Il tramonto della solidarietà post-coniugale: spunti comparatistici

02 MARZO 2023 | Mantenimento del coniuge

di avv. Maida Milàn

L’instaurazione da parte dell’ex coniuge di una stabile convivenza di fatto, giudizialmente accertata, incide sul diritto al riconoscimento di un assegno di divorzio, in virtù del progetto di vita intrapreso con il terzo e dei reciproci doveri di assistenza morale e materiale che ne derivano. Lo stabilisce la Cassazione con ordinanza n. 2840/2023.

La Corte di Appello di Genova, confermando la statuizione del Tribunale di Genova, aveva respinto la domanda di assegno di divorzio avanzata da una donna, in ragione del fatto che quest’ultima, dopo la separazione, avvenuta quando aveva solo trentotto anni, non si era mai attivata per trovare un lavoro, preferendo dedicarsi al volontariato e all’attività politica; irrilevante il fatto che quest’ultima si fosse trasferita per agevolare la carriera del marito, considerata la giovane età della moglie e la conseguente possibilità di ricollocarsi sul mercato del lavoro.

Aggiungeva poi la Corte di Appello che gli elementi raccolti nel corso del giudizio avevano consentito di accertare che la donna era coinvolta in una convivenza di fatto con un nuovo compagno, indicato dai consulenti tecnici come punto di riferimento per il figlio di prime nozze. Considerata, dunque, la solidità del nuovo legame, non si poteva dubitare il conseguente venir meno del diritto all’assegno divorzile, in base ai principi già espressi dalla Cassazione con sentenza n. 6855/2015.

La donna proponeva ricorso per Cassazione. Nel rigettare il ricorso, la Suprema Corte ha ritenuto che la Corte distrettuale si fosse pienamente uniformata ai principi espressi sul punto dalla giurisprudenza di legittimità, valorizzando l’esistenza di uno stabile rapporto di convivenza, collegato anche al coinvolgimento dei figli nel progetto di vita della famiglia ricomposta.

Il coniuge richiesto dell’assegno può, infatti, limitarsi a dimostrare la costituzione di una nuova formazione sociale familiare stabile, da parte dell’altro coniuge, senza dover fornire anche la prova, assai complessa, di un’effettiva contribuzione di ciascuno dei conviventi al ménage familiare: elemento che può presumersi, in funzione degli obblighi di assistenza reciproci (Cassazione, S.U., n. 32198/2012).

Il provvedimento in questione si pone all’interno di un filone giurisprudenziale che, anche sulla scia delle contaminazioni a livello europeo, tende a ridimensionare la portata del principio di solidarietà post-coniugale.

Poiché il diritto di famiglia non rientra tra le materie di cui agli articoli 3, 4 e 6 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, la disciplina dell’assegno di mantenimento in caso di divorzio resta di competenza nazionale.

I regolamenti dell’Unione europea in materia (Regolamento UE n. 1259/2010, cd. Roma III; Regolamento CE n. 4/2009; Regolamento UE n. 1103/2016; Regolamento UE 2019/1111, cd. Bruxelles II-ter) si occupano, infatti, solo di questioni legate all’individuazione del giudice competente e della legge applicabile, e al riconoscimento di sentenze e atti stranieri.

Ogni Stato adotta, pertanto, le proprie scelte di politica legislativa, con soluzioni fortemente eterogenee, nella forma e nella sostanza.

Per quanto riguarda la configurabilità di obblighi di mantenimento successivi al divorzio, la “solidarietà”, un tempo accolta anche in altri ordinamenti europei, è stata in gran parte soppiantata dalla regola generale dell’“autosufficienza”.

Tale ultimo principio è stato accolto in diversi Paesi europei: ad esempio, in Francia, dove, tra l’altro, è previsto l’intervento del notaio per gestire in maniera consensuale la fase della crisi e del conflitto tra coniugi.

Anche l’esperienza tedesca presenta profili di grande interesse, perché la Germania, che aveva codificato una regola molto simile a quella italiana oggi ha cambiato direzione: sicché il coniuge eventualmente privo di reddito deve iniziare a cercare un’attività lavorativa, già quando il matrimonio è in odore di crisi, in previsione del divorzio. L’eventuale assegno divorzile ha, inoltre, carattere provvisorio, tranne ipotesi eccezionali, come grave malattia o handicap dell’ex coniuge.

In Svezia, dopo il divorzio, ciascun coniuge è tenuto a provvedere autonomamente al proprio mantenimento. Tuttavia, il coniuge che abbia temporaneamente bisogno di denaro per il proprio sostentamento ha diritto di ricevere un assegno di modico importo, ragguagliato alle capacità di contribuzione dell’altro coniuge.

In definitiva, nella maggior parte dei Paesi europei, la visione tradizionale legata al principio di solidarietà post-coniugale è ormai superata, perché non corrisponde al modo di sentire e alle esigenze della società moderna.

Basti ricordare il principio 2.2 elaborato dalla Commissione sul diritto di famiglia europeo (CEFL), che, in tema di “autosufficienza”, stabilisce che, salvi casi eccezionali: “dopo il divorzio ciascun ex coniuge provvede ai propri bisogni”.

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