Covid-19: in caso di disaccordo tra genitori, più prudente non imporre giudizialmente la vaccinazione

di avv. Barbara Carnio

Il Tribunale di Pistoia col provvedimento in commento ha rigettato il ricorso con cui la madre di tre minori chiedeva di essere autorizzata a somministrare ai figli il vaccino anti Covid-19, nonostante il diniego del consenso del padre che, costituitosi in giudizio, si opponeva all’accoglimento della domanda.

Con riferimento ai due figli più piccoli, entrambi infradodicenni, il Tribunale ha osservato che nei fogli illustrativi di entrambi vaccini anti Sars-Cov-2 attualmente in uso in Italia (Comirnaty/Pfizer e Spikevax/Moderna), pubblicati sul sito dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), si legge che il vaccino “non è raccomandato nei bambini di età inferiore a 12 anni”. Il foglietto illustrativo del nuovo vaccino Nuvaxovid estende l’espressa raccomandazione di non uso fino ad anni 18

Per il giudice, quindi, “l’autorità giudiziaria non può considerarsi ragionevolmente legittimata ad autorizzare l’utilizzo di un farmaco che l’autorità sanitaria a ciò preposta raccomanda di non utilizzare in casi analoghi a quelli posti a base della domanda (nella specie, fascia d’età inferiore a 12 anni)”.

Per decidere con riferimento al figlio maggiore (che ha compiuto gli anni 12 e che è stato sentito dal giudice) e considerata, altresì, l’età degli altri due figli (ormai prossima ai 12 anni) il Tribunale ha ritenuto di effettuare il bilanciamento rischi-benefici del vaccino richiamando l’art. 32 della Costituzione (invocato, peraltro, da entrambi i genitori) in relazione al criterio del miglior interesse del minore.

Ha, quindi, evidenziato che il principale beneficio medico è quello di limitare, per il vaccinato, la possibilità di contrarre la malattia nella forma grave, ossia potenzialmente letale. I principali rischi sarebbero, invece, rappresentanti dai possibili effetti collaterali del vaccino stesso.

Dai dati messi a disposizione dall’Istituto Superiore di Sanità e dall’ISTAT e, quindi, di comune dominio e conoscibilità, emergerebbe che nella fascia d’età 0-18 anni il principale beneficio del vaccino è la possibile riduzione degli eventi “morte” e “ricovero in terapia intensiva”. Si tratta, tuttavia, di eventi che in tale fascia di età si sono verificati in percentuale bassissima: meno di 5 casi su 100.000 bambini contagiati per il primo, e circa 3 casi su 100.000 bambini contagiati per il secondo.

Andrebbe, inoltre, considerato l’aspetto, oggi notorio e confermato anche dalle indicazioni terapeutiche desumibili dai fogli illustrativi, per cui i vaccini attualmente disponibili non valgono ad evitare il contagio o la trasmissione del virus.

Quanto ai possibili rischi il Tribunale ha osservato, anzitutto, che i fogli illustrativi dei due sieri oggi disponibili con riferimento ai minorenni dichiarano “non nota” la “frequenza” degli eventi avversi più gravi (quali reazioni allergiche gravi e reazioni impreviste del sistema immunitario). Per entrambi i vaccini, inoltre, viene specificato che essi comportano “un aumento del rischio di miocardite (infiammazione del cuore) e pericardite (infiammazione del rivestimento esterno del cuore)” e, evidenzia il giudice, queste condizioni “sono state osservate più spesso”, proprio, “nei maschi più giovani”, quali sono, in particolare, due dei tre minori di cui si discute in giudizio.

I vaccini attualmente in uso in Italia sono stati autorizzati “sotto condizione” da parte dell’autorità europea, non risultando completata la IV fase di sperimentazione. Ciò richiede una particolare cautela nella somministrazione specialmente a chi, da un lato, ha un’età in cui la percentuale di rischio di sviluppare la malattia in forma grave è minima e, dall’altro, si trova ancora in fase evolutiva e di sviluppo e merita, pertanto, una tutela rafforzata “in considerazione delle attuali limitate conoscenze che si hanno anche nella comunità scientifica in ordine ai possibili effetti avversi, non solo a breve termine ma soprattutto a medio-lungo termine

Per il Tribunale

“la somministrazione di un trattamento sanitario, di cui non risulta nota la frequenza di importanti effetti collaterali a breve e soprattutto a medio-lungo termine, per fronteggiare rischi medici che possono ragionevolmente dirsi remoti, non corrisponde ad una ragionevole applicazione del principio di prudenza (precauzione)”: principio da applicarsi in modo ancor più rigoroso quando si tratti di soggetti, quali i minori d’età, “destinatari - e necessitanti - di una specifica tutela ordinamentale in quanto costitutivamente soggetti cd. deboli e privi di completa capacità di agire”

Il Tribunale di Pistoia, quindi, considerata anche l’assenza di qualsivoglia peculiarità attinente a specifiche condizioni dei minori che rendano più elevato, rispetto alla media generale, il rischio di sviluppare una malattia grave da un’eventuale infezione da Covid19, non ha ritenuto ragionevolmente corrispondente al miglior interesse, anche medico, dei minori stessi la somministrazione del vaccino anti Sars-Cov-2. E ha precisato, inoltre, che tale valutazione del miglior interesse del minore non verrebbe modificata dal bilanciamento con contrapposte esigenze di interesse pubblico.

