Decade dalla responsabilità genitoriale il padre che non accetta di incontrare la figlia alla presenza di terzi

IL CASO. Il Tribunale per i Minorenni delle Marche aveva dichiarato Tizio decaduto dalla responsabilità genitoriale nei confronti della figlia Caia, dopo aver accertato il suo “disinteresse nei confronti della figlia, tradottosi nell’interruzione di ogni rapporto con la stessa per la ragione espressa di non voler sottostare alla regolamentazione limitativa degli incontri disposta dall’A.G.”.
Avverso tale decreto Tizio aveva proposto un reclamo che veniva respinto dalla sezione minorenni della Corte d’appello di Ancona.
Tizio aveva, quindi, adito la Corte di Cassazione, in base a tre motivi.
Precisamente, per “1) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 330 cod. civ. sotto il profilo della mancata esplicitazione del pregiudizio per il figlio”, “2) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 330 cod. civ. sotto il profilo della mancata verifica delle ragioni addotte dal padre e dell’attuale capacità genitoriale di quest’ultimo al fine della ripresa del rapporto con la figlia nell’interesse della stessa. Assenza o comunque insufficiente motivazione” e “3) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 250, quarto comma, cod. civ. sotto il profilo della errata applicazione della norma nella parte in cui dispone ‘l’audizione del minore che abbia compiuto i dodici anni o anche di età inferiore, ove capace di discernimento’”.

LA DECISIONE. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 32525/2018, ha rigettato il ricorso.
Quanto al primo motivo, l’ha ritenuto “inammissibile”, rilevando come la Corte d’appello non fosse incorsa nella lamentata “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 330 cod. civ. sotto il profilo della mancata esplicitazione del pregiudizio per il figlio”, perché, da un lato, Tizio non aveva addotto “nessun motivo di reclamo … con riferimento alle valutazioni compiute dal Tribunale sulle conseguenze pregiudizievoli, per la minore, derivanti dal comportamento del padre” e, dall’altro, la Corte territoriale non aveva ravvisato “d’ufficio ragioni per un approfondimento … sulla sussistenza del pregiudizio della minore”.
Con riferimento al secondo motivo di gravame, la Corte di Cassazione l’ha, invece, ritenuto “infondato”, rilevando che “la Corte di appello ha ampiamento motivato sul punto, concludendo che

le ragioni addotte [da Tizio] a giustificazione dell’interruzione degli incontri con la figlia (incontri che erano all’epoca consentiti solo alla presenza di terzi) dovevano considerarsi ‘incentrate sulla volontà di voler salvaguardare la propria dignità di uomo e di padre, o meramente pretestuose ovvero, se sincere, tali da manifestare, con orgogliosa anteposizione della propria dignità di uomo e di padre alla necessità di coltivare i rapporti con la figlia, una palese sottovalutazione del ruolo genitoriale, con grave pregiudizio per la minore’”.

La Corte di Cassazione ha ritenuto “infondato” anche il terzo motivo di ricorso, afferente alla mancata audizione di Caia in sede di reclamo.
Il Giudice di legittimità ha, infatti, osservato che “in tema di audizione dei minori … in realtà l’art. 336, secondo comma, c.c. prevede tale incombente per il Tribunale, mentre nel ricorso nulla si dice sull’adempimento o meno di tale incombente da parte del Tribunale dei minori …, né comunque sul fatto che la Corte di appello venne sollecitata allo svolgimento di detto incombente (per quanto previsto per il Tribunale)” e che, pertanto, non esiste “un obbligo, previsto dalla legge, per la Corte di appello (in sede di reclamo) di procedere comunque all’audizione del minore”.

 

 

 

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