È competente il tribunale italiano e si applica la legge italiana nei procedimenti sulla responsabilità genitoriale dei minori residenti abitualmente in Italia

Con il decreto in commento il Tribunale Ordinario di Rimini si è pronunciato sull’affidamento di un minore di cittadinanza extracomunitaria, residente in Italia con la madre, pure cittadina extracomunitaria. La madre chiedeva l’affidamento esclusivo del bambino, allegando comportamenti inadeguati e violenti del padre nei confronti del figlio, mentre il padre chiedeva l’affidamento condiviso contestando quanto dedotto dalla madre.

Preliminarmente il Tribunale di Rimini si è posto il problema della sussistenza della giurisdizione italiana, sostenendo che essa andava individuata in base al Regolamento Bruxelles II bis nonostante il minore fosse di cittadinanza extracomunitaria.

In effetti, a differenza del Reg. Bruxelles I bis, che disciplina la giurisdizione in materia civile e commerciale, il Reg. Bruxelles II bis non subordina la propria applicabilità al fatto che il minore abbia particolari collegamenti con uno Stato UE (ad es. il domicilio per il Reg. Bruxelles I bis).
Il Regolamento Bruxelles II bis detta alcuni criteri di giurisdizione fondati principalmente, ma non solo, sulla residenza del minore in uno Stato UE. Se in concreto risulta integrato uno di questi criteri, il giudice ha competenza a pronunciarsi sulla responsabilità genitoriale indipendentemente dalla cittadinanza del minore. Può tuttavia accadere che nessun giudice di uno Stato membro sia competente in base al Regolamento; in questo caso la competenza sarà determinata da ciascuno Stato membro in base alla propria legge interna (art. 14 Reg. Bruxelles II bis: c.d. competenza residua).

Il principale criterio di giurisdizione dettato dal Regolamento è quello della residenza abituale del minore alla data di presentazione della domanda, da intendersi come luogo del concreto e continuativo svolgimento della vita personale (Corte di Giustizia UE, Sent. 22 aprile 2009, C-523/07, A. c. C.) e, più precisamente, il luogo dove si trova il centro della sua vita, da individuarsi in base a criteri quali durata, regolarità, condizioni e ragioni del soggiorno e il luogo della frequenza scolastica (CGCE, Sent. 28 giugno 2018, C-512/17).
La Corte di Giustizia dell’Unione europea (CGUE) ha avuto numerose occasioni di applicare il criterio della residenza abituale ai casi concreti, enucleando alcuni importanti princìpi interpretativi. Nel caso di un neonato, l’ambiente dove si svolge la sua vita personale è essenzialmente la famiglia, il cui luogo è determinato dalle persone di riferimento con le quali vive, sicché di regola la sua residenza abituale coincide con quella dei genitori (Corte di Giustizia, Sent. 8 giugno 2017, C- 111/17). Anche la Suprema Corte conferma che la residenza abituale del minore va determinata in base a criteri fattuali e aggiunge che nel caso di un bambino molto piccolo essa va determinata, in aggiunta ai fattori di radicamento interni ai nuclei familiari materno e paterno, in funzione di indici di tipo proiettivo, come l’iscrizione all’asilo e al sistema sanitario (C. Cass., Sent. Sez. Un. 19 dicembre 2017/30 marzo 2018 n. 8042).
Facendo applicazione del criterio della residenza abituale, la giurisprudenza italiana ha ritenuto sussistente la giurisdizione del giudice italiano in una causa tra due coniugi inglesi relativamente al collocamento del figlio minore residente abitualmente in Italia (Corte App. Firenze, Sent. 15 gennaio 2014); in una causa di affidamento di minore cittadino del Bangladesh, residente abitualmente in Italia, anche se il minore e i suoi genitori erano cittadini extracomunitari (Trib. Roma, Decr. 5 novembre 2013); in una causa di affidamento dei figli minori di una coppia tunisina residente (con i figli) in Italia (Trib. Belluno, Sent. 23 dicembre 2014) (cfr. anche C. Cass., Sez. Un., Sent. 13 febbraio 2012, n. 1984); e in una causa sull’affidamento e il diritto di visita dei figli di una coppia albanese residente in Italia (Trib. Belluno, Sent. 27 ottobre 2016). Erroneamente, invece, il Tribunale per i minorenni di Venezia non si è ritenuto competente a pronunciarsi in un procedimento per la decadenza della responsabilità genitoriale nei confronti di un minore di nazionalità turca residente abitualmente in Italia, a nulla rilevando il fatto che il convenuto padre del bambino avesse residenza e domicilio in Turchia (Trib. Venezia, Decr. 14 dicembre 2018).

