Genitori con problemi psichiatrici e/o psicologici: la dichiarazione di adottabilità resta pur sempre l’extrema ratio

IL CASO. Il Tribunale per i minorenni di Lecce, con pronuncia del 3.7.2014 ,dichiarava lo stato di adottabilità di una minore con conseguente interruzione dei suoi rapporti con i genitori biologici a causa delle accertate difficoltà psichiatriche e psicologiche dei due genitori.
Il gravame proposto da questi ultimi avverso la dichiarazione di adottabilità veniva accolto dalla Corte d’appello di Lecce sulla base della considerazione che i comportamenti e la personalità della madre non potevano dirsi pregiudizievoli per la figlia. Inoltre, secondo il giudice del gravame, il Tribunale aveva adottato la propria decisione esclusivamente sulla base di un’unica relazione negativa della personalità dei genitori fornita dall’associazione presso la quale era collocata la minore. Occorreva invece tenere conto dei successivi sviluppi positivi e del percorso terapeutico intrapreso in seguito dai genitori, nonché delle risultanze della CTU svolta in secondo grado.
Avverso tale decisione proponeva ricorso per cassazione il curatore speciale della minore sulla base di due motivi.
Il primo riguardante la violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 8, 10, 12 e 15 l. n. 184/1983 e degli artt. 7-9 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, per non aver la Corte d’appello valutato il reale stato di abbandono della minore.
Il secondo, relativo all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ovvero per aver disatteso le conclusioni rese dalla CTU esperita.

LA DECISIONE. La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 26293/2018, ha rigettato il ricorso ritenendo infondati entrambi i motivi.
Sul presupposto della configurabilità della dichiarazione di adottabilità quale extrema ratio, così come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, la Suprema Corte ha ritenuto che la pronuncia impugnata avesse correttamente applicato i principi che ispirano la disciplina dell’adozione, in particolare quello in base al quale “l’interesse prevalente del minore è quello di vivere, per quanto possibile, con i propri genitori e di essere allevato nell’ambito della propria famiglia di origine”.
Pur considerati i limiti personologici dei due genitori, così come emersi anche in sede di CTU, l’indagine condotta dalla Corte d’appello aveva rilevato la transitorietà delle difficoltà legate alle patologie dei genitori e la possibilità di un loro superamento mediante un adeguato sostegno.
Richiamando una precedente pronuncia (Cass. n. 7391/2016), la Suprema Corte afferma che

ai fini dell’accertamento dello stato di abbandono quale presupposto della dichiarazione di adottabilità, non basta che risultino insufficienze o malattie mentali, anche permanenti, o comportamenti patologici dei genitori, essendo necessario accertare la capacità genitoriale in concreto di ciascuno di loro, a tal fine verificando l’esistenza di comportamenti pregiudizievoli per la crescita equilibrata e serena dei figli e tenendo conto della positiva volontà dei genitori di recupero del rapporto con essi”.

Secondo la Corte di Cassazione, dunque, nel valutarsi i presupposti per la dichiarazione di adottabilità, deve comunque privilegiarsi “la possibilità di preservare il rapporto di genitorialità naturale attraverso un adeguato supporto”.

 

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