Riconoscimento del figlio e il suo superiore interesse

La Suprema Corte di Cassazione, con ordinanza 30 giugno 2021 n. 18600 si è occupata di un tema di straordinaria importanza e delicatezza, ovvero quale possa essere il limite al diritto al riconoscimento del figlio sancito dall’art. 30 della Costituzione e, di contro, quando ricorra il superiore interesse del minore rispetto al diritto al riconoscimento.

Si tratta del caso di un cittadino di uno stato mediorientale e mussulmano, che chiedeva al Tribunale l’autorizzazione al riconoscimento della figlia nata fuori dal matrimonio e già riconosciuta dalla madre che si opponeva al riconoscimento da parte del padre biologico.

La signora, cittadina italiana, adduceva, quali gravi motivi ostativi al riconoscimento, la circostanza che l’uomo teneva comportamenti minacciosi e violenti nei confronti sia della figlia che dei suoi familiari; che ancor prima avrebbe voluto farle interrompere la gravidanza e che, dopo la nascita della bambina, avrebbe voluto condurla al suo Paese di origine per far crescere la figlia da sua madre, secondo le sue consuetudini.

Sia il Giudice di primo grado che la Corte d’Appello di Venezia autorizzavano il riconoscimento ritenendo, in particolare la Corte, che quelli esposti dalla madre, fossero argomenti irrilevanti ai fini del riconoscimento e potessero, semmai, essere esaminati successivamente nell’ambito della disciplina dei rapporti tra padre e figlia.

Avverso la sentenza d’appello proponeva ricorso in Cassazione la signora deducendo, tra l’altro, che la Corte aveva omesso di esaminare un fatto decisivo (il comportamento paterno sopra descritto) in grado di superare la presunzione di interesse della minore al riconoscimento da parte del padre: la Corte, infatti, aveva ritenuto gli argomenti sollevati dalla signora “situazioni che interessavano la madre (memore del tentativo di farle interrompere la gravidanza)” e non la minore.

Il P.G. concludeva per l’accoglimento del ricorso.

La Suprema Corte accoglieva il ricorso ritendo

che il “best interest” della minore ad una crescita armoniosa e serena necessitasse di un bilanciamento tra interesse alla stabilità dei rapporti familiari e verità biologica, bilanciamento che non può risultare da una valutazione astratta ed esige una verifica in concreto dell’interesse del minore nelle questioni che lo riguardano.

Secondo la Corte, il bilanciamento  deve essere compiuto considerando che il diritto all’identità non è  necessariamente correlato alla verità biologica ma potenzialmente anche ai legami sviluppati all’interno di una famiglia.

Reputa  la Cassazione che Il giudice dell’appello, nel caso in esame, non avesse verificato ” il rilievo, l’effettività, la continuità temporale dei profili di grave pregiudizio per la bambina allegati dalla madre ma anzi, li aveva erroneamente collocati all’esterno” del bilanciamento degli interessi omettendo di esaminare come gli abituali comportamenti violenti e prevaricatori del padre biologico  fossero il frutto di un modello culturale del rapporto di genere che, invece, doveva trovare ampio esame nel bilanciamento degli interessi in gioco.

Gli Ermellini hanno evidenziato come

“il prioritario interesse del minore vada in ogni caso contemperato con il diritto del genitore che trova tutela nell’art. 30 Cost. e che può essere sacrificato soltanto in presenza del rischio della compromissione dello sviluppo psicofisico del minore: a tale valutazione globale, da effettuarsi come già indicato sulla base delle concrete emergenze di ogni singola vicenda processuale, non si sottrae il vaglio della personalità del richiedente, nella misura in cui rifluisce con l’esigenza di uno sviluppo equilibrato del figlio”.

Secondo il giudice delle leggi, pertanto, il modello culturale di riferimento del padre, improntato alla prevaricazione, porta ad escludere il diritto dello stesso a riconoscere la figlia superando l’orientamento in base al quale il riconoscimento è sempre un vantaggio per la prole e un diritto del genitore.

In ragione anche di un vizio motivazionale, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza con rinvio alla Corte d’Appello di Venezia in diversa composizione

La lettura dell’ordinanza porta a un necessario momento di riflessione. Infatti, nel nostro Paese  sono fondamentali e irrinunciabili valori quali l’uguaglianza di genere e il rifiuto della violenza, della prevaricazione e sottomissione nelle relazioni familiari e la loro violazione è incompatibile con l’interesse del minore al riconoscimento.

Tuttavia, se il concetto di “modello culturale” incompatibile con i valori fondamentali del nostro Paese può apparire a prima vista come un faro nei ragionamenti dei giuristi, non vi è chi non veda il pericolo, tutt’altro che remoto, di violare quell’altro principio fondamentale secondo cui nessuno può essere discriminato per ragioni di razza o religione; è pertanto fondamentale rifuggire dal pensiero stereotipato e, probabilmente, l’unica via è rappresentata dall’esame dei comportamenti concreti dell’individuo.

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