Revocare l’assegno divorzile se l’ex coniuge convive “more uxorio”


IL CASO. In un procedimento di divorzio, la Corte d'appello di Reggio Calabria, in parziale riforma della sentenza di primo grado ed in accoglimento dell’appello principale, poneva a carico del marito l'obbligo di corrispondere alla ex coniuge un assegno mensile di mantenimento. Dichiarava, poi, inammissibile l'appello incidentale del marito volto ad ottenere la revoca dell'assegnazione della casa coniugale alla moglie. 
Il marito proponeva ricorso per cassazione. 
Con il primo motivo, il ricorrente denunciava l'assenza o apparenza e l'illogicità e contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata, per non avere la Corte territoriale spiegato le ragioni fattuali e giuridiche che l’avevano portata ad escludere la sussistenza dei connotati di stabilità e continuità della convivenza more uxorio tra l'ex moglie ed il nuovo compagno, tale da giustificare il riconoscimento di un assegno divorziale a favore della ex moglie. 
Con il secondo motivo il ricorrente lamentava che la Corte territoriale avesse errato nel qualificare la fattispecie giuridica della famiglia di fatto.
DECISIONE. La Suprema Corte, con ordinanza n. 22604 del 15.09.2020 depositata in data 16.10.2020, ha ritenuto fondato il primo motivo di ricorso.  
Secondo la Corte d'appello, in primo grado era stata raggiunta la prova del fatto che il rapporto sentimentale tra la ex moglie ed il nuovo compagno proseguiva da anni, era “consolidato e caratterizzato da ufficialità, nonché fondato sulla quotidiana frequentazione con periodi più o meno lunghi di piena ed effettiva convivenza”. Tuttavia, si leggeva nella sentenza impugnata, tali circostanze non erano sufficienti ad attribuire alla relazione tra l’ex moglie ed il nuovo compagno quei caratteri di “continuità e stabilità” che rappresentano il primo stadio necessario per ipotizzare la creazione di “nuova famiglia di fatto secondo il valore ed il significato attribuiti al concetto dalla migliore giurisprudenza". 
La Corte di Cassazione, in accoglimento dell’impugnazione, ha evidenziato come,

dalla motivazione della sentenza di secondo grado, non sia possibile individuare “in che modo e su quali basi si sia formato il convincimento della Corte d'appello”, non avendo quest’ultima fornito “elementi fattuali idonei a giustificare le ragioni della ritenuta assenza di continuità e stabilità della relazione sentimentale”, pur dando per provato, in base all'istruttoria espletata in primo grado, che la relazione era “pluriennale, consolidata, ufficializzata, di quotidiana frequentazione e caratterizzata da periodi più o meno lunghi di piena ed effettiva convivenza”.

Né era possibile comprendere il ragionamento seguito dalla Corte d’appello con il riferimento al concetto di famiglia di fatto così come elaborato dalla giurisprudenza della Cassazione, non avendo la Corte territoriale fornito ulteriori adeguate indicazioni di fatto per escludere, nel caso concreto, i connotati di “continuità e stabilità” della convivenza.
La motivazione della sentenza impugnata appariva, peraltro, in parte pure contraddittoria. 
La Corte territoriale, nella parte della motivazione riservata alla quantificazione del contributo di mantenimento, aveva sottolineato come l’ex moglie avesse dato vita ad una nuova stabile e consolidata relazione affettiva con un nuovo compagno.
Secondo la Corte di Cassazione,

tale affermazione si poneva in irriducibile contrasto con la parte della sentenza in cui la Corte territoriale aveva escluso la sussistenza, nel caso concreto, delle connotazioni di stabilità e continuità proprio di quella relazione.

In accoglimento, quindi, del primo motivo di ricorso principale, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata nei limiti del motivo accolto, con rinvio, per la decisione, alla Corte d'appello di Reggio Calabria in diversa composizione.

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