Addebito della separazione: la violenza non è comparabile con il comportamento della vittima.

27 GENNAIO 2023 | Addebito

di Avv. Anna Sartor

Con l’ordinanza n. 31351/2022, la Cassazione civile, riportandosi ad un consolidato orientamento, precisa che le violenze fisiche e morali da parte di uno dei coniugi costituiscono violazioni talmente gravi dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole, non solo la pronuncia di separazione personale, in quanto determinanti la intollerabilità della convivenza, ma anche la dichiarazione di addebitabilità all’autore delle violenze, esonerando il giudice del merito dal dovere di procedere alla comparazione, ai fini dell’adozione delle relative pronunce, col comportamento del coniuge vittima delle violenze, trattandosi di atti che, in ragione dell’estrema gravità, sono comparabili solo con comportamenti omogenei.

La Corte d’Appello di Catania aveva confermato la sentenza di separazione giudiziale del Tribunale di Siracusa, con la quale erano state respinte le domande reciproche di addebito proposte dalle parti e disposto un assegno di mantenimento per la moglie di € 200,00 mensili ed un contributo al mantenimento del figlio a carico del padre di € 350,00.

La Corte territoriale aveva ritenuto corretta la valutazione del giudice di primo grado in merito all’esclusione dei presupposti per l’addebito della separazione al marito, in relazione alle condotte violente allegate dalla moglie, nonostante le testimonianze conformi delle figlie, ritenendo non raggiunta la prova certa di comportamenti di violenza reiterata verso la moglie. La Corte aveva, infatti, evidenziato la mancata indicazione di fatti specifici, di elementi documentali o deposizioni di persone estranee alla famiglia, confermative delle condotte denunciate.

La Corte territoriale respingeva, inoltre, la domanda della moglie per la rideterminazione dell’assegno di mantenimento in € 1.300,00 mensili, evidenziando che dagli accertamenti eseguiti era emerso che la richiedente, dichiaratasi priva di redditi propri, in realtà svolgeva attività di lavoro subordinato dalla quale percepiva una regolare retribuzione mensile, con ciò ritenendo corretta la quantificazione dell’assegno operata dal giudice di primo grado.

La moglie aveva proposto ricorso per la cassazione della sentenza, esponendo che il giudice d’appello aveva errato nel ritenere non provate le condotte violente del marito poste a fondamento della domanda di addebito, risultanti invece da una serie concreta di elementi istruttori dai quali risultava la consumazione delle violenze denunciate (querele, provvedimenti del questore, referti ospedalieri, prove testimoniali).  

La Corte di Cassazione ha accolto le doglianze della moglie.

In particolare, con riferimento ai comportamenti tenuti dal marito ha riaffermato il principio per cui “Le violenze fisiche costituiscono violazioni talmente gravi e inaccettabili dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole – qund’anche concretantisi in un unico episodio di percosse - non solo la pronuncia di separazione personale, in quanto cause determinanti l’intollerabilità della convivenza, ma anche la dichiarazione della sua addebitabilità all’autore, e da esonerare il giudice del merito dal dovere di comparare con esse, ai fini dell’adozione delle relative pronunce, il comportamento del coniuge che sia vittima delle violenze, restando altresì irrilevante la posterità temporale delle violenze rispetto al manifestarsi della crisi coniugale (Cass.7388/2017)”.

La Corte quindi ritiene, in punto addebitabilità della separazione, che la condotta violenta di un coniuge nei confronti dell’altro, per la sua gravità, abbia carattere assorbente e non sia comparabile con il comportamento della vittima della violenza, anche qualora si tratti di un unico episodio di violenza.

La decisone della Corte riprende anche l’orientamento (espresso nella recente ordinanza Cass. n.27324/2022 – New APF n.79) ritenendo il “singolo” episodio idoneo a sconvolgere “definitivamente” l’equilibrio della coppia poiché lesivo della dignità della persona.

Gli Ermellini, precisano ancora, l’irrilevanza della “posterità temporale” della condotta violenta rispetto al manifestarsi della crisi coniugale (Cass.n.7388/2017), ritenendo quindi, anche sotto il profilo temporale, che tale condotta non possa mai essere giustificata come reazione postuma al comportamento della vittima.

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