Prima e dopo la legge 219/2017: il caso (emblematico) deciso dal Giudice Tutelare di Cagliari con decreto del 16.07.2016

Il Giudice Tutelare presso il Tribunale di Cagliari, a seguito di ricorso dell’Ads, ha autorizzato con decreto del 16.07.2016 una persona malata di Sla ad interrompere i trattamenti di sostegno vitale, previa affermazione della sussistenza del suo diritto a rifiutarne la prosecuzione.
La motivazione del provvedimento contiene un’articolata ricostruzione dei principi fondamentali dell’ordinamento giuridico interno ed internazionale e della loro recente applicazione giurisprudenziale (artt. 13 e 32 Cost.; Conv. di Oviedo; art. 35 Codice di deontologia medica; Carta dei diritti fondamentali dell’Ue).
Il giudice osserva che, qualora non fosse ammesso il diritto di rifiutare/interrompere un trattamento sanitario, non potrebbe neppure ritenersi pienamente riconosciuto il diritto all’autodeterminazione terapeutica. E che in ciò non può ravvisarsi una scelta eutanasica, essendo l’interruzione delle cure rivolta piuttosto a lasciare che la patologia proceda col suo naturale decorso.
Nel caso deciso il paziente era capace di intendere e volere, potendo quindi determinarsi autonomamente e lucidamente.
E prima di essere soggetto a tracheostomia e intubazione, aveva espresso per iscritto le proprie convinzioni e istanze: il 12.07.2012 aveva chiesto, in ipotesi di sopravvenuta incoscienza, di non essere sottoposto a terapie atte a prolungare la sua esistenza, ma solo a cure palliative, compresa la sedazione terminale; il 10.11.2014 aveva delegato il suo Ads a chiedere al medico rianimatore la somministrazione di sedativi e di essere scollegato dal respiratore meccanico; il 28.09.2015 aveva rinnovato all’Ads la richiesta di individuare un medico che procedesse, previa sedazione, al distacco del respiratore; e ancora il 04.05.2016 aveva sollecitato l’Ads a presentare ricorso al GT del Tribunale di Cagliari per essere autorizzato ad essere  distaccato dal respiratore artificiale, previa sedazione sufficiente ad evitargli sofferenze.
Nel corso dell’istruttoria il G.T. verificò personalmente la volontà del ricorrente e che quindi la revoca dell’iniziale consenso alle cure espressa dall’interessato fosse attuale, concreta ed informata.
Il P.M. aveva espresso parere positivo, non ravvisando eventuali responsabilità nella condotta del medico curante che avesse interrotto il trattamento.
Il G.T., quanto alle modalità di esercizio concreto del diritto di sospensione delle cure, ha disposto che, previo consulto con i curanti, il malato fosse ricoverato in hospice o altro luogo idoneo, con somministrazione di presidi “che prevengano ansia e dolore”, affinché vi fosse un “adeguato e dignitoso accudimento accompagnatorio della persona prima, durante e dopo la sospensione del trattamento”.
Nel caso in esame il G.T., già prima dell’entrata in vigore della legge n. 219/2017, ha dunque riconosciuto correttamente la sussistenza del diritto del malato di Sla di rifiutare il trattamento, o meglio di revocare il consenso precedentemente espresso, interrompendo le cure in atto.
Oggi l’art. 1 della legge n. 219/2017 afferma il diritto al consenso/dissenso “informato” alle cure e alla sua conferma o successiva revoca, semplificando l’attività dell’interprete, che può avvalersi di una disciplina puntuale delle posizioni giuridiche di paziente e curanti nell’ambito della relazione terapeutica.
In base al combinato disposto degli artt. 1, 3 e 4 della nuova legge, nel caso in commento, il malato di Sla non avrebbe dovuto né ricorrere al Giudice Tutelare né all’amministratore di sostegno per esercitare il proprio diritto all’autodeterminazione terapeutica.
Si trattava infatti di persona pienamente capace e consapevole e quindi in grado di essere informata e di formare ed esprimere autonomamente il proprio convincimento in merito alla prosecuzione delle cure: la Sla, com’è noto, non incide sulle facoltà cognitive e volitive, che permangono integre fino alla sua fase terminale.
Né il decreto di nomina dell’amministratore di sostegno, che faccia un generico riferimento alla necessità di un’autorizzazione del Giudice Tutelare per il compimento degli atti di straordinaria amministrazione, potrebbe essere interpretato in senso restrittivo.
In base alla nuova legge invero il Giudice Tutelare e l’amministratore di sostegno non avrebbero avuto il potere di interferire nella cosciente scelta terapeutica di una persona capace di intendere e volere.
Il ricorso al Giudice Tutelare è oggi consentito solo in presenza di un paziente non consapevole (cfr. art. 3 comma 5), oppure quando vi sia dissenso tra fiduciario e medico nell’interpretazione delle DAT (art. 4). Mentre non è mai ammesso, qualora il paziente sia pienamente capace di agire, limitato solo nelle modalità espressive (come avviene a seguito della tracheostomia e dell’intubazione), spettando al medico solo il compito di individuare il mezzo più adeguato per raccogliere e documentare la relativa volontà.
In altre parole, a nessuno è oggi riconosciuta la possibilità di sostituirsi al paziente maggiorenne e consapevole nella scelta dei trattamenti cui sottoporsi, e se proseguirli o interromperli. Salvo che non sia il paziente stesso a delegare tale decisione e la sua comunicazione: ma è sempre alla sua volontà che si deve far riferimento e non a quella dell’Ads o del Giudice Tutelare.
Oggi un ricorso relativo ad una situazione analoga a quella decisa dal G.t. cagliaritano dovrebbe quindi essere rigettato proprio perché inammissibile.
I medici non avrebbero, infatti, altra scelta che quella di adeguarsi alle determinazioni del paziente, interrompendo le cure e l’alimentazione forzata e consentendo alla malattia di fare il suo naturale decorso.
All’Ads spetterebbe solo il compito di vegliare sull’esecuzione della volontà del beneficiario e sull’adozione da parte dei medici di ogni misura utile a consentirgli una morte dignitosa.
Dato il divieto di abbandono terapeutico di cui all’art. 2 della legge in commento, il malato dovrà infatti essere accompagnato in questa ultima fase mediante il sollievo dal dolore e il controllo dei sintomi, fino alla sedazione profonda per evitarne le sofferenze derivanti dalla morte per soffocamento.

 

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