di stabilire se il rapporto che sorge da un accordo di maternità surrogata possa costituire un valido rapporto di filiazione in forza della legge applicabile ai sensi dell'art. 33 I. n. 218/1995.

La giurisprudenza italiana che si è occupata del tema si è concentrata principalmente sul problema dell'ordine pubblico, perché l'art. 18 del d.P.R. n. 396/2000 contempla la contrarietà all'ordine pubblico come motivo ostativo alla trascrizione degli atti di stato civile formati all'estero.

Per mettere a fuoco correttamente il problema è opportuno chiarire che la giurisprudenza (compresa l’ordinanza in commento) si è occupata della questione dell'ordine pubblico senza porsi il problema, logicamente preliminare, della legge applicabile al rapporto di filiazione. L'ordine pubblico, infatti, costituisce un limite all'applicabilità del diritto straniero e presuppone quindi che la filiazione sia regolata dal diritto straniero.

Quando, invece, la filiazione è regolata dal diritto italiano, come ai sensi dell'art. 33 l. 218/1995 accade quando la coppia committente è italiana (basta che lo sia uno dei componenti  per trasmettere la cittadinanza anche al figlio), più che una problematica di ordine pubblico si verifica una disarmonia tra l'atto di nascita e la sottostante situazione sostanziale: l'atto di stato civile, infatti, dovrebbe avere funzione probatoria di un rapporto di filiazione che, in base alla legge italiana che lo regola, invece non risulta validamente costituito perché la legge italiana attribuisce la maternità alla donna che partorisce (arg. ex art. 269, 3° co., c.c.) e non a quella che ha stipulato un contratto di maternità surrogata (madre intenzionale).

Però, dato che il d.P.R. 396/2000 ha posto come limite alla trascrizione degli atti di stato civile stranieri la contrarietà all'ordine pubblico e non la mancata corrispondenza con la disciplina sostanziale del rapporto giuridico che l'atto dovrebbe comprovare, il dibattito è stato incentrato solo sulla contrarietà dell'atto di nascita (rectius: del sottostante rapporto di filiazione) all’ordine pubblico. In questo modo si finisce per dare sempre per scontato che il rapporto di maternità si sia validamente costituito nello Stato dove l'atto di nascita è stato formato, che costituirebbe quindi, per così dire, lo "Stato di origine del rapporto" mentre invece, nella prospettiva internazionalprivatistica, lo è solo quando la legge dello Stato dove l'atto di nascita è stato formato e dove è ammessa la maternità surrogata, è anche la legge regolatrice del rapporto di filiazione.

In realtà, lo Stato dove l'atto di nascita è stato formato spesso non ha alcun collegamento con la coppia committente se non quello di rendere possibile la maternità surrogata alle condizioni più vantaggiose.

Fatto sta che il tema dibattuto è stato solo quello relativo al se sia o meno conforme all'interesse superiore del minore mantenere lo status di figlio acquisito nell'ordinamento dove l'atto di nascita è stato formato, senza interrogarsi se tale status fosse stato effettivamente acquisito in base alla legge applicabile al rapporto.

Va inoltre considerato che l'atto di nascita straniero potrebbe sollevare dubbi di compatibilità con l'ordine pubblico per il fatto che di solito (come nel caso affrontato dal Tribunale di Milano, sez. pen., sent. 15 ottobre 2013) l'accordo avviene verso corrispettivo; la previsione di un corrispettivo (che, come abbiamo detto, la l. 40/2004 vieta) rischia infatti di mercificare la nascita dei bambini favorendo la diffusione di quello che viene definito un "turismo procreativo", volto alla ricerca del Paese con i prezzi più convenienti, e di avvallare una forma di sfruttamento delle donne economicamente svantaggiate (che notoriamente vengono utilizzate per questo tipo di operazioni).

Altro aspetto da non trascurare è che, seppure la Cassazione affermi in modo ormai pacifico che la maternità surrogata all'estero non comporta, neanche parzialmente, la commissione del reato in Italia (v. ad es. la sent. C. Cass. 5198/21), la trascrizione dell'atto di nascita del bambino nato all'estero in forza di un accordo di maternità surrogata eterologa finisce per legittimare una condotta che se fosse posta in essere in Italia configurerebbe un reato, e pare difficile sostenere che la sanzione penale tuteli un principio non di ordine pubblico; per non dire che si determina una ingiustificata disparità di trattamento tra le coppie che in Italia non possono ricorrere alla maternità surrogata e quelle più facoltose che hanno la possibilità di rivolgersi all'estero.

