Infedeltà coniugale e “nuove tecnologie”

20 APRILE 2018 | Addebito | Separazione e divorzio

Con l’ordinanza n. 9384, depositata in data 16.4.2018, la Corte di Cassazione, adeguando il suo orientamento alla diffusione degli strumenti tecnologici (anzi alla socialità tecnologica) che caratterizza la nostra società, ha stabilito che integra violazione degli obblighi di fedeltà coniugale, ex art. 143 c.c., la ricerca di relazioni extraconiugali mediante Internet, ritenendo questa “circostanza oggettivamente idonea a compromettere la fiducia tra i coniugi e a provocare l’insorgere della crisi matrimoniale”.
Nel caso, il ricorrente impugnava avanti al Giudice di legittimità la sentenza con cui la Corte d’Appello di Bologna, confermando il provvedimento del Giudice di prime cure, riteneva giustificato l’allontanamento della moglie dalla casa coniugale motivato esclusivamente con la scoperta del fatto che il marito ricercava compagnie femminili sul web. Il ricorrente sosteneva non essere ciò sufficiente a giustificare il mancato rispetto dell’obbligo di coabitazione da parte della moglie in mancanza di pregresse tensioni tra i coniugi.
Per giurisprudenza consolidata della Suprema Corte, l’obbligo di fedeltà coniugale non si riduce ad un puro onere di astensione da rapporti fisici con altri, ma è finalizzato alla realizzazione e consolidamento della comunione tra coniugi e consiste pertanto in un impegno a non tradire la fiducia reciproca.
Si tratta di una questione già visitata dalla Corte che, con la sentenza 9 maggio 2016 n. 14414, precisava come anche la relazione intrapresa con altra persona via Internet fosse idonea a giustificare la pronuncia di addebito, in quel caso esclusa solo perché l’intollerabilità della convivenza aveva preceduto tale episodio che, però, manteneva le sue caratteristiche di circostanza potenzialmente idonea a violare i doveri della relazione coniugale.
In sintesi, quindi, nulla di nuovo sotto il sole.
Il principio rimane sempre lo stesso e cioè che

l’infedeltà è causa di addebito della separazione o, comunque, la giustifica ogni volta in cui comporta offesa alla dignità ed all’onore dell’altro coniuge.


Dunque, dai casi tradizionali in cui l’offesa nasceva dalla compagnia fisica di un’altra persona che, con il coniuge, divideva il tempo e gli interessi e che appariva in pubblico, si è fatto un passo in più, sottolineando il fatto che

la relazione matrimoniale richiede presenza fisica, psicologica ed ovviamente affettiva e, perciò, anche l’allontanamento virtuale determina estraneità di un coniuge all’altro ed in ciò l’offesa di questo.


In quest’ottica la Cassazione ha ritenuto il suddetto motivo di ricorso, così come gli altri tre enunciati, inammissibile, con conseguente condanna del marito alla rifusione delle spese di giudizio.

 

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