Per il Tribunale di Aosta l’istituto dell’interdizione ha ancora possibilità concrete, se pur rare, di applicazione

Il caso. Con ricorso i congiunti di Tizio richiedevano la sua interdizione documentando la sua grave condizione sanitaria, connotata tra l’altro «da Sindrome di Down con oligofrenia di grado medio elevato e grave balbuzie», tanto che lo stesso era stato dichiarato dalla Commissione della Regione Valle d’Aosta invalido al 100 per cento con totale e permanente inabilità lavorativa.

Risultava evidente dalla documentazione dimessa in giudizio come l’interdicendo non fosse in grado di accudire a sé stesso, né di svolgere autonomamente le comuni attività della vita quotidiana e di relazione e si trovasse in condizione di totale infermità di mente.

La decisione. Il Tribunale di Aosta in composizione collegiale ha affrontato la questione dei rapporti tra interdizione e Ads richiamando, con un breve ed interessante excursus i precedenti costituzionali e giurisprudenziali e concludendo, in base ad essi, che l’istituto dell’interdizione debba essere applicata solo ove quello dell’amministrazione di sostegno si riveli inadeguato alla concreta situazione e all’esigenza di tutela degli interessi della persona debole.

L’interdizione si pone quindi come misura residuale, ma, nel sistema giuridico richiamato, resta comunque identificabile un perimetro astratto per la sua applicazione concretamente attuabile laddove sia necessario un alto livello di protezione o nei casi di incapacità totale.

Nel caso concreto il collegio ha osservato come dall’esame dell’interdicendo fosse emerso che il medesimo non era in grado di orientarsi nella realtà, né nel tempo, né nello spazio e non fosse in grado di ricordare il proprio anno di nascita, non riuscendo a rispondere ad alcuna domanda.

Da ciò deriva che da un lato all’amministratore di sostegno già nominato non potevano essere attribuiti i poteri che avrebbero potuto invece esercitare il tutore e dall’altro come il medesimo Ads non potesse sostituirsi all’amministrato nelle decisioni di natura personale, essendo esclusa dall’art. 411 c.c. comma 1 l’estensione all‘amministratore dei poteri attribuiti in capo al tutore dagli atti. 357, 358 e 371 codice civile.

Il Collegio, quindi, anche alla luce della recente giurisprudenza della Suprema Corte (sentenza n.13584/2006), ha affermato che, nella vicenda in esame, l’interdizione risultava essere l’unico strumento idoneo ad assicurare una protezione in termini di assistenza, cura della persona e di gestione patrimoniale all’incapace.

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