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(iv) La posizione della giurisprudenza italiana di merito sul riconoscimento della maternità surrogata avvenuta all’estero

Del problema del riconoscimento della maternità surrogata si è occupata inizialmente la giurisprudenza di merito, la quale tendenzialmente ha ritenuto che l'atto di nascita di un bambino nato all'estero a seguito di un accordo di maternità surrogata con ovodonazione, in una situazione in cui il padre era il genitore biologico, può essere trascritto nei registri di stato civile italiani in quanto non comporta contrarietà all'ordine pubblico.

II principio è stato affermato in diverse occasioni, anche in situazioni in cui i genitori avevano simulato la gravidanza (Trib. Milano, sez. pen., senl. 15 ottobre 2013) o la madre d'intenzione era sessantenne (Trib. Trieste, sez. pen., sent. 6 giugno 2013).

La giurisprudenza è pervenuta al riconoscimento della maternità surrogata valorizzando il principio della responsabilità procreativa (che impedisce al coniuge che ha dato l'assenso alla maternità surrogata di disconoscere successivamente il figlio nato con gameti estranei alla coppia), l'abolizione del divieto della fecondazione eterologa e il fatto che la maternità surrogata non potrebbe essere considerata contraria all'ordine pubblico internazionale dato che è ammessa in molti Paesi anche all'interno degli Stati UE.

Queste sentenze hanno consentito la trascrizione dell'atto di nascita dando per scontato che essa realizzi il "superiore interesse del minore", ma - come detto - senza porsi il problema internazionalprivatistico della legge applicabile al rapporto di filiazione.

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(v) La posizione della Corte Edu sulla maternità surrogata delle coppie eterosessuali e la conseguente presa di posizione della Corte di Cassazione italiana sulla contrarietà della pratica all 'ordine pubblico con riguardo alla posizione del genitore che non fornisce i gameti

Il dibattito sulla maternità surrogata va però condotto tenendo conto che la problematica riveste anche una dimensione sovranazionale.

È, in particolare, la Corte EDU, che ha approfondito la questione nella prospettiva di appurare se la maternità surrogata costituisca o meno espressione di un diritto alla genitorialità e se, quindi, il suo mancato riconoscimento da parte dello Stato comporti violazione dell'art. 8 della CEDU sul divieto di ingerenza dello Stato nella vita privata.

Va detto che il dibattito a questo riguardo non è completo perché anche la prospettiva della Corte EDU prescinde completamente dalla questione della legge applicabile al rapporto di filiazione secondo il sistema di d.i.p. dello Stato dove dovrebbe avvenire la trascrizione dell’atto di nascita.

ln sostanza, anche la Corte EDU dà per scontato che la nascita di un bambino in forza di un contratto di maternità surrogata dia sempre luogo ad un valido rapporto di filiazione in base alla legge dello Stato dove avviene la nascita, e chiarisce se e a quali condizioni lo status che si sarebbe così formato nello Stato di origine debba poi essere riconosciuto nello Stato di cittadinanza del minore.

Non si distingue, invece, a seconda che il bambino sia nato in uno Stato con cui i genitori avevano una connessione significativa, per essere quello di loro residenza o cittadinanza, oppure uno Stato dove si erano recati semplicemente perché consentiva la maternità surrogata alle condizioni più vantaggiose.

Nella sua giurisprudenza, la Corte EDU ha distinto due situazioni.

(a) Se il padre committente è anche padre biologico le autorità nazionali devono trascrivere l’atto di nascita a seguito di maternità surrogata, perché il rifiuto sarebbe contrario all’art. 8 CEDU sul divieto di ingerenza dello Stato nella vita privata e familiare (cfr. Sentenze “gemelle” Corte EDU, 26 giugno 2014, Mennesson e Labassée c. Francia).

(b) Se invece il nato da maternità surrogata non ha alcun legame genetico con la coppia committente, la stessa sentenza Mennesson e Labassée c. Francia (§ 58) lascia agli Stati un ampio margine di discrezionalità nella valutazione se ammettere o meno la trascrizione dell’atto di nascita, perché in questo caso (a differenza che nel primo) l’interesse dello Stato a vietare questa pratica potrebbe essere superiore a quello del minore ad essere riconosciuto.