La Corte Costituzionale (proprio in caso di obbligo vaccinale ritenuto insussistente) ha, infatti, osservato che “la duplice valenza del diritto alla salute nella prospettiva dell’art. 32 Cost., come diritto fondamentale e come interesse della collettività, non può comportare una sistematica prevalenza del secondo versante (interesse pubblico) sul primo (diritto individuale). Al contrario, la prevalenza del versante pubblicistico deve ritenersi consentita soltanto in ipotesi eccezionali da declinare secondo il principio di ragionevolezza ex art. 3 Cost. e da individuare nel rispetto di una riserva di legge” (Corte Cost. sent. 5/2018).

Per il Tribunale, nella vaccinazione anti-Covid19 “in mancanza di una volontà univoca da parte del soggetto e, in caso di incapaci, dei loro rappresentanti il principio di precauzione della salute personale del minore debba necessariamente prevalere sull’interesse pubblico” e ciò anche in considerazione del fatto che “il criterio del miglior interesse del minore ha per sua natura carattere individuale e specifico e come tale di regola preponderante rispetto all’interesse pubblico, a motivo della speciale tutela che l’ordinamento richiede di conferire ai minori quali soggetti deboli e bisognosi di protezione

Infine, non condurrebbe a valutazione diverse nemmeno il bilanciamento con l’interesse alla tutela della salute altrui perché i vaccini anti-Covid 19 non hanno la finalità di prevenire il contagio, e perché risulta oggettivamente improbabile che la percentuale dei minori che, in seguito a contagio, sviluppino la malattia in forma grave possa incidere in modo sensibile sul sistema ospedaliero.

Né a diverso approdo porterebbe la considerazione dell’interesse alla garanzia e sviluppo della vita sociale e relazionale dei minori: il Tribunale non nega l’importanza delle attività ludiche o sportive per lo sviluppo della personalità del minore, ma non li ritiene interessi idonei ad incidere direttamente sulla valutazione del rapporto benefici-rischi come dallo stesso declinato.  Si tratta, infatti, di interessi di vita ricompresi nell’alveo dell’art. 2 Cost., ma privi di una tutela costituzionale specifica, quale quella garantita invece dall’art. 32 Cost. che, come tale, appare prevalente nel bilanciamento.

I provvedimenti che limitano la possibilità per i minori non vaccinati di svolgere certe attività sono, peraltro, dotati di efficacia collegata allo stato emergenziale e, quindi, temporalmente circoscritta.

La decisione in commento si discosta da un precedente orientamento giurisprudenziale che aveva attribuito, nel contrasto tra genitori e nell’interesse del minore, la responsabilità decisionale al genitore favorevole alla vaccinazione.

Altra giurisprudenza aveva dato rilievo alla volontà di vaccinarsi del grande minore, rispetto alla posizione esitante dei genitori. Ovviamente quest’ultima giurisprudenza non viene incisa dalla presente decisione, perché la valorizzazione della scelta del minore trova supporto normativo dell’art. 3 della legge 219/2017.

A tal proposito il Tribunale di Pistoia, pur avendo ascoltato il figlio più grande (perché maggiore di anni dodici), ha evidenziato che egli “non ha minimamente considerato l’aspetto dei possibili e non cogniti rischi per la propria salute e ha dato mostra di avere una conoscenza superficiale degli effetti benefici dei vaccini, specie in punto di efficacia della prevenzione dei contagi”.

Quanto, invece, all’eventuale disaccordo tra genitori, il Tribunale di Pistoia sembra valorizzare il mutato contesto sanitario e le nuove conoscenze scientifiche, con quella attualizzazione delle decisioni che già la Corte Costituzionale aveva indicato come criterio guida per ogni provvedimento costituzionalmente orientato incidente sulla salute psico fisica delle persone (sentenza Corte Cost. n. 268 del 2017: la discrezionalità deve essere esercitata alla luce delle diverse condizioni sanitarie ed epidemiologiche, accertate dalle autorità preposte, “e delle acquisizioni sempre in evoluzione della ricerca medica, che debbono guidare il legislatore nell’esercizio delle sue scelte in materia”).

Allegati

Ok
Questo website usa solamente cookies tecnici per il suo funzionamento. Maggiori dettagli