Assegno al figlio trentenne: l’onere della prova.

di avv. Rebecca Gelli

Con ordinanza del 7 ottobre 2022, n. 29264, la Cassazione ha riformato la sentenza con cui la Corte d’appello di Napoli, pronunciando in sede di reclamo, aveva respinto la domanda presentata dal padre, tramite il suo amministratore di sostegno, per la revoca dell’assegno di mantenimento sancito in favore della figlia.

Il giudice a quo aveva, infatti, ritenuto che il semplice progredire dell’età della resistente, ventiduenne all’epoca del divorzio, ora madre e prossima ai trent’anni, non costituisse motivo sopravvenuto per la modifica delle condizioni, in assenza di variazioni, rispetto al regime di indipendenza economica.

Il provvedimento impugnato avrebbe, inoltre, confermato la persistenza dell’obbligazione, ravvisando il presupposto della mancanza di autosufficienza, basandosi sulle semplici allegazioni della figlia – che assumeva di essere impiegata in saltuari lavori al nero, con modesti compensi settimanali – senza valutare il diverso atteggiarsi del principio di ripartizione dell’onere della prova, quando sia decorso un ampio lasso di tempo, dopo la soglia della maggiore età.

Sebbene, infatti, sia il genitore che si oppone alla domanda di mantenimento colui che, di norma, deve dimostrare l’effettivo raggiungimento di un livello di competenza professionale e tecnica del figlio, è, d’altro canto, opinione condivisa che, all’età progressivamente più elevata dell’avente diritto, si accompagna tendenzialmente, in concorso degli altri presupposti, il venir meno del diritto al mantenimento.

In quest’ottica, la Corte si richiama, dunque, al principio già elaborato da altri precedenti di legittimità, secondo cui il figlio di genitori divorziati, che abbia ampiamente superato la maggiore età e non abbia reperito un’occupazione lavorativa stabile o che lo remuneri in misura tale da renderlo economicamente autosufficiente, non può soddisfare l’esigenza a una vita dignitosa a cui ogni adulto dovrebbe ambire, mediante l’assegno del genitore, quasi che questi fosse destinato a mantenerlo per sempre.

Anche le considerazioni di ordine sociologico, a proposito delle condizioni negative del mercato del lavoro del meridione, non giustificano la persistenza di un obbligo di mantenimento da parte del genitore sottoposto ad amministrazione di sostegno per disabilità, ma sarebbero semmai indicative della necessità che il figlio faccia responsabilmente ricorso agli strumenti di sostegno sociale, finalizzati ad assicurare sostegno al reddito, evitando atteggiamenti parassitari.

Escluso il diritto al mantenimento ex art. 337 septies c.c., resta, dunque, ferma, qualora ricorrano i presupposti, la sola obbligazione alimentare di cui all’art. 433 c.c., da azionarsi nell’ambito familiare, per supplire a ogni più essenziale esigenza di vita dell’individuo bisognoso (Cass., 3 dicembre 2021, n. 38366).

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