Il figlio che diventa avvocato perde il diritto all’assegno di mantenimento

La recente sentenza n.5088/2018 della Cassazione conferma l’orientamento per cui “la valutazione delle circostanze che giustificano la ricorrenza o il permanere dell'obbligo dei genitori al mantenimento dei figli maggiorenni va effettuata dal giudice del merito, necessariamente, caso per caso e con criteri di rigore proporzionalmente crescente in rapporto all'età dei beneficiari, in modo da escludere che tale obbligo assistenziale, sul piano giuridico, possa essere protratto oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura, al di là dei quali si risolverebbe in forme di parassitismo di ex giovani ai danni dei loro genitori sempre più anziani” (Cass. Civ. 12952/2016, Cass. Civ. Ord. 7168/2016, Cass. Civ. 18076/2014).

IL CASO. La Corte d’Appello di Bari aveva rigettato il reclamo proposto avverso la decisione del Tribunale di Trani che aveva, a sua volta, disatteso la richiesta di revoca o, in subordine, di riduzione dell’assegno di mantenimento in favore del figlio maggiorenne, che, superato l’esame di abilitazione all’esercizio della professione forense, si era iscritto all’Albo degli Avvocati.
La Corte Territoriale aveva motivato la propria decisione con la constatazione per cui, “non è stata fornita la prova da parte del reclamante della sussistenza di uno dei presupposti legittimanti la cessazione dell’obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne, perché l’iscrizione all’albo degli avvocati non dimostra la titolarità di un reddito né tale elemento può essere presuntivamente dedotto dal fatto che D. lavori presso lo studio legale del fratello”.
Avverso tale decisione l’obbligato ha proposto ricorso per Cassazione, denunciando, in particolare, che la Corte d’Appello aveva omesso di prendere in considerazione la nuova qualifica del figlio (avvocato iscritto all’albo) e non aveva ammesso i mezzi di prova (informativa sui conti correnti e depositi bancari) diretti a provare l’entità dei compensi percepiti dal figlio.

LA DECISIONE. La Cassazione  accoglie i due motivi di ricorso, ed osserva quanto segue:
Il provvedimento impugnato non è conforme al più recente orientamento di questa Corte (in particolare Cass. N. 12952 del 22.06.2016) circa l’accertamento dei presupposti dell’obbligo genitoriale di mantenimento del figlio maggiorenne cui il Collegio ritiene di aderire……il genitore, qualora domandi la modifica o la declaratoria di cessazione dell’obbligo di mantenimento è tenuto a provare tale circostanza (n.d.r.: l’indipendenza economica del figlio), oppure che il mancato svolgimento di un’attività produttiva di reddito dipende da un atteggiamento di inerzia ovvero di rifiuto ingiustificato. Tuttavia l’onere della prova ben può essere assolto mediante l’allegazione di circostanze di fatto da cui desumere in via presuntiva l’estinzione dell’obbligazione dedotta, tenendo presente che

l’avanzare dell’età è un elemento che necessariamente concorre a conformare “l’onus probandi”, giacchè “con il raggiungimento di un’età nella quale il percorso formativo e di studi, nella normalità dei casi, è ampiamente concluso e la persona è da tempo inserita nella società, la condizione di persistente mancanza di autosufficienza economico reddituale ... costituisce un indicatore forte di inerzia colpevole (Cass. 1252/16)”.

Ritenuto quindi che la Corte d’Appello, in applicazione dei principi sopra richiamati, avesse omesso di considerare gli elementi presuntivi addotti dal ricorrente a sostegno della sua richiesta, la Suprema Corte ha cassato il decreto con rinvio alla Corte d’Appello di Bari, in altra composizione.

 

Allegati

Ok
Questo website usa solamente cookies tecnici per il suo funzionamento. Maggiori dettagli