Giustamente, pertanto, il Tribunale di Rimini si è ritenuto competente, in quanto il minore aveva la residenza abituale in Italia.

Quanto al merito della domanda di affidamento, il Tribunale, non ritenendo provate le allegazioni della madre circa l’inadeguatezza del padre ad esercitare la responsabilità genitoriale, ha disposto l’affidamento condiviso del minore ai sensi degli artt. 316 e 337 ter c.c., applicando quindi la legge italiana, ma senza porsi il problema del motivo per cui la legge italiana doveva essere applicata alla fattispecie sottoposta alla sua attenzione.

In realtà, fino a poco tempo fa, la disciplina di conflitto della responsabilità genitoriale (allora chiamata potestà dei genitori) era contenuta nell’art. 36 l. n. 218/95 che prevede il criterio di collegamento della cittadinanza del figlio. Oggi però la situazione è cambiata perché il 1°-I-2016 l’Italia ha finalmente ratificato la Convenzione dell’Aja del 19-X-1996, che sostituisce la precedente del 5-X-1961, e disciplina non solo la legge applicabile, ma anche la giurisdizione e il riconoscimento in materia di responsabilità genitoriale e di protezione dei minori, e per questi ultimi due aspetti si sovrappone al Reg. Bruxelles II bis, che pure disciplina giurisdizione e riconoscimento, non invece la legge applicabile, in materia di responsabilità genitoriale.

L’applicazione della legge italiana nel decreto in commento risulta comunque corretta perché la Convenzione dell’Aja del 1996, per le misure del tipo di quelle richieste al Tribunale di Rimini, concernenti l’attribuzione e l’esercizio della responsabilità genitoriale, pone in via generale il principio di coincidenza tra forum e jus, designando, opportunamente,  la legge dello Stato cui appartiene l’autorità competente in base alle norme sulla giurisdizione (art. 15.1).

Va tuttavia considerato che, a seguito dell’entrata in vigore del Reg. Bruxelles II bis (sostitutivo del Reg. Bruxelles II), che si occupa di giurisdizione, ma non di legge applicabile, come detto, se il minore risiede in uno Stato contraente, la competenza ad adottare misure di protezione dei giudici degli Stati UE (tranne la Danimarca) deriva dal Regolamento, non dalla Convenzione.
Il Regolamento infatti, prevale sulla Convenzione, come specifica l’art. 61: “Nelle relazioni con la convenzione dell'Aia del 19 ottobre 1996 sulla competenza giurisdizionale, la legge applicabile, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni, nonché la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure per la tutela dei minori, il presente regolamento si applica: a) se il minore in questione ha la sua residenza abituale nel territorio di uno Stato membro”.
Non può quindi verificarsi la situazione descritta dall’art. 15.1, secondo cui “le autorità competenti in base alle disposizioni del capitolo II applicano la propria legge”.
Sennonché, sotto il vigore della Convenzione del 1961 (che contiene una disposizione simile) si era sostenuto che la ratio di evitare difformità di soluzioni in punto legge applicabile tra gli Stati aderenti alla Convenzione dell’Aja suggeriva di mantenere la coincidenza tra forum e ius anche quando la competenza del giudice derivava dal Reg. Bruxelles II bis (una situazione che i redattori della Convenzione dell’Aja non avevano previsto). Al riguardo, va segnalato che la sent. App. Firenze 15 gennaio 2014, seppure senza porsi il problema, ha applicato la legge italiana ai sensi dell’art. 2 della Convenzione dell’Aja del 1961 nell’ambito di una procedura di affidamento del figlio di genitori inglesi residenti in Italia, dove il giudice italiano era competente ai sensi dell’art. 8 Reg. Bruxelles II bis.
Tale soluzione si impone a maggior ragione per la Convenzione dell’Aja del 1996, dato che il Regolamento è coordinato con la Convenzione al punto che le Istituzioni europee ne hanno sollecitato agli Stati membri la ratifica in modo da evitare, in una materia delicata come la protezione dei minori, conflitti di leggi e di giurisdizioni all’interno dell’UE.

Pertanto appare sempre corretto, e certamente più semplice per il giudice, applicare la legge italiana nei procedimenti sulla responsabilità genitoriale nei confronti di minori stranieri residenti abitualmente nel nostro Paese.

 

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