Per la CGA Sicilia Il giudizio di costituzionalità dell’obbligo vaccinale dei medici presuppone un’accurata istruttoria scientifica

avv. Barbara Carnio

La decisione in commento si pronuncia sulla richiesta di riforma di un’ordinanza cautelare adottata dalla Prima Sezione del TAR per la Sicilia nel ricorso promosso da uno studente iscritto al terzo anno del corso di Laurea infermieristica presso l’Università degli Studi di Palermo, non vaccinato contro il virus Sars-Co V-2, per l’annullamento (previa sospensione) del provvedimento del 27.04.2021, con cui l’Ufficio di Gabinetto del rettore aveva confermato che i tirocini in area medica/sanitaria all’interno delle strutture sanitarie potevano proseguire solo a seguito della somministrazione del vaccino anti Covid-19 ai tirocinanti. Il tirocinio è condizione imprescindibile per completare il percorso di studio ed acquisire il titolo.

L’appellante deduce di non essersi sottoposto al vaccino per diverse ragioni: per la natura sperimentale dello stesso, perché aveva già contratto il virus e godeva di memoria corporale e di immunità naturale perenne, perché sottoporsi al vaccino lo avrebbe esposto, in quanto guarito, al rischio morte per la possibile reazione del suo sistema immunitario (denominata ADE - Antibody Dependet Enhancement). Tale fenomeno, descritto dettagliatamente nella consulenza tecnica allegata al ricorso, avrebbe condotto ad un decesso nel Comune di Augusta, secondo le risultanze delle indagini penali.

Il TAR aveva respinto la domanda cautelare ritenendo, nel bilanciamento tra interessi contrapposti, di dover dare tutela prevalente all’interesse pubblico ad evitare di far frequentare le strutture sanitarie a persone non vaccinate, per non esporre a rischio di contagio gli operatori e i pazienti ivi presenti.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa aderisce anzitutto all’orientamento assunto dal Consiglio di Stato, Sez. III con la Sentenza n. 7045/2021, secondo il quale la vaccinazione obbligatoria “selettiva” prevista per il personale di interesse sanitario, secondo il principio di solidarietà di cui all’art. 2 della Costituzione, risponde alla necessità di tutelare principalmente gli utenti della sanità (pubblica e privata) che, spesso, sono soggetti fragili e vulnerabili. Ritiene, dunque, che l’obbligo vaccinale debba interpretarsi nel senso di estendersi anche ai tirocinanti in ambito sanitario.

Evidenzia, poi, che dalla documentazione in atti non emergono specifiche condizioni cliniche di esenzione dalla vaccinazione attestate dal medico di medicina generale o dal medico vaccinatore nel rispetto di quanto disposto dalle circolari adottate in materia dal Ministero della salute; e che l’immunizzazione a seguito di malattia determina solo il differimento della vaccinazione alla prima data utile prevista dalle precitate circolari che, nel caso di specie, era già stata superata. Il tirocinante, quindi, avrebbe dovuto sottoporsi alla vaccinazione.

Diversa, invece, la considerazione del Collegio sulle altre questioni prospettate.

L’appellante aveva evidenziato nell’atto di impugnazione che la terapia genica in corso è basata sulla proteina -S degli “spike” del ceppo virale originario di Whuan, non più in circolazione, avendo il coronavirus subito decine di migliaia di mutazioni; e che il siero in questione è sottoposto a farmacovigilanza passiva e non attiva, demandando al titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio di fornire la relazione finale sugli studi clinici. Infine che nell’VIII rapporto dell’AIFA sono stati segnalati eventi avversi gravi in oltre il 13% dei casi e che il database europeo “Eudravigilance” (basato sulla sola vigilanza passiva) annovera ben 32.000,00 morti e oltre 3 milioni di casi avversi.

Lo studente aveva concluso che, laddove si ritenesse applicabile agli studenti l’obbligo di vaccinazione, ne conseguirebbe l’illegittimità costituzionale dell’art. 4 d.l. n. 44/2021 sia per violazione dell’art. 117 Cost. (per mancato rispetto del Trattato di Norimberga sul libero consenso alle sperimentazioni) sia per la violazione dell’art. 3 Cost., sollevando quindi anche per questi profili eccezione di illegittimità costituzionale.

Il Collegio “con specifico riferimento alla contestata validità e sufficienza del sistema di farmacovigilanza nonché alla compatibilità della normativa che introduce l’obbligo vaccinale con il diritto eurocomunitario, con riferimento, tra gli altri profili, a quello del consenso informato” ritiene necessario un approfondimento istruttorio.

Sottolinea che anche la richiamata decisione del Consiglio di Stato n. 7045/2021 aveva evidenziato come l’autorizzazione in essere è condizionata all’acquisizione di dati da recepire successivamente, e che il rigore scientifico e l’attendibilità delle sperimentazioni che hanno preceduto l’autorizzazione devono trovare conferma mediante i c.d. “Comprensive data post-authorisation”.

Il dubbio sollevato dall’appellante, infatti, è proprio la sufficienza ed attendibilità delle modalità di acquisizione dei dati e di monitoraggio in corso di vaccinazione, a fronte dei dati recenti circa l’esponenziale aumento di effetti collaterali gravi e anche letali osservati in ambito europeo.

Viene, peraltro, in rilievo la circostanza che la situazione sanitaria, in costante divenire, è già diversa da quella oggetto della valutazione del CdS su richiamata. Rispetto alla variante Omicron i vaccini non sono aggiornati, e la comunità scientifica non pare aver ancora raggiunto una conclusione unanime sull’attuale grado di efficacia protettiva (sebbene l’orientamento prevalente sia favorevole). Per contro si profila una reiterazione di somministrazioni in tempi ravvicinati (sei mesi, addirittura quattro) sulla cui opportunità non si ravvisa parimenti una posizione unanime.

L’attuale obbligo vaccinale pone, quindi, per il Collegio un attuale problema di proporzionalità, dato che si profila una imposizione di ripetute somministrazioni nell’anno per periodi di tempo ravvicinati.

Rammenta che per la Corte Costituzionale “ferma la necessità che l’obbligo vaccinale sia imposto con legge, la legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con l’art. 32 Cost. alle seguenti condizioni: (i) se il trattamento è diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri; (ii) se si prevede che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze “che appaiano normali e, pertanto, tollerabili”; (iii) e se, nell'ipotesi di danno ulteriore, sia prevista comunque la corresponsione di una equa indennità in favore del danneggiato, e ciò a prescindere dalla parallela tutela risarcitoria (sentenze n. 258 del 1994 e n. 307 del 1990)”.

Il Giudice ritiene inoltre di dover valorizzare il contenuto della Risoluzione del Consiglio D’Europa n. 2361/2021.

Il Consiglio D’Europa è una delle principali organizzazioni internazionali a difesa dei diritti umani, che include 47 stati (tra cui i 27 dell’Unione Europea). Al suo interno opera il CDBIO (Comitato Direttivo per i Diritti Umani nei settori della Biomedicina e della Salute), i cui esperti hanno contribuito alla redazione della “Convenzione sui Diritti dell'Uomo e la biomedicina” (nota anche come “Convenzione di Oviedo”), oggi base di tutte le normazioni statali sui diritti del malato nella relazione terapeutica, regolata in Italia con la l.n. 219/2017

Con la Risoluzione n. n. 2361/2021 rubricata “Vaccini contro il Covid-19: considerazioni etiche, legali e pratiche” il Consiglio D’Europa aveva affrontato la tematica della vaccinazione Covid esortando, tra l’altro, gli stati membri a:

- garantire elevati standard qualitativi delle ricerche condotte in modo etico, conformemente alle pertinenti disposizioni della Convenzione sui diritti dell’uomo e della biomedicina e il suo protocollo aggiuntivo relativo alla ricerca biomedica;

- assicurarsi che gli organismi di regolamentazione incaricati della valutazione e dell’autorizzazione dei vaccini contro Covid-19 siano indipendenti e protetti dalle pressioni politiche;

- garantire che vengano rispettate le pertinenti minime norme di sicurezza, efficacia e qualità dei vaccini;

- implementare sistemi efficaci di monitoraggio dei vaccini e della loro sicurezza dopo la prima fase della vaccinazione di popolazione generale al fine di monitorare i loro effetti a lungo termine;

- attuare programmi di indennizzo indipendenti per garantire il risarcimento dei danni indebiti derivanti dalla vaccinazione;

- prestare particolare attenzione a possibili fenomeni di insider trading dei dirigenti farmaceutici o aziende farmaceutiche che cercano di arricchirsi indebitamente a spese pubbliche;

- diffondere informazioni trasparenti sulla sicurezza e sui possibili effetti collaterali del vaccino;

- comunicare in modo trasparente il contenuto dei contratti con i produttori di vaccini, renderli pubblicamente consultabili per il controllo parlamentare e lo scrutinio pubblico;

- assicurare il monitoraggio della sicurezza e degli effetti dei vaccini COVID-19 a lungo termine;

- garantire la cooperazione internazionale per tempestiva individuazione e chiarimenti di eventuali segnali di sicurezza sugli effetti avversi, successivi all’immunizzazione, mediante lo scambio di dati globali in tempo reale;

- avvicinare la farmacovigilanza ai sistemi sanitari;

- sostenere il campo emergente della ricerca “avversomica”, che studia le variazioni interindividuali nelle reazioni ai vaccini in base delle differenze nell’immunità naturale, nei microbiomi e nell’immunogenetica.

Per il Consiglio di Giustizia Amministrativa al fine di accertare se l’obbligo vaccinale - ritenuto, come detto, sussistente in capo al ricorrente - sia costituzionalmente legittimo è necessario

verificare se tale obbligo “soddisfi le condizioni dettate dalla Corte in tema di compressione della libertà di autodeterminazione sanitaria dei cittadini in ambito vaccinale sopra indicate, ossia non nocività dell’inoculazione per il singolo paziente e beneficio per la salute pubblica”.

E, in linea con quanto indicato dal Consiglio D’Europa, ritiene essenziale “che il cittadino riceva informazioni complete e corrette che siano facilmente e liberamente accessibili, e per altro verso che la sperimentazione, la raccolta e la valutazione dei dati (il più possibile ampi e completi) avvengano (o siano almeno validati) da parte di organismi indipendenti, in quanto l’affidamento della raccolta dei dati al produttore del vaccino presenta profili di evidente criticità”.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa ritiene, quindi, che la causa non sia sufficientemente istruita con riferimento a tali profili e, pertanto, ai fini della valutazione della non manifesta infondatezza della prospettata questione di costituzionalità, ha disposto un’apposita istruttoria volta ad accertare:

1) le modalità di valutazione di rischi e benefici operata, a livello generale, nel piano vaccinale e, a livello individuale, da parte del medico vaccinatore, anche sulla basa dell'anamnesi pre-vaccinale; se vengano consigliati all’utenza test pre-vaccinali, anche di carattere genetico (considerato che il corredo genetico individuale può influire sulla risposta immunitaria indotta dalla somministrazione del vaccino); chiarimenti sugli studi ed evidenze scientifiche (anche eventualmente emerse nel corso della campagna vaccinale) sulla base dei quali venga disposta la vaccinazione a soggetti già contagiati dal virus;

2) le modalità di raccolta del consenso informato;

3) l’articolazione del sistema di monitoraggio, che dovrebbe consentire alle istituzioni sanitarie nazionali, in casi di pericolo per la salute pubblica a causa di effetti avversi, la sospensione dell'applicazione dell’obbligo vaccinale; chiarimenti sui dati relativi ai rischi ed eventi avversi raccolti nel corso dell’attuale campagna di somministrazione e sulla elaborazione statistica degli stessi (in particolare, quali criteri siano stati fissati, e ad opera di quali soggetti/istituzioni, per raccogliere i dati su efficacia dei vaccini ed eventi avversi; chiarimenti circa i criteri di raccolta ed elaborazione dei dati e la dimensione territoriale, se nazionale o sovranazionale; chi sono i soggetti ai quali confluiscano i dati e modalità di studio), e sui dati relativi alla efficacia dei vaccini in relazione alle nuove varianti del virus.

4) articolazione della sorveglianza post-vaccinale e sulle reazioni avverse ai vaccini, avuto riguardo alle due forme di sorveglianza attiva (con somministrazione di appositi questionari per valutare il risultato della vaccinazione) e passiva (segnalazioni spontanee, ossia effettuate autonomamente dal medico che sospetti reazioni avverse)”.

L’istruttoria è stata affidata ad un collegio peritale composto dal Segretario generale del Ministero della Salute, dal Presidente del Consiglio superiore della sanità operante presso il Ministero della salute e dal Direttore della Direzione generale di prevenzione sanitaria, con facoltà di delega o di farsi coadiuvare per la raccolta dei dati e la relazione, da far pervenire entro il 28 febbraio 2022, dovrà inoltre, chiarire

1.1. con riferimento al primo quesito, se ai medici di base siano state fornite direttive prescrivendo loro di contattare i propri assistiti ai quali, eventualmente, suggerire test pre-vaccinali;

1.2. modalità in virtù delle quali venga data comunicazione al medico di base dell’avvenuta vaccinazione spontanea di un proprio assistito (presso hub vaccinali e simili);

2.1. quanto al secondo quesito, si richiedono chiarimenti circa la documentazione offerta alla consultazione dell’utenza al momento della sottoscrizione del consenso informato;

2.2. chiarimenti circa il perdurante obbligo di sottoscrizione del consenso informato anche in situazione di obbligatorietà vaccinale;

3.1. con riferimento al terzo quesito, si richiede la trasmissione dei dati attualmente raccolti dall’amministrazione in ordine all’efficacia dei vaccini, con specifico riferimento al numero dei vaccinati che risultino essere stati egualmente contagiati dal virus (ceppo originario e/o varianti), sia il totale sia i numeri parziali di vaccinati con una due e tre dosi; i dati sul numero di ricovero e decessi dei vaccinati contagiati; i dati di cui sopra comparati con quelli dei non vaccinati;

4.1. Con riferimento al quarto quesito, si chiede di conoscere se sia demandato ai medici di base:

4.1.1. di comunicare tutti gli eventi avversi (letali e non) e patologie dai quali risultino colpiti i soggetti vaccinati, ed entro quale range temporale di osservazione; ovvero

4.1.2. di comunicare solo eventi avversi espressamente elencati in direttive eventualmente trasmesse ai sanitari; ovvero

4.1.3. se sia a discrezione dei medici di base comunicare eventi avversi che, a loro giudizio, possano essere ricollegabili alla vaccinazione;

4.2. si richiede, altresì, di specificare con quali modalità i medici di base accedano alla piattaforma per dette segnalazioni, chi prenda in carico dette segnalazioni, da chi vengano elaborate e studiate”.

Il Collegio ha, peraltro, disposto la convocazione dell’Organo incaricato dell’istruttoria all’udienza camerale fissata per il 16 marzo 2022 per rispondere oralmente agli eventuali necessari approfondimenti, con facoltà di delegare uno solo dei tre componenti.

Il Consiglio Di Giustizia Amministrativa sembra preoccuparsi delle concrete modalità di valutazione dei rischi e dei benefici del vaccino anti Covid-19, sia sul piano generale sia, da parte del medico vaccinatore, con riferimento al singolo soggetto.

L’articolato ragionamento giurisdizionale appare assumere un significato anche e soprattutto in prospettiva: se l’esperienza pandemica dell’ultimo biennio ci ha colto impreparati, è necessario individuare dei parametri normativi e bioetici cui ancorare in simili evenienze le decisioni non solo politiche ma anche tecniche, ispirandosi al dovere di trasparenza e di proporzionalità che governa la tutela delle libertà e dei diritti costituzionali dei cittadini.

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