Applicando il margine di discrezionalità riconosciuto dalle sentenze gemelle Mennesson e Labassée c. Francia, la Corte di Cassazione italiana nel 2014 aveva ritenuto che, quando il bambino non sia stato concepito con i gameti dei genitori committenti, la maternità surrogata avvenuta all’estero è incompatibile con il principio di ordine pubblico che la vieta nel nostro Paese, anche perché potrebbe essere un modo per eludere la disciplina dell’adozione internazionale; d’altra parte, la maternità surrogata in questa ipotesi non potrebbe neanche essere giustificata sulla base del prevalente interesse del minore, atteso che egli non ha alcun legame identitario con i committenti italiani perché la maternità surrogata è avvenuta con materiale genetico completamente estraneo alla coppia (C. Cass., Sent. 11 novembre 2014, n. 24001).

 

Va peraltro considerato che il margine di discrezionalità che la Corte EDU ha concesso agli Stati nel caso in cui il bambino non abbia legami genetici con i genitori è stato ridotto in conseguenza di due successive pronunce della stessa Corte EDU.

Con la prima essa ha stabilito che se il minore nato da un accordo di maternità surrogata non ha legami genetici con i genitori, ma ha trascorso un periodo, per quanto breve, con la coppia committente, si crea un legame familiare e affettivo de facto che le autorità nazionali devono rispettare (Sent. 27 gennaio 2015, Paradiso e Campanelli c. Italia).

Con il successivo parere consultivo del 10 aprile 2019 la Grande Chambre della Corte Edu, rispondendo ad un quesito della Corte di Cassazione francese, ha chiarito che se il père d'intention è anche il padre biologico mentre la mère d'intention non ha dato i suoi gameti, lo Stato può non consentire la trascrizione dell'atto di nascita all'estero ma in questo caso, dato che il superiore interesse del minore è quello di avere delle persone che si prendano cura di lui, per non violare l'art. 8 della CEDU gli Stati devono riconoscere anche alla madre intenzionale la possibilità di instaurare un legame di filiazione con il bambino (§ 46) attraverso l'adozione o con altre modalità che garantiscano la tutela effettiva e celere dell'interesse del minore (§ 55).

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(v) La maternità surrogata delle coppie omosessuali. La tendenza della giurisprudenza ad applicare gli stessi princìpi stabiliti per quella delle coppie eterosessuali.

La posizione espressa dalle Sezioni Unite nel 2019 sulla contrarieta' all'ordine pubblico della maternità surrogata effettuata da coppie omoaffettive relativamente alla posizione del genitore d'intenzione che non ha fornito il materiale biologico.

Vi sono alcuni Stati, come Usa e Canada, che consentono di ricorrere alla maternità surrogata anche alle coppie omosessuali (generalmente uomini, ma anche donne che non possono o non intendono condurre la gravidanza). La rinuncia - dopo un lungo dibattito parlamentare - ad inserire la stepchild adoption nel disegno di legge sulle unioni civili sembrava indicare che in Italia la coscienza sociale fosse ancora contraria alla possibilità di attribuire al bambino due genitori dello stesso sesso.

ln realtà, la giurisprudenza si sta orientando in senso opposto, cioè nel senso di riconoscere o meno il rapporto di filiazione derivante da maternità surrogata all'interno di una coppia same sex secondo le stesse linee guida tracciate dalla Corte EDU per quella che avviene nell'ambito di una coppia eterosessuale, riconoscendolo quando il bambino ha il materiale biologico di uno dei genitori, e negandolo in caso contrario.

Così, ribaltando l'ord. 23 febbraio 2017 della Corte di Appello di Trento, che aveva valorizzato l'interesse superiore dei minori alla conservazione dello status di figlio validamente acquisito all'estero, la sentenza della Corte di Cassazione Sez. Un. n. 12193/2019 dell'8 maggio 2019 ha negato il riconoscimento di una decisione della Superior Court of Justice dell'Ontario che aveva accertato l'esistenza di una relazione di co-genitorialità fra un padre non biologico e due gemelli nati a seguito di un accordo di maternità surrogata con una donna che aveva ricevuto il materiale genetico dal marito del padre d'intenzione.

In mancanza di un rapporto biologico con il padre d'intenzione, la Suprema Corte ha ritenuto che il riconoscimento del provvedimento canadese era contrario al divieto di surrogazione di maternità di cui all'art. 12 della l. 40/2014, che ha natura di ordine pubblico a tutela di valori fondamentali quali la dignità umana della gestante e l'istituto dell'adozione, e che il giudice italiano non poteva sostituire la propria valutazione del superiore interesse del minore a quella del legislatore "nonostante la pacifica insussistenza di un rapporto biologico con il genitore intenzionale", aggiungendo che il rapporto genitoriale avrebbe potuto trovare realizzazione nell'ambito dell’adozione in casi particolari.

Dalla sentenza delle Sezioni Unite del 2019 sembrava ricavarsi che quando il bambino nato da maternità surrogata è figlio biologico di un membro della coppia omoaffettiva, l'altro potrà realizzare la sua aspirazione alla genitorialità con le modalità dell'adozione in casi particolari di cui all 'art. 44, comma l, lett. d), l. n. 184/1983.

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(vii) La questione di costituzionalità del divieto della maternità surrogata

La decisione delle Sezioni Unite non ha messo la parola fine alla vicenda perché la 1a sezione della Corte di Cassazione non ha condiviso l’idea che l’adozione in casi particolari sia sufficiente a tutelare l’interesse del minore nei casi in cui non viene effettuata la trascrizione dell’atto di nascita.

Ritiene, infatti, la 1a sezione che l'adozione in casi particolari, dato che non determina un legame di filiazione pieno (non crea legami del minore con i parenti dell'adottante e non attribuisce diritti successori) ed ha il limite di richiedere il consenso del genitore biologico (che potrebbe venir meno in caso di crisi della coppia) non sia sufficiente a garantire quell’efficace e rapida tutela dello status filiationis che, nel citato parere consultivo alla Cassazione francese, la Corte EDU ritiene imprescindibile per costituire un'alternativa alla trascrizione dell'atto di nascita del bambino nato da maternità surrogata senza violare il diritto alla vita privata familiare del minore.

Su questa base, con ordinanza interlocutoria n. 8325 del 29 aprile 2020, precedente a quella in commento ma emanata nell’ambito dello stesso procedimento giudiziale, la 1a sezione della Corte di Cassazione ha proposto alla Corte Costituzionale la questione di costituzionalità della legge 40/2004 nella parte in cui vieta la maternità surrogata (e delle norme sulla trascrizione degli atti di stato civile stranieri) rispetto ad alcuni articoli della Costituzione e, come norme interposte, di alcune convenzioni internazionali sui diritti umani e dei minori, con particolare riferimento al principio di non discriminazione.

Con la sentenza n. 33 del 9 marzo 2021 la Corte Costituzionale, pur condividendo la valutazione delle Sezioni Unite del 2019 circa la contrarietà all'ordine pubblico della maternità surrogata, che "offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane", valorizzando non tanto un diritto alla genitorialità ma il dovere di esercitare la responsabilità genitoriale nei confronti del bambino, ha condiviso anche l 'opinione della 1a sezione remittente che l'adozione in casi particolari di cui all'art. 44 l. 184/1983 non costituisce un rimedio sufficiente e pertanto, pur dichiarando inammissibile la questione di legittimità costituzionale, ha ritenuto che sia interesse del minore quello di ottenere il riconoscimento, anche giuridico, dei legami che, nella realtà fattuale, già lo uniscono ad entrambi i componenti della coppia in quanto parte integrante dell'identità di bambino.

A tal fine ha invitato il legislatore a disciplinare un procedimento di adozione idoneo a realizzare il superiore interesse del minore nato all'estero da maternità surrogata ad instaurare un legame di filiazione anche con il genitore non biologico all'interno di una coppia omoaffettiva.

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(viii) Il contrasto tra le sezioni unite del 2019 e la prima sezione della cassazione sulla idoneità del diritto vivente a rispondere alle esigenze di riconoscimento del legame di filiazione con il genitore intenzionale, di un minore nato a seguito di un accordo di maternità surrogata stipulato da una coppia omoaffetitva, in attesa dell’intervento del legislatore.

A seguito della sentenza della Corte Costituzionale, la vicenda ha avuto un ulteriore sviluppo da parte della 1a sezione della Corte di Cassazione, riaprendo il dibattito circa le modalità per tutelare i diritti del minore finché il legislatore non avrà configurato la nuova forma di adozione.

Più precisamente, con l'ordinanza interlocutoria in commento, la seconda adottata all'interno dello stesso procedimento dopo quella con cui è stata sollevata la questione di costituzionalità, la 1a sezione ha ritenuto che a seguito della decisione della Corte Costituzionale siano venuti meno i "due assunti sui cui si basava il precedente delle Sezioni Unite" che sono:

- "il bilanciamento a priori in via generale e astratta, compiuto implicitamente dal legislatore e basato sull'attribuzione al divieto penale della surrogazione di maternità di un valore prevalente";

- e la possibilità per il genitore intenzionale di ricorrere all'adozione in casi particolari come "via, alternativa alla delibazione della sentenza straniera o alla trascrizione dell'atto di nascita formato all'estero".

Per questo la 1a sezione ritiene necessario un secondo passaggio alle Sezioni Unite affinché chiariscano se sia possibile, in via di interpretazione, colmare il vuoto normativo ripensando il contrasto della maternità surrogata con l 'ordine pubblico.

Più precisamente, l'ordinanza in commento ha rimesso gli atti al Primo Presidente per la proposizione alle Sezioni Unite dei seguenti quesiti:

"Se cioè la sentenza della Corte Costituzionale n. 33/2021, accertando l'inidoneità del ricorso in questa materia all'adozione in casi particolari, L. n. 184 del 1983, ex art. 44, lett. d) abbia determinato il superamento del diritto vivente rappresentato dalla sentenza n. 12193/2019 delle Sezioni Unite.

Se la non attuazione del monito rivolto al legislatore dalla stessa sentenza n. 33/2021 abbia determinato di conseguenza un vuoto normativo.

Se, e come, sia superabile in via interpretativa tale situazione di vuoto normativo non potendosi più il giudice, sia ordinario che di legittimità, riferire al preesistente diritto vivente che, in base alla motivazione della sentenza della Corte Costituzionale, non è idoneo a impedire la lesione dei diritti fondamentali del minore a causa del generale mancato riconoscimento del rapporto di filiazione con il genitore d'intenzione e nello stesso tempo per l'inadeguatezza della soluzione offerta dall'istituto di cui alla L. n. 184 del 1983, art. 44, lett. d).

Se una possibile interpretazione adeguatrice consentita alle Corti possa consistere nel configurare la valutazione del conflitto del riconoscimento del rapporto di filiazione con il genitore di intenzione con l'ordine pubblico internazionale, spettante al giudice investito della richiesta di delibazione, come valutazione legata al singolo caso in esame, secondo criteri di inerenza, proporzionalità e ragionevolezza per come affermati dalla giurisprudenza costituzionale specificamente nell'ottica della ricerca della soluzione ottimale in concreto per l'interesse del minore.

Se in tale valutazione il giudice debba mettere a confronto, in concreto, l'interesse del minore a che vengano rispettati i suoi diritti fondamentali alla identità personale e alla vita familiare con la tutela della dignità della donna coinvolta nel processo procreativo mediante gestazione per altri, con la prevenzione di qualsiasi attentato che, sempre in concreto, possa derivare dal riconoscimento all'istituto dell'adozione, con la legittima aspirazione dello Stato a scoraggiare pratiche elusive del divieto di surrogazione di maternità.

Se i criteri generali indicati nella motivazione della presente ordinanza (adesione libera consapevole e non determinata da necessità economiche da parte della donna alla gestazione, revocabilità del consenso alla rinuncia all'instaurazione del rapporto di filiazione sino alla nascita del bambino; necessità di un apporto genetico alla pro­ creazione da parte di uno dei due genitori intenzionali; valutazione in concreto degli effetti dell'eventuale diniego del riconoscimento sugli interessi in conflitto), eventualmente in aggiunta o combinazione con altri criteri generali, debbano o possano assumere il ruolo di una direttiva nell'interpretazione cui debba attenersi il giudice del merito.

Se infine derivi anche dal diritto dell'Unione Europea un limite alla possibilità di non riconoscere lo status filiationis acquisito all'estero da un minore cittadino italiano nato da gestazione per altri legalmente praticata nello Stato di nascita nella misura in cui tale disconoscimento comporti la perdita dello status e limiti la sua libertà di circolazione e di esplicazione dei suoi legami familiari nel territorio dell'Unione".

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(viii) Le questioni giuridiche che vengono in considerazione nel dibattito sulla maternità surrogata.

In attesa dell’eventuale nuova pronuncia delle Sezioni Unite l'ordinanza in commento ha proposto la sua interpretazione del diritto vigente, favorevole a riconoscere il rapporto di filiazione costituito all'estero a seguito di un accordo di maternità surrogata nei confronti del genitore d'intenzione all'interno di una coppia omoaffettiva, in cui solo l’altro membro ha un rapporto biologico con il minore, previa valutazione caso per caso dell’interesse minore nel caso concreto, della tutela della dignità della donna che ha condotto la gestazione e della non elusione delle norme sull’adozione.

Ritiene la 1a sezione che a queste condizioni il riconoscimento della maternità surrogata non legittimerebbe una pratica che in ltalia è vietata con sanzioni penali, ma si limiterebbe a recepire l'atto di assunzione della responsabilità genitoriale che diviene irrevocabile nel momento in cui comincia il processo procreativo.

 

A nostro avviso nel dibattito giuridico sul riconoscimento della maternità surrogata, quando il genitore d’intenzione non ha un rapporto biologico con il minore, vanno considerate una serie di questioni, solo alcune delle quali sono state tenute presenti nella pur molto approfondita e articolata ordinanza della 1a sezione della Cassazione.

Per cominciare, è indubitabile che in questa materia vada tutelato il superiore interesse (the best interest) del minore e che è fondamentalmente vero quello che si trova scritto in una sentenza californiana, che una volta che il bambino è nato "the baby is here. And the matter is what is best for him now that is here, and not how he is arrived" (Superior Court of California- Family Division, 27 agosto 1997, Re Buzzanca).

Tuttavia, la tendenziale apertura della sezione a valutare il riconoscimento della maternità surrogata avvenuta all’estero in attesa dell’intervento del legislatore, mentre contempla la necessità di valutare “la tutela della dignità della donna coinvolta nel processo procreativo e la non elusione delle norme sull’adozione,  sembra trascurare altre questioni che dovrebbero essere tenute presenti nella valutazione giuridica.

In primo luogo, l'ordinanza appare opinabile nella misura in cui muove dalla premessa che l'interesse del minore sia quello di "conservare lo status filiationis acquisito legittimamente all'estero", senza porsi il problema che, dal punto di vista italiano, l'acquisizione "legittima" dello status avviene solo quando il rapporto di filiazione è stato costituito in base alla legge ad esso applicabile in base al sistema di d.i.p. italiano.

Ed in effetti, se almeno uno dei componenti della coppia committente è italiano (come di norma si verifica nei casi in cui viene richiesta la trascrizione dell'atto di nascita in Italia) la maternità che risulta dall'atto di nascita straniero allo stato attuale della legislazione è in contrasto con le previsioni della legge regolatrice della filiazione perché, ai sensi dell'art. 33 della l. 218/1995, la legge regolatrice della filiazione è la legge italiana, in forza del criterio di collegamento della cittadinanza del figlio che nell'atto di nascita risulta essere italiano (ed effettivamente è figlio biologico di padre italiano), e la legge italiana fino a questo momento attribuisce la maternità alla donna che ha partorito, non a quella che ha stipulato un accordo di maternità surrogata (cfr. art. 269, comma 3, c.c.).

Va poi considerato che, a differenza di quanto ritenuto dall’ordinanza in commento, il riconoscimento del rapporto di filiazione sorto da maternità surrogata anche nei confronti del membro della coppia, omosessuale o eterossuale, che non ha fornito i gameti, di fatto costituirebbe legittimazione di una pratica compiuta all’estero che in Italia, almeno al momento,  è considerata reato punito con pesanti sanzioni, con conseguente violazione del principio di uguaglianza nella misura in cui premierebbe le coppie più facoltose, che possono permettersi di ricorrervi all’estero rispetto a quelle meno facoltose, che non solo non hanno diritto di accedervi In Italia ma che se lo facessero commetterebbero un reato.

In effetti non è chiaro come la legittimazione di una pratica che in Italia è vietata potrebbe essere compatibile con l’esigenza dello Stato, che pure in astratto l’ordinanza in commento ha riconosciuto come “legittima”, a scoraggiare pratiche elusive del divieto di surrogazione di maternità,

Per tutti questi motivi sarebbe augurabile un intervento del legislatore in una materia che presenta profili di grande delicatezza e complessità giuridica, per la quale non possono essere considerate sufficienti delle soluzioni giurisprudenziali adottate caso per caso e che, seppure lodevolmente ispirate alla tutela del superiore interesse del minore, rischiano di analizzare solo alcuni aspetti del problema.

Basti pensare alla questione della maternità: solo il legislatore può stabilire una volta per tutte se essa compete alla donna che partorisce, a quella che trasmette il DNA, o a quella che stipula l'accordo di maternità surrogata